Nonostante la città di Rimini abbia avuto, tra il ’300 e il ’600, una vivacità musicale superiore alle città circostanti, non si era mai tentato di sviluppare uno studio sistematico sul principale nucleo propulsivo di quella dimensione culturale urbana che, a Rimini, come del resto per ogni altra città cattolica europea, è costituita dalla cappella della cattedrale. È la cattedrale in sé che, con le sue cerimonie pubbliche rivolte a tutta la città e il suo costante ufficio liturgico, sostenuto dal capitolo e coadiuvato anticamente dalla schola e successivamente dalla cappella, attira gran parte delle energie musicali presenti, coordinandole affinché tutti ne possano godere i benefici.
Ben venga, dunque, questo libro su La Cappella Musicale dell’antica cattedrale di Rimini nel Cinquecento di Paolo Righini (il Ponte editore). Il titolo è in realtà, per modestia dell’autore, restrittivo rispetto all’effettivo contenuto del libro, che riporta invece ampia documentazione sulla storia musicale di Rimini dal X secolo agli albori del XVII, pubblicando ex novo una grande quantità di documenti storici che ampliano notevolmente le nostre conoscenze in materia.
Righini, tra le preziosissime informazioni, ci conferma che il primo musicista riminese di cui abbiamo notizie è Arduino da Rimini, vissuto nel X secolo, morto nel 1009 e successivamente beatificato. Che si debba alla intercessione di questo santo il fatto che in seguito a Rimini vi fu un’attività musicale ben superiore alla media e una natalità di musicisti di un certo valore come Vincenzo da Rimini, Giovanni Piccioni, Stefano Filippini, Antonio Draghi e tanti altri? Ovviamente è impossibile rispondere a questa domanda, certo è però che i vari compositori di cui Rimini fu la culla ebbero quasi tutti un’esuberanza creativa che ancora oggi deve essere valutata completamente.
Il lavoro arido e ingrato del ricercatore d’archivio consiste nel passare al vaglio enormi quantità di documenti per riuscire a trovare spesso solo poche notizie che, messe in sequenza, difficilmente riescono a fornire una visione d’insieme, anzi può capitare che le fonti forniscano dati contradditori destinati a rimanere inconciliabili. In questo libro, invece, Righini configura il quadro generale della maggiore cappella musicale riminese, riuscendo a superare il punto critico della mancanza di connessione tra i dati acquisiti e giungendo ad un punto tale che le informazioni emergenti si chiariscono a vicenda, fornendo così una visuale strutturalmente stabile. Abbiamo quindi finalmente, in questa storia della cappella musicale di S. Colomba, la sequenza dei suoi maestri, dei suoi organisti e di gran parte dei suoi cantori, che ci restituisce l’immagine di una istituzione stabile, ben inserita nel contesto culturale urbano e in grado di superare le vicissitudini ecclesiastiche e politiche della città.
Certo, non è una cappella di grandi dimensioni. La polifonia contrappuntistica, d’obbligo nei giorni festivi, viene eseguita a parti reali, il che significa che tutti i cantori presenti in cappella sono valenti solisti che vengono ricercati con solerzia in tutta Europa dai prelati riminesi più altolocati.
Come curiosità, si può citare il dato secondo cui anche la cappella della cattedrale di Rimini eseguiva madrigali, dei quali alcuni scritti dagli stessi maestri. Righini riesce anche a stabilire il periodo di durata di questo fenomeno, che va dal 1540 al 1570 circa. Questa consuetudine, che ai nostri occhi risulta piuttosto strana, al contrario investì allora parecchie cappelle ecclesiastiche e andrebbe approfondita ulteriormente.
Questa e altre considerazioni si potrebbero fare oggi, dopo aver letto questa inedita documentazione storica di Righini. Ora non ci resta che rimanere in attesa del prossimo volume, già annunciato, che estenderà il presente lavoro archivistico al Seicento.
Marco Gemmani