Nuovi riminesi. La storia di Mohammed partito dal Marocco e arrivato in Riviera quasi per caso.“Ho lavorato prima nel settore alberghiero, poi ho fatto il corriere a Santarcangelo. Ora mi godo la mia pensione”
Il destino è un insieme imponderabile delle cause che si pensa abbiano determinato (o possano determinare) gli eventi della vita.
Dunque, talora, inesorabilmente, ci ritroviamo in un determinato luogo, in un determinato momento. Fortunatamente, qualche volta, quelli giusti. Almeno è stato così per Mohammed, uomo tutto d’un pezzo che con coraggio, senza tirarsi indietro, ha superato tanti ostacoli e li ha tramutati in punti di forza.
Negli anni Ottanta, dopo la fine degli studi, si è ritrovato a dover prendere una decisione importante, una di quelle che cambiano radicalmente la propria esistenza. Posto davanti ad un bivio, da una parte aveva le proprie origini, tutto ciò che fino a quel momento aveva conosciuto, che gli era famigliare; dall’altra un grande punto interrogativo, che avrebbe potuto celare – tuttavia – una svolta. Molto giovane ha lasciato il suo Paese, il Marocco, alla volta di tanti altri orizzonti, per svolgere stage nel settore alberghiero: Germania, Francia, Iraq, Italia. Ponderando con zelo, in tasca aveva tanta voglia di crescere, conoscere, maturare. Davanti agli occhi scuri, profondi e sinceri, una marea di opportunità che sempre di più lo convincevano a compiere passi decisi verso un futuro migliore. Un futuro che, ne era consapevole, nella sua terra d’origine risultava invece nebuloso, scostante, imprecisato.
Ci racconta lui in prima persona, con un sorriso fiero e contento ad incurvargli le labbra, ciò che lo ha spinto a viaggiare lontano fino ad approdare a Rimini, la città che più di tutte lo ha fatto sentire a casa, dove con golosità ha assaggiato per la prima volta i cappelletti e la piadina e ha dato forma alla sua nuova vita.
Mohammed, ci racconta come è giunto all’idea di lasciare il Marocco e quali sono stati i principali motivi?
“Erano gli anni ’80, ero giovane e pronto a raccogliere tutte le sfide che la vita mi avrebbe posto difronte.
Finiti gli studi di scuola alberghiera sono partito con il diploma alla mano per svolgere diversi stage all’estero. In Germania prima, in Francia poi. Dentro di me sentivo una forza indicibile, non mi stancavo mai, ero spronato dalla voglia di raggiungere obiettivi e traguardi nuovi. Ho arricchito il mio bagaglio culturale, che giorno dopo giorno, diventava sempre più pesante, colmo di insegnamenti, aneddoti, risate di cuore e amicizie speciali. Sono stato anche in Iraq, prima di curiosare e scandagliare le varie occasioni in Italia. Questi luoghi traboccavano di opportunità, le ho colte, per quanto mi era possibile. Al termine degli stage ho fatto ritorno in Marocco. I miei occhi avevano visto così tanto e avevo respirato così tanti cambiamenti, che i luoghi della mia infanzia, sempre uguali, iniziavano a starmi quasi stretti. Oltre a questo, naturalmente, i problemi economici della mia famiglia, mi hanno condotto all’idea di partire, questa volta in modo definitivo. Sentivo sulle spalle una responsabilità che ho assunto senza timori. Potevo fare la differenza e ho deciso di provarci. Così, sono tornato in Italia, a Cosenza (nella foto) per la precisione, dove ho chiesto il primo permesso di soggiorno”.
Poi? Com’è continuato il suo viaggio?
“Con un amico, a bordo di una Fiat Argenta (non potrei mai scordarlo), nell’afa di luglio 1990, sono partito direzione nord. Bolzano, per l’esattezza. Poi, per qualche scherzo del destino, con la macchina che faceva i capricci, ci siamo ritrovati sulla spiaggia di Rimini. Il caldo, il mare, la musica, ci hanno convinto a fermarci qualche giorno. Ci siamo divertiti e, una volta finite le finanze che avevamo con noi, abbiamo cercato un impiego. Non è stato difficile, però. Ho trovato lavoro quasi
subito come cameriere in un hotel di Riccione, all’epoca davvero frequentato, il Vittoria. Ho cominciato con una stagione, poi ho continuato, non mi sono più fermato. Per tredici anni, dentro quelle quattro mura, sono maturato, cresciuto. Da cameriere, sono diventato capo sala, poi mètre. Non dimenticherò mai quel posto. Mi ha dato una chance, ha consentito al giovane Mohammed di diventare uomo e di metter su una bellissima famiglia.
Con la nascita dei miei figli, però, ho poi cambiato impiego. In hotel i turni erano estenuanti e non passavo troppo tempo con i miei piccoli. Con malinconia, ho detto ‘arrivederci’ al Vittoria”.
È rimasto nel settore alberghiero?
“Diciamo che mi sono ritrovato a svolgere diverse mansioni e ho tentato di sperimentare abilità eclettiche, ognuna diversa dalla precedente. Per qualche tempo ho lavorato come muratore, operaio nella costruzione delle piscine, e poi d’un tratto, la svolta. Ho comprato un furgoncino e ho iniziato a lavorare come corriere per la Gls. Per ben 18 anni ho consegnato pacchi per le vie di Santarcangelo e oramai conoscevo tutti gli angoli, le strade, i parcheggi e i miei clienti di persona. Mi offrivano il caffè, avevano il mio numero di cellulare ‘riesci a passare per quest’ora che prima ho un impegno?’, mi lasciavano già i cancelletti aperti se erano in attesa di qualcosa.
Negli anni ho allacciato diverse amicizie profonde”.
Quindi si è trovato bene qui a Rimini… non se ne è mai andato? Quali sono state le sensazioni di trovarsi all’inizio da solo in un Paese così diverso dal suo di origine?
“L’Italia e Rimini in particolare mi hanno accolto in un grande abbraccio. Non mi sono mai sentito fuori posto, non voluto.
Devo ammettere che, però, io in primis ho sempre lavorato a testa bassa e svolto il mio dovere di cittadino. È stato un dare e ricevere a 360 gradi. Non provavo nostalgia: avevo un compito da sbrigare, era tutto per il mio bene e quello della mia famiglia. Anche la solitudine, non l’ho percepita più di tanto. Qui sono sempre stato circondato da tanti volti, tante persone diverse. Colleghi, amici, la fidanzata che poi è diventata mia moglie che mi ha raggiunto quasi subito… Certo, le differenze con il Marocco le ho notate e sentite sulla mia pelle all’inizio, ma poi con il passare del tempo mi sono così amalgamato con questa mia nuova vita che mi sono sempre sentito al posto giusto, come se fosse stato scritto da qualche parte…”.
Se potesse tornare indietro, quella valigia la preparerebbe ancora?
“Almeno altre diecimila volte. Quella valigia è stata il lascia passare per il Paese meraviglioso che mi ha accolto, dove i miei figli sono nati e cresciuti, dove ho collezionato innumerevoli ricordi e ho lavorato tantissimi anni, dove mi piacerebbe passare la mia vecchiaia. Al Marocco mi lega un filo indissolubile che sono i miei ricordi, la mia infanzia, le mie origini e ci torno talvolta in vacanza.
Ma quando dico ‘vado a casa’, intendo sempre e comunque la città della mia rinascita, dove non manca mai la piadina in frigo: la mia Rimini”.