Con la presentazione del Dossier e la festa in piazza, la città è ufficialmente candidata per il titolo di Capitale italiana della Cultura 2026. 4 assi tematici, 20 progetti e i giovanissimi al centro
Ne valeva la pena, a prescindere dal risultato? Perfetto spirito decoubertiniano o il sindaco preferisce il profilo basso? La candidatura di Rimini a Capitale della Cultura 2026 è cosa fatta: il dossier è stato inviato, la città è in corsa. Il D-Day, quello del tasto ‘invio’ per la candidatura è stata una festa nel cuore della città, “ la celebrazione di una città che da decenni si sforza per darsi una connotazione diversa, non stereotipata e non solo legata al balneare”.
Perché dunque Jamil Sadegholvaad mette le mani avanti? Primo: la concorrenza è alta, altissima. Sono 15 i concorrenti, tra i numeri più alti mai registrati da questa “competizione” da quando è nata, nel 2014. Tra le squadre più temibili L’Aquila, Treviso (perché il Veneto non ha mai vinto) e Alba che vanta anche la Ferrero in panchina. Secondo: la candidatura ha innescato un percorso virtuoso che può far bene alla città e al territorio a prescindere dal risultato finale. “ Si è costruito, con tante realtà, un itinerario che contiene in sé le linee strategiche della cultura” assicura Francesca Bertoglio, direttrice artistica insieme a Cristina Carlini (nella foto col sindaco). Una sorta di piano strategico della cultura, dunque, che vuole mettere al centro la generazione Oltre, quella dei giovanissimi.
Il dado è tratto, si prosegua. E si perseveri lungo questo cammino.
C’è anche un terzo elemento, da non sottovalutare. Rimini non è sola in gara ma ha trovato preziosi alleati romagnoli: cinque città che hanno sottoscritto il manifesto: Cesena, Faenza, Forlì, Lugo, Ravenna. Con Carpi che solo poche settimane fa ha rinunciato alla sua candidatura per sostenere quella riminese.
Una alleanza figlia della solidarietà fiorita nel dramma dell’alluvione?
A simboleggiare questa “Romagna Nostra” c’è il video (proiettato durante la festa al Teatro Galli), costruito attorno ad alcuni elementi identitari di questa fetta di terra: Secondo Casadei, il liscio, le piazze, le sue eccellenze culturali.
La canzone scelta non poteva che essere “Romagna Mia” nella versione tutta riminese dell’eclettico musicista e compositore Federico Mecozzi.
La candidatura di Rimini esprime quella di una “ Regione e la Romagna che intravedono lo spirito di una rinascita che non sarà solo per l’oggi ma soprattutto per il domani.
Di questi luoghi e dell’Italia intera” prosegue il primo cittadino.
La Romagna che fa rete attraverso la cultura ha già trovato una prima importante concretizzazione attraverso Vajonts 23, azione corale di teatro civile ideata dal “signore” del teatro civile Marco Paolini per il 60esimo anniversario della tragedia che costò la vita a duemila persone. Anche il Comune di Rimini e il Teatro Galli hanno aderito al progetto che coinvolge oltre 130 teatri in tutta Italia, lanciando a loro volta una chiamata a tutte le compagnie del territorio: hanno risposto 12 compagnie, per un totale di più di venti artisti, con il coordinamento e la regia di Teodoro Bonci del Bene. Un progetto di grande spessore che vedrà il Teatro riminese collaborare anche con le principali istituzioni teatrali della Romagna che hanno aderito a Vajonts 23, come Cesena, Ravenna, Lugo, Forlì e Bagnacavallo, per un racconto che non è più solo “ una memoria e denuncia sociale, ma diventa una sveglia”.
Ma come pensa Rimini di entrare in campo?
Cristina Carlini non ha dubbi: “ Guardare al futuro con sguardo felliniano, armati di visionarietà, raccontando una storia millenaria e avvistare il domani e le cose che vanno oltre”