Non è mai troppo tardi per progettare una Città. Già, una Città con la C maiuscola. Anzi, nessuno spazio urbano può mai considerarsi “finito”: è come un treno i cui difetti vanno aggiustati durante la corsa. Come una nave la cui rotta va continuamente aggiustata e indirizzata verso la meta. Perché una città è molto più di un insieme di costruzioni affidate all’urbanistica.
Ne sono convinte le tredici associazioni cattoliche riminesi che stanno collaborando al Forum per il Piano Strategico Rimini venture 2020. Il loro percorso non si è fermato con la stesura del documento (oggi anche pubblicazione) presentato lo scorso giugno per illustrare le principali linee guida della città del futuro. Nuove riflessioni e proposte continuano ad aggiungersi lungo la strada. La crescita culturale, l’attenzione alla persona, la valorizzazione della bellezza sono solo alcuni dei presupposti con i quali dal Sogno di una città veramente vivibile, accogliente e a misura di tutti, si potrebbe arrivare a tracciare un Segno concreto. Dal sogno al segno, dunque. Così è stata intitolata la serata organizzata dal Centro Culturale Paolo VI il 20 novembre all’Aula Magna dell’Università, per arricchire il dibattito sulla Rimini del 2020 con le proposte di due autorevoli teorici: Carlo Monti, docente ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università di Bologna, ed Ernesto Preziosi, direttore della Promozione istituzionale dell’Università Cattolica di Milano.
Entrambi hanno concordato nel riconoscere nel metodo comunitario e partecipativo del Forum per il Piano Strategico, un’occasione importante per superare gli errori commessi fino ad oggi a livello di dissesto urbanistico e crescita non razionale. E nel ribadire che è proprio in questi momenti di grandi cambiamenti che Rimini può e deve ripensarsi.
Un patto con la città per la città
Un passaggio fondamentale per progettare la città del futuro è quello di “pensare a come si possa vivere in modo più umano” perché, secondo Monti, il problema è che oggi le città, Rimini compresa, “sono diventate quasi programmaticamente invivibili”. Per questo occorre fare un salto di qualità che vada oltre i disegni di un semplice Piano Regolatore. Parola di urbanista: “In passato è stato affidato troppo peso all’urbanistica, ma pietre, spazi ed infrastrutture non bastano a migliorare una città”.
Monti definisce il Piano “un patto con la città e per la città” capace anche di far emergere nel confronto tra i cittadini, problematiche e priorità che nelle “stanze dei bottoni” e nell’ambito di un progetto varato “dall’alto” non sempre vengono considerate. “Sono stati commessi degli errori – prosegue l’urbanista – ma questo non vuol dire che gli operatori del passato abbiano ragionato necessariamente in cattiva fede”.
Monti porta un esempio di come un’esigenza di ieri (una casa per tutti) non sia andata di pari passo con un aumento della qualità della vita: “L’ottanta per cento delle nostre famiglie ha una casa in proprietà – afferma – eppure gli edifici di oggi sono dei colabrodo a livello di spesa e consumo energetico”. E non solo: “I quartieri oggi non sono più luoghi di incontro, ci si sposta sempre più in macchina. Alla piazza si è sostituito l’outlet, il centro commerciale, l’ipermercato… Spazi che favoriscono il consumo in linea con una progressiva dominanza delle logiche di mercato”.
Il modello La Pira: un posto per tutti
Una città svincolata, dunque, dai veri bisogni dell’uomo. Che poco ha a che fare, secondo Ernesto Preziosi, con la sua natura originaria di luogo della politica, occasione di confronto tra i cittadini, spazio per tutti con al suo centro la piazza e la chiesa. Preziosi porta un esempio nemmeno troppo remoto nel tempo, citando il sindaco cattolico di Firenze Giorgio La Pira (1904-1977): sua quella “spinta ideale” secondo cui, per riprendere una citazione di La Pira, “la persona umana si radica nella città come un albero nel suolo”. Sua la concezione di una città che, ricorda Preziosi, “offriva un posto a tutti: per pregare (la chiesa), per amare (la casa), per lavorare (l’officina), per pensare (la scuola) e per guarire (l’ospedale)”.
Recuperare questa spinta ideale non è impossibile e, anzi, i cattolici possono avere in questo un importante ruolo: “Dalla città deve ricominciare una nuova redenzione – sostiene Preziosi – una sfida per costruire, anche secondo una visione cristiana, forme nuove di umanesimo. Affinché la crisi della città, la crisi dell’accoglienza che stiamo sperimentando oggi, possano essere il punto di partenza per costruire una nuova identità urbana, una comunità aperta, più inclusiva, che favorisca lo sviluppo delle persone che vi appartengono. Lo sviluppo della città – conclude – non può essere svincolato da quello della persona”.
Energia per il futuro
Non è mai troppo tardi dunque per ripensare e ripensarsi. E neppure per riporre al centro la Chiesa che, secondo i teorici intervenuti al dibattito, può restituire alla comunità la speranza per il futuro. Che il metodo scelto per la Rimini del futuro sia veramente “strategico” in questa direzione, lo ha sottolineato anche il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, in uno stralcio dell’intervista rilasciata ai promotori del Piano: “Il metodo di non far scendere il Piano dall’alto, ma elaborarlo con tutte le forze e le presenze vive della città – secondo Lambiasi – è un metodo molto importante, un metodo comunitario nel senso di ciò che i cittadini hanno in comune, come patrimonio di valori, di ideali, di storia e di cultura capace di diventare energia per il futuro”.
L’importante, come sottolineato anche dall’urbanista Carlo Monti, è che lo sforzo intrapreso per il Piano Strategico venga veramente “tenuto in considerazione dal Piano Strutturale”. Perché l’ultima parola spetterà sempre alla “stanza dei bottoni”.
Alessandra Leardini