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Ricominciare con un altro sguardo

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Sarà un anno che rimarrà nella memoria di tutti, il 2020. Il terribile Covid-19 e quello che si è trascinato dietro ha stravolto infatti le nostre abitudini, i modi di fare, di vivere, di pensare anche.

Un tempo che ci ha lasciato lo spazio per meditare su ciò che avevamo e su ciò che avremo, su dove siamo andati e su dove vorremmo andare. Ora che la tanto sospirata Fase 2 è ormai alle porte, possiamo domandarci cosa questa esperienza ci sta lasciando dentro e, soprattutto, cosa ci piacerebbe mantenere di questo tempo e cosa invece vorremmo cambiasse.

Per trovare risposta a tali interrogativi e capire in che modo questo cambiamento ci sta provocando, don Andrea Turchini, parroco di Santarcangelo, ha proposto un percorso di tre incontri in videoconferenza. L’obiettivo è quello di offrire spunti per considerare il tempo che ci attende dopo l’emergenza e per sfruttare la possibilità che abbiamo per pensare e sognare la realtà che vorremmo, partendo – diversamente a quello che siamo stati, fin qui, soliti fare – dalle possibilità che ci vengono offerte piuttosto che dalle necessità che sentiamo.

Il primo appuntamento si è tenuto nella serata di mercoledì 22 aprile. Circa 25 partecipanti si sono “seduti” attorno alla piattaforma Zoom per confrontarsi sul tema proposto: Ricominciare con un altro sguardo.

Come si riparte da una situazione come questa? Saremo in grado di gestire la sfida?

Da sempre, le comunità cristiane sono andate avanti nell’annuncio del Vangelo nonostante le difficoltà incontrate, senza fermarsi di fronte alle circostanze sfavorevoli, ai momenti di sconforto e agli accadimenti più inaspettati. ha introdotto don TurchiniIn questo particolare momento abbiamo l’opportunità di ripartire da qui, senza paura, ma cogliendo le provocazioni che questa sfida del tutto inedita ci pone. Dopo aver avuto il modo di valutare la nostra vita fino ad ora, abbiamo un’occasione per ripensarla, per darci nuovi ritmi e altre priorità, e soprattutto possiamo sognare quello che desideriamo e darci da fare per realizzarlo.

Siamo in vista di cambiamenti. Quali dovrebbero essere al primo posto?

Certamente – secondo Nicoletta, altra partecipante all’incontro – tutto si modificherà, da ora in poi. O perlomeno, la maggior parte delle nostre abitudini. E le priorità devono, sicuramente, cambiare! Penso a quanto la società si sia poco concentrata, fino adesso, ai servizi alla persona. Sugli autobus scolastici, ad esempio, i ragazzi erano stipati fino quasi a non riuscire nemmeno ad entrarci. Ora si ribalterà tutto, dovranno essere ripensati tempi e modalità. E’ arrivato il momento di guardare ai bisogni del fruitore, non solamente al profitto delle aziende.

Samuela, da buona sindacalista qual è, ha ricordato che effettivamente “d’ora in poi dovrà prevalere la persona. Abbiamo bisogno che si riacquisti la dignità del lavoro, che vengano stilati contratti, che venga riconosciuta una retribuzione minima, con uno Stato che faccia da controllore. È dagli anni ’80 che assistiamo al prevalere della finanza sull’economia, è ora di dare più peso a quello che conta davvero”.

L’opportunità che ci viene proposta è dunque quella di cambiare lo stato di quelle cose che, ci siamo accorti, non funzionano. Cosa vorremmo, in concreto, che variasse?

Si potrebbe cominciare – secondo il parere di Giannidall’eliminare quella violenza verbale, e non solo, che stavamo respirando prima di chiuderci in casa. Ma siamo sicuri tutti di volerlo davvero? Pare si senta solo ripetere l’augurio che presto ritorneremo a com’eravamo prima, a fare le cose di prima, alle nostre abitudini. C’è da chiedersi se, effettivamente, esiste la voglia di afferrare questa occasione”.

Il desiderio di Vittoriaè che non torni tutto come prima. L’esperienza che stiamo vivendo dobbiamo coglierla come un arricchimento, facendone tesoro. Il sogno è che si riesca a migliorare la socialità e le relazioni”. E anche secondo Mauriziotutto ciò che stiamo attraversando ci può portare a recuperare il senso bello della vita, riscoprendo una modalità diversa del nostro stare su questa Terra. Spazi e tempi saranno da ripensare diversamente, per vivere una normalità differente”.

Dobbiamo, quindi, considerarla un regalo per ognuno questa situazione inedita in cui ci troviamo. Siamo in fondo tutti sulla stessa barca…

Il pensiero di Roberta, e non solo suo, è che invece “non siamo affatto tutti sulla stessa barca: c’è chi si trova su una nave da crociera e chi, invece, attaccato ad un salvagente d’emergenza. E anche chi sta affogando. C’è chi ha perso i propri cari, chi il lavoro, chi si sta interrogando su quale sarà il futuro suo e della sua famiglia. Considerare questa pandemia un dono, sarebbe troppo. Certamente la vita di queste settimane ha fatto rispolverare alla maggior parte di noi valori veri, ma dobbiamo sfruttarli al meglio per accorgerci sempre di chi sta peggio e non cadere nella tentazione di farlo solo in momenti di crisi”.

Anche Aldo, che in questo periodo di lockdown ha detto di essersi sentito molto fortunato, ha scoperto il proprio egoismo e vuole mettersi alla prova: “E’ facile amare chi ha i tuoi stessi ritmi, i tuoi stili di vita, chi la pensa come te. Ma occorre pensare a chi, in queste settimane, ha avuto vere difficoltà, a coloro che hanno faticato a mettere insieme il pranzo e la cena. Allora la provocazione è accorgersi di queste persone anche in tempi cosiddetti normali, quando non si è presi dall’emergenza. Una sfida difficile, forse, ma certamente da accettare”.

Su cosa siamo interpellati dal Signore in questo tempo? Cosa ci sta chiedendo e di cosa dobbiamo prendere coscienza?
Dal punto di vista di Agneseil Signore ci sta richiamando ad essere più attenti soprattutto alle persone, a quelle più vicine ma anche a coloro che non siamo soliti vedere o sentire nella quotidianità. L’attenzione che ci viene chiesta è anche quella verso i bisogni reali, a non sprecare cose e tempo”.

Quel sentirsi tutti dentro la stessa crisi – secondo don Ugo – deve rimanere a fondamento dei nostri sogni futuri. I periodi come questo che stiamo attraversando possono essere nocivi per le comunità, ma possono invece anche unire. È necessario prendere coscienza di quello che conta e far prevalere l’unità sull’egoismo.

La riscoperta di nuovi valori, o di valori ritrovati, è un dato di fatto. Quali ci provocano di più?

Credo che fino a prima della pandemia si sia sempre parlato di ‘bene comune’, ma senza troppa concretezza. – è il parere di don AndreaQuesto periodo ha evidenziato quello che fino a qualche tempo fa era soprattutto uno slogan, il bene comune appunto, declinandolo in modo assolutamente essenziale, attraverso la difesa della vita delle persone. Questo valore oggi è più chiaro a tutti. Come anche il valore del lavoro e della professionalità di alcune persone che hanno impiegato anni per arrivare a mettere a disposizione di tutti il frutto dei loro studi e che oggi lo fanno con competenza e capacità professionale che permettono a noi, qui, di riuscire a tirarci fuori da questa pandemia, sotto ogni punto di vista, sanitario ma anche educativo. Un altro elemento importante emerso in questo tempo è il valore aggiunto del volontariato, un impegno gratuito che dà forza al lavoro delle Istituzioni. Un bene prezioso, da custodire”.
Europeo ricorda i periodi trascorsi in Africa, nelle missioni, quando si sentiva dire “voi occidentali avete l’orologio. Noi abbiamo il tempo”. Adesso ha finalmente capito il significato di queste parole; ha realizzato che le nostre corse, i nostri affanni, non hanno senso. Il tempo che ci viene dato è un dono da condividere, perché c’è un male peggiore del Coronavirus: l’egoismo.

Al netto di tutto, cosa ci lascerà questo periodo? Si intravedono opportunità da sfruttare, ma anche rischi da correre.

C’è stato il modo di riflettere, di capire che la nostra gestione del tempo non era ottimale, che si può trovare spazio per le persone, per gli anziani, per una economia che guardi all’individuo, per la valorizzazione delle competenze. Ma il pericolo concreto di tornare indietro esiste. – secondo Marta Dobbiamo allora essere sentinelle di qualcosa di nuovo, di una nuova cultura, di un modo di fare diverso, anche se non genera grandi profitti.

Il pensiero di don Giancarlo è che “la sventura della Chiesa, oggi, sia che i cristiani non hanno coscienza di far parte di un popolo, di essere la Chiesa. Occorre rendersi conto che siamo parte del tutto ed essere ministri della consolazione e della speranza, camminare assieme, mantenendo la tenerezza della carità come spesso ci ricorda il Santo Padre.

Anche secondo don Luca “il rischio è quello che la religione diventi un accessorio e prevalgano invece solo la visione scientifica ed economica dell’uomo. Ci potrebbe essere la necessità di ribadire che ‘non di solo pane vive l’uomo’”.

I prossimi due incontri, più focalizzati sull’esperienza della comunità clementina, sono previsti mercoledì 6 maggio Per un rinnovamento della parrocchia alla luce della Emergenza Covid-19“ e mercoledì 13 maggio Dall’analisi alla proposta: sogniamo insieme la comunità cristiana di Santarcangelo”.

Roberta Tamburini