Il cuore della Romagna ha due facce. Da una parte lo splendido entroterra, tra colline, vallate e tradizioni, dall’altra la vita della Riviera, in cui il mare diventa protagonista: di riflessioni in inverno e di divertimento in estate. Romagnoli gente di mare e di campagna, dunque. Ma non solo. Tra di loro, infatti, c’è anche chi quel cuore lo rivolge altrove, cambiando la prospettiva e guardando più in alto. Letteralmente.
Leonardo Semprini (nella foto) è un riccionese di 27 anni. Ha una vita, un lavoro e delle passioni normali, ma ha deciso di alzare lo sguardo per porsi un obiettivo che va oltre l’ordinario: andare sull’Everest. Niente campagna e niente mare, dunque, ma montagna. E non una qualsiasi: la montagna con la M maiuscola, che con i suoi 8.848 metri rappresenta la vetta più alta del mondo. E non è da solo, perché con lui ci saranno altri quattro ragazzi, tutti coetanei: Federico Martino e Denny Girometti (anche loro di sangue romagnolo, provenienti da Morciano), e due di Bolzano, Daniele Facchinetti e Matteo De Grandis.
La partenza è fissata per il 3 ottobre, punto d’inizio di un’avventura che ha due obiettivi, diversi ma ugualmente importanti. Raggiungere il campo base dell’Everest, a oltre 5000 metri di altitudine e, nel tragitto, ripulire il percorso da tutti i rifiuti prodotti in tanti anni dalle precedenti spedizioni, sensibilizzando su un tema scarsamente trattato: l’inquinamento in montagna. Un’avventura dalle finalità etiche, che Leonardo racconta in prima persona.
Partiamo dall’inizio. Come nasce un’idea del genere?
“In modo semplice, in realtà: realizzare un sogno che un gruppo di amici aveva in comune da diverso tempo. Andare a scoprire il Nepal, il suo patrimonio naturale, la sua cultura e le sue tradizioni ci affascinava da anni, ed essendo tutti appassionati di trekking abbiamo pensato fosse naturale puntare all’Everest. Che non è solo una montagna, è un simbolo, è La Montagna. E il percorso per arrivare al campo base, che rappresenta la nostra meta, è uno dei più ambiti, desiderati e sognati tra gli appassionati di trekking. Così il progetto si è gradualmente concretizzato: da un’idea nata circa un anno fa ora abbiamo già definito il volo, l’itinerario e la tabella di marcia”.
Raccontaci: come si svolgerà la spedizione?
“Il nostro primo contatto con il Nepal sarà a Kathmandu, dove atterreremo per cambiare volo e prendere un bimotore che ci porterà all’aeroporto di Lukla, considerato tra i più pericolosi al mondo! A quel punto ci sarà un momento importante, che è quello dell’acclimatamento, cioè abituare il nostro corpo alle altitudini elevate: ci recheremo in un paesino vicino Lukla, che si trova a circa 2.800 metri. Una volta pronti cominceremo la salita vera e propria che, se tutto andrà come programmato, ci porterà al Campo Base del monte Everest (la struttura da cui partono le spedizioni alpinistiche che mirano a raggiungere la vetta), a 5.380 metri, dopo 8 giorni di cammino. Chiaramente saranno necessari ulteriori momenti di acclimatamento, della durata di un giorno, quando arriveremo a 3.400 e 4.400 metri di altitudine. Dopodiché ricominceremo a scendere per tornare a Lukla, in tre giorni, per un totale di 11 giorni di spedizione effettiva. Il tutto condito dalla scoperta della cultura locale: durante il viaggio cercheremo di recarci nei monasteri che incontreremo lungo la via, oltre ad alloggiare nei vari rifugi dislocati sul percorso, che negli anni hanno ospitato viaggiatori da tutto il mondo”.
Qual è il vostro livello di esperienza? C’è qualche professionista nel gruppo?
“No, nessuno di noi è professionista. Siamo tutti appassionati, quindi nel corso degli anni abbiamo accumulato un po’ di esperienza, ma sempre a livello amatoriale. Anche per questo motivo sarà un’esperienza incredibile per tutti noi”.
Un viaggio notevole per dei non professionisti. Come vi state preparando?
“La preparazione parte prima di tutto dalla programmazione: abbiamo scelto il periodo di ottobre perché è quello che può offrirci le condizioni atmosferiche migliori. Ci aspettiamo temperature minime di 5 gradi sotto zero, e trattandosi di freddo secco e non umido rappresenta una temperatura sopportabile, che non dovrebbe darci particolari problemi. E poi c’è l’allenamento fisico, che ognuno di noi sta affrontando in modo diverso e personale: c’è chi non si sta allenando quasi per nulla e chi, come me, si sta preparando in modo piuttosto intenso. Durante la settimana mi ritaglio sempre del tempo per fare due o tre camminate, soprattutto in collina, mentre nei weekend vado nelle foreste casentinesi per camminate più lunghe, dalle 6 alle 9 ore, per mettere nelle gambe tanti chilometri e tanto dislivello”.
Un’avventura che, però, ha anche una finalità importante.
“Sì. Col tempo abbiamo deciso di rendere questa esperienza un qualcosa di più, cercando di unire all’emozione del viaggio uno scopo sociale, puntando l’attenzione su un argomento che riteniamo importante: nel corso degli anni sono state tante le spedizioni che si sono susseguite per arrivare al Campo Base dell’Everest, e questo ha prodotto, anche in montagna a quelle altitudini, il problema dei rifiuti, soprattutto plastica. Al giorno d’oggi, però, si tende a parlare di questo problema solo per quanto riguarda i mari: ed è giustissimo farlo, ma occorrerebbe sensibilizzare su questo tema a 360 gradi. E così, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di dare il nostro contributo, creando Progetto Everest: ognuno di noi porterà con sé dei sacchi con i quali ripulire il percorso da tutti i rifiuti che troveremo. E il tutto sarà documentato e raccontato sui nostri canali social: Progetto Everest su Facebook e prog.everest2019 su Instagram. Inoltre, infine, porteremo con noi anche del materiale scolastico, che doneremo ai bambini a Kathmandu, come simbolo di sostegno all’educazione dei più piccoli”.
A proposito di rifiuti, la situazione è talmente allarmante che qualche mese fa la Cina ha chiuso l’accesso al Campo Base dell’Everest per i turisti, se non provvisti di apposito permesso. Anche per il Nepal è così? Avete dovuto ottenere autorizzazioni particolari?
“No, per quanto ci riguarda non abbiamo avuto ostacoli nell’organizzazione di questo viaggio. Da quello che abbiamo potuto capire, la questione dei permessi riguarda l’accesso all’Everest dalla parte tibetana, e quindi legata alla Cina. Per quanto riguarda il Nepal, non ci sono sbarramenti particolari. Mi sento però di aggiungere una cosa: quello dei rifiuti in montagna non è un problema che riguarda solo l’Everest. Certo, è quello che fa più scalpore, ma sarebbe riduttivo. Io vado spesso a camminare e fare trekking, anche in pianura e collina, e mi capita spessissimo di trovare rifiuti lasciati un po’ dappertutto. Nel mio piccolo cerco sempre di ripulire, per quanto possibile, ma è necessaria una sensibilizzazione a tutto tondo, anche nelle scuole, per arrivare a un cambio di mentalità che sia decisivo”.
Leonardo, concludiamo con la sfera personale: cosa ti aspetti da questo viaggio? Quali emozioni e quali paure?
“Le emozioni sono ovviamente tante, perché non capita tutti i giorni di realizzare un sogno come questo. Particolari paure non ce ne sono, anche se a volte mi capita di pensare alla questione dell’ossigeno ad alta quota e dei sintomi correlati che potremmo provare durante il percorso, come nausea o forte affaticamento. E questo perché, almeno per quanto mi riguarda, è una sfida che devo affrontare per la prima volta. Ma sono sicuro che tutto questo rappresenterà uno stimolo ancora più grande per arrivare alla meta”.