AEROPORTO RIMINI. Un gruppo di giovani neolaureati in Architettura propone un progetto per trasformare radicalmente l’attuale infrastruttura del Fellini. “Una provocazione per la città e un impulso per nuove riflessioni”
L’aeroporto di Rimini è un argomento spesso al centro del dibattito cittadino.
Le difficoltà legate alla pandemia, i lavori infrastrutturali, i numeri sul traffico e sulle presenze turistiche che può garantire alla città. Sul tema, però, arriva anche il contributo di Viola Antinori, Elena Biancolin e Jacopo Gianello, giovani studenti che di recente hanno conseguito la laurea presso la Facoltà di Architettura di Ferrara, presentando una tesi dedicata proprio allo scalo riminese. Una tesi, chiamata Infrastrutture (in) attuali, che vuole ripensare e trasformare completamente l’area in cui oggi si trova l’aeroporto e che, come affermato dagli stessi autori, si configura come una forte provocazione alla città. Vediamo perché.
In cosa consiste e quali sono gli obiettivi della vostra proposta?
“Il progetto trasforma l’area aeroportuale in un’infrastruttura verde e si pone l’obiettivo fondamentale di ricucire l’area alla costa, ristabilendo una connessione forte e creando un sistema naturale attivo per avere una continuità naturale nella fitta urbanizzazione della costa. Abbiamo individuato tre grandi assi corrispondenti agli attuali viale Ivo Oliveti, via Antonio Meucci e viale Camillo Manfroni, che diventeranno delle trasversali verdi che collegheranno il Parco del Mare al nuovo parco urbano e che permetteranno una prima modifica della mobilità, disincentivando l’uso del mezzo privato. Il verde verrà ulteriormente incrementato con la costituzione del bosco nella parte più a sud del sito: questa azione servirà anche per potenziare il corridoio ecologico del torrente Marano. La costituzione di un parco che superi le cesure create dalla linea ferroviaria e la statale, trasformando i vuoti delle vecchie colonie marine oggi presenti in uno spazio pubblico, permetterà la salvaguardia del varco a mare e un nuovo dialogo tra le città di Rimini e Riccione. Un’importante azione strategica, inoltre, sarà destinare parte dell’area a pannelli fotovoltaici e un pioppeto per biomassa. Il margine che si confronta con l’urbano sarà occupato da una fascia costruita di alcune residenze, uno studentato e un nuovo polo universitario per la facoltà di scienze motorie che oggi è alla ricerca di una nuova sede. La grande porzione a nord in cima alla pista, sarà lasciata immutata per divenire uno spazio utilizzabile durante eventi di diverso tipo come i grandi concerti che oggi deturpano la spiaggia, o attività temporanee come le manifestazioni ‘Al Meni’, ‘Giardini d’autore’ ecc. Infine il margine con l’entroterra agricolo sarà progettato strategicamente con campi agricoli e orti urbani dati in gestione a cooperative locali, con l’obiettivo di creare un servizio che migliori la vita sociale in città e costituendo un dialogo con il rurale. Abbiamo deciso di lasciare come forte segno la pista che rimane immutata per essere riconquistata dai cittadini e, assieme a essa, la strada che perimetra oggi l’aeroporto che sarà trasformata in un grande circuito pedonale e ciclabile. L’ultima importante azione strategica prevede una modifica della mobilità, soprattutto tra la ferroviae la costa, che diminuisca il traffico carrabile e incentivi il trasporto pubblico”.
Cosa vi ha spinto a realizzare un lavoro su questo tema?
“ Infrastrutture (in)attuali è una proposta che nasce dalla volontà di inserirsi all’interno dell’attuale dibattito sulla trasformazione delle infrastrutture, un tempo determinanti per la competitività e l’attrattività della città e oggi divenute obsolete perché inadatte, troppo piccole o troppo vicine al centro urbano. Nelle principali città europee si è assistito alla riconversione del paesaggio aeroportuale, dopo che la dismissione nel Dopoguerra aveva lasciato inutilizzate numerose strutture di piccole dimensioni. Gli aeroporti minori e più vicini al centro abitato sono stati chiusi spostando i traffici su altri mezzi di trasporto o in nuovi scali posti in aree decentrate, anche rispondendo a bisogni legati al benessere ambientale. Per questo, guardando agli esempi virtuosi nel mondo, è venuto spontaneo ripensare l’aeroporto di Rimini, città che sta cercando di modificarsi per allargare la propria offerta turistica e che vuole essere in linea con la transizione ecologica, cercando di trovare nuove soluzioni per reinserire l’area occupata dell’infrastruttura nel tessuto urbano, del quale oggi rappresenta una barriera. Rimini, nel corso degli anni, ha cercato di inserirsi all’interno della fitta rete di connessioni territoriali cercando di affermarsi come città-snodo tra la riviera adriatica e il resto del Paese, ma anche tra le capitali europee. Nonostante questi tentativi, si è verificata la sua marginalità ed è rimasta una meta squisitamente turistica e, più precisamente, una città che vive di un turismo stagionale o fieristico legato a certi periodi dell’anno. L’afflusso di traffici è quindi ristretto soltanto ad alcuni periodi, cosa che con il tempo si sta dimostrando una fonte di problemi piuttosto che di vantaggi, soprattutto in termini di servizi e di risorse di cui la città dispone. L’aeroporto di Rimini si configura, pertanto, come un’infrastruttura ormai superflua per la città, e l’area che esso occupa, trasformata e ripensata, potrebbe diventare un’opportunità per la nascita di una nuova centralità opposta al mare”.
Cosa, dell’attuale situazione dell’aeroporto di Rimini, vi porta a dire questo?
“Oggi i dati mostrano la staticità del traffico nonostante la continua crescita dell’afflusso turistico, questo perché la città ha altre infrastrutture funzionali, che la inseriscono in una rete di traffico interregionale e che sono preferite da chi deve raggiungere la città. L’utilizzo stagionale dell’aeroporto e il basso traffico fanno sì che spesso questo sia attivo ma deserto. La questione deve essere rilevante per la città, perchè predispone a un nuovo sguardo per l’infrastruttura che in realtà è già un’isola naturalistica all’interno del denso tessuto urbano in cui è stato artificializzato ogni spazio. Potrebbe essere un importante strumento anche per riqualificare il quartiere limitrofo e permettere la valorizzazione del varco a mare insieme alla sua tutela, come punto di connessione tra la costa e l’entroterra”.
Definite il vostro lavoro come una provocazione. Quali riflessioni volete stimolare?
“La proposta progettuale si configura come una forte provocazione attuata tramite uno sguardo critico alle vere potenzialità dell’infrastruttura aeroportuale. Abbiamo fatto diverse visite al sito, che ci hanno permesso di comprendere ancora di più la necessità di tale trasformazione. Gli edifici dei terminal deserti, le vecchie strutture che servivano l’aeroporto in stato di abbandono e di degrado, le aree militari lasciate come vuoto presidio e la presenza di una fauna stanziale che ha creato un proprio habitat nella vegetazione cresciuta nelle estese superfici da tempo non più utilizzate, dimostrano che quest’area oggi può essere per Rimini una grossa opportunità per ripensare realmente al benessere per la città, implementando il patrimonio naturalistico e turistico. Attraverso questo lavoro di tesi abbiamo indicato delle linee strategiche flessibili che danno la possibilità di facilitare l’attuazione del progetto reinserendo l’infrastruttura nel tessuto urbano come uno spazio per i cittadini. Il progetto potrebbe essere un esempio per le altre città, offrendo spunti di riflessione e alternative al recupero di grandi infrastrutture inserite nei tessuti urbani, avviando processi di rigenerazione che provvedano alla vulnerabilità di queste e rispondano alle esigenze che la crisi ambientale e i tempi che viviamo ci chiedono. Così trasformato, l’aeroporto Fellini può essere un’ infrastruttura realmente attuale”.
Come si inseriscono le vostre proposte in un’ottica di tutela ambientale e transizione ecologica?
“Il progetto parte dalla demolizione degli edifici della passata vita dell’aeroporto, considerati senza alcuna valenza architettonica, e depavimentando le aree di alcune delle strade interne all’infrastruttura, in modo tale da permettere una maggiore permeabilità del suolo. L’azione permetterà di creare un sistema naturale attivo, che insieme al bosco costituirà una continuità naturale che compensa la fitta urbanizzazione della costa, aumenterà i benefici del mare nella mitigazione del clima e porterà alla definizione di un nuovo modello di sviluppo per il territorio sempre in evoluzione. Questo per spingere Rimini e chi la vive ad una nuova interazione con la natura, cosa di cui sempre più si apprende l’importanza. Infatti, tale rete è importante quanto quella dei trasporti, dell’energia e dell’acqua, e permette di integrare il nuovo polo costruito al margine rurale, per raggiungere il mare attraverso il recupero del varco delle colonie, in un organismo composito che favorisca connessione e multifunzionalità degli spazi pubblici. Inoltre, a confine con il nuovo bosco, un’ampia porzione viene destinata alla produzione di energia rinnovabile per permettere un autoconsumo nell’area ex-aeroportuale e per i bisogni della città. Ripensare l’infrastruttura sarà così occasione di creare usi alternativi e più vantaggiosi del territorio. Intervenendo, infatti, nei tre ambiti strategici, quali verde, connessioni e collettività, la città può trarre vantaggi dal punto di vista urbano, sociale ed economico. Ciò può garantire alla città la possibilità di attrarre e sostenere una comunità forte, restituendo alle persone spazi per attività informali lontani dall’artificialità e offrendo una vita che sia veramente all’insegna del wellness, dimostrandosi orientata all’inclusione sociale e al benessere sia ambientale sia collettivo”.