Non è reale, non è animato. Il rifacimento Disney del classico cartoon Il Re Leone (1994) è nel segno di una tecnologia digitale che ormai sembra quasi più non sorprendere, come già avvenuto con il remake CGI de Il libro della giungla sempre diretto da Jon Favreau. Ma se nel precedente film c’era la parte “umana” garantita da Mowgli, qui il computer genera interamente animali e scenari ad effetto realistico, con grande sorpresa per le ambientazioni e qualche sensazione di artificiosità per i caratteri principali della storia.
Storia con nobili origini grazie all’ ispirazione principale da Amleto di Shakespeare, per un trama che segue fedelmente (anche troppo) l’originale di Roger Allers e Rob Minkoff, privandosi spesso di quel minimo di autonomia necessaria per poter camminare con gambe, pardon, zampe proprie.
Le varianti più evidenti sono contenute nell’ampliamento della figura di Nala, più determinata e meno in ombra rispetto al cartone animato, mentre alla coppia comica Timon e Pumba spettano ancora i siparietti più divertenti.
Le canzoni di Elton John e Tim Rice restano (un paio in più rispetto alla prima versione, e quella sui titoli è presa dal musical teatrale, tuttora grande successo a Londra e New York), le musiche di Hans Zimmer seguono fedelmente le scene del film, come il predecessore.
Certo l’emozione del cartoon resta ineguagliabile, con quel suo approccio pionieristico alla CGI (ricordate la scena degli gnù?). Questo Re Leone serve se non altro a rinverdire la memoria sulle grandi storie della casa del topo e a ricordarci la bellezza di una natura sempre più minacciata da un’umanità che sembra dimenticarsi della potenza e importanza dell’ambiente che ci circonda.