# SIPUÒFARE Inserimenti lavorativi (6). La ‘strana’ storia delle ragazze di Crisalide. Pia Vignali: “Di solito accade l’opposto”
All’inizio stentavo a crederci, le storie che la realtà ci restituisce sono di segno opposto”. Pia Vignali è presidente e fondatrice dell’associazione Crisalide di Rimini, per il sostegno delle donne colpite da carcinoma mammario, il tumore al seno. Ci introduce al progetto Più unica di prima (altro pezzo in pagina) per il reinserimento lavorativo di donne colpite da una malattia che di fatto ha un forte impatto non solo, seppure soprattutto, sulla salute fisica e psicologica delle pazienti, ma anche sulla loro vita familiare e nel caso specifico lavorativa. Sette donne sono state formate, presso Vici&C, due saranno assunte dalla stessa azienda e le altre cinque saranno aiutate nel ricollocamento da Gi Group.
Com’è andata? “ L’azienda Vici ci aveva contattate per fare una lezione di prevenzione alle sue dipendenti. Un percorso simile a quello che ogni anno proponiamo nelle scuole superiori ai ragazzi delle quinte. Al termine della lezione, ci hanno proposto questo bel progetto”.
Ma di solito non va così, come ha anticipato Pia. La diagnosi per carcinoma mammario è seguita da un lungo periodo di cure, che vede nascere una via l’altra, tutta una serie di difficoltà aggiuntive. “ La donna può perdere il lavoro a causa del tumore o anche essere demansionata. Per questo sulle prime battute la cosa ci ha lasciato anche un po’ perplesse. Poi però la macchina si è messa in moto, si è insediato il tavolo di lavoro e il progetto si è concretizzato. L’assunzione di queste persone sicuramente cambierà loro la vita”.
A raccontare come invece va di solito è Serena. Sposata, due figli, aveva 38 anni quando ha scoperto di essere malata. Lavorava come assistente alla clientela in un negozio, le stava scadendo il contratto a tempo determinato, già più volte rinnovato.
Ma questa volta no. “ Mi hanno detto che al momento non potevano e che sarei dovuta tornare quando mi fossi curata. Le cose che si dicono… Di fatto è stata assunta un’altra persona al posto mio”.
Perdere il lavoro, in una circostanza simile è aggiungere un problema in un contesto già molto complicato.
“ Ricordo di averla vissuta come una violenza. Dopo la notizia della malattia e tutta la raffica di notizie conseguenti, l’unica cosa che mi era rimasta era il lavoro, che a me piaceva molto.
E invece stavo perdendo anche quello”.
Ci sono degli ammortizzatori sociali, ma l’accesso non è semplice. “ Al primo tentativo, mi hanno rifiutato il sussidio di disoccupazione perché come paziente oncologica risultavo inabile al lavoro. Ho chiesto aiuto al sindacato e alla fine sono riuscita ad accedere presentando un documento aggiuntivo”, spiega Serena.
Il sussidio di invalidità? “ Se hai un altro assegno, per esempio la Naspi, o lavori e guadagni più di 5mila euro, non hai diritto.
E poi c’entra il grado di invalidità. Adesso sono molto restrittivi e lo danno molto basso”, spiega Angela, quasi cinquantenne.
Anche lei ha la sua storia. “ Ero disoccupata da due anni e mezzo e nel 2023 avevo deciso di fare la stagione, non trovavo più nel mio settore”. Angela ha studiato moda in un’importante università di Firenze. “ Ho scoperto di avere il tumore mentre lavoravo, ho finito la stagione e mi sono andata ad operare”.
Portato a termine il primo ciclo di cure, Angela si è iscritta nelle liste della legge 68, per l’inserimento lavorativo delle persone con invalidità o disabilità. “ Mi sono iscritta in febbraio, lo scorso anno, ma da allora nessuno che mi abbia contattata per un colloquio. Puoi fare dei corsi base, ma gli insegnamenti sono obsoleti e di solito non sono legati a dei tirocini, che potrebbero aiutare a farsi conoscere da un datore di lavoro. Molte aziende preferiscono pagare le multe, piuttosto che assumere una persona con disabilità”.
Eppure potrebbe non essere così difficile. “Siamo rattoppate, ma funzionanti”, sorride Anna, 54 anni, ex agente immobiliare, moglie e mamma di due giovani donne.
“C’è disabilità e disabilità. Ci sono malati psichiatrici, ci sono persone che hanno menomazioni fisiche molto importanti, ed è a questo che in genere un imprenditore pensa. Ma poi ci siamo anche noi, che possiamo fare un po’ di tutto”, spiega la grafica pubblicitaria Letizia, quasi 39enne. Di fatto, oltre al divieto di alzare pesi, le ragazze del progetto, e le loro ‘colleghe’ di cure, il più delle volte hanno bisogno soltanto di orari un po’ più elastici per visite di controllo o terapie. C’è un forte stigma da superare che vede disabile tutta la malattia di qualsiasi tipo e grado, sull’onda della “cultura dello scarto” che papa Francesco ogni tanto torna a chiederci di superare. Una cultura che in parte spiega la stessa Anna. “ Quando ho avuto la diagnosi ho ringraziato Dio di aver lasciato precedentemente il lavoro. Ho pensato che avrei messo in difficoltà i miei titolari”. “ Siamo abituati troppo al concetto del rotto che si butta via. E invece si può aggiustare e diventa più unico di prima”, fa notare Leonardo Piepoli, responsabile risorse umane di Vici&C, ideatore del progetto.
Lavorare fa parte della cura. Senza sottovalutare l’aspetto economico, che è importante, per queste donne tornare in pista significa anche riconquistare un pezzo di vita fondamentale. “Possiamo ancora dare, creare, contribuire a costruire quel pezzetto di mondo che ci spetta. Inoltre, ci fa molto bene essere inserite in un contesto che ci distrae dalla malattia”, concordano le ragazze. “ Per ogni donna c’è il momento giusto per rinascere, per qualcuna il momento giusto può essere anche mentre sta facendo la chemioterapia”, sintetizza in modo efficace Pia.
Per di più gli ambienti lavorativi ne traggono un guadagno. “ Queste persone portano una forte spinta motivazionale che permette loro di fare cose straordinarie e contagia l’organizzazione stessa”, conferma Piepoli.
“Oggi posso dire di essermi fatto un regalo. Il progetto era nato con l’idea di generare opportunità lavorative per sette donne colpite da carcinoma al seno, ed invece mi sono accorto che è molto di più. Nel percorso di formazione che stiamo facendo, quello che sta imparando e ricevendo opportunità di crescita sono io. Mi sono detto che il regalo più bello che riceverò quest’anno sarà quello che ho già ricevuto da queste meravigliose donne. Aver condiviso le loro emozioni i loro vissuti non è qualcosa che si compra, ma è un dono per chi sa come accoglierlo. Anch’io oggi mi sento più unico di prima grazie a sette forze della natura più uniche di prima: Sabrina, Anna, Angela, Serena, Elena, Letizia, Asmaa”.
Sette donne: due assunte da Vici&C, cinque ricollocate da GiGroup
Supportare le donne colpite da carcinoma mammario nel loro reinserimento lavorativo e nella ripartenza dopo una patologia che impatta profondamente su salute, vita familiare e carriera. È l’obiettivo di Più unica di prima: l’unione di pubblico e privato in favore delle donne, un progetto pilota, realizzato a Rimini, promosso da Vici&C. spa, azienda leader nel settore dell’automazione industriale, non nuova a iniziative simili. Negli anni scorsi, infatti, l’azienda ha finalizzato iniziative per l’assunzione di neo mamme e di lavoratori ultra cinquantenni. Gi Group, la prima agenzia italiana per il lavoro, è partner del progetto che ha coinvolto anche l’associazione Crisalide e l’Asl territoriale di Rimini.
L’iniziativa si è articolata in due fasi principali. In una prima fase, le partecipanti – donne del network Crisalide – hanno seguito un percorso di orientamento e assessment per rafforzare la motivazione al reinserimento. A partire dal 5 dicembre, è stato avviato un programma di formazione di 40 ore, mirato ad approfondire temi chiave per lo sviluppo professionale: competenze trasversali, benessere organizzativo e il ruolo delle risorse umane nella creazione di un ambiente di lavoro inclusivo e sicuro. Alla conclusione del corso, le partecipanti saranno ricollocate nel mondo del lavoro: due di loro entreranno in Vici&C, mentre le altre saranno inserite in aziende locali attraverso un percorso curato da Gi Group. Quest’ultimo prevede una call to action per sensibilizzare le imprese del territorio e avviare processi personalizzati di ricerca e selezione.
“Vogliamo offrire un supporto qualificato alle donne colpite da questa malattia, per aiutarle a ritrovare se stesse e proseguire il loro percorso di rinascita,” ha dichiarato Chiara Caudana di Gi Group, sottolineando il valore di iniziative come questa nel promuovere un “lavoro sostenibile”.
Per Luca Vici, amministratore delegato di Vici&C, il progetto rispecchia i valori aziendali: “Il nostro motto è ‘non c’è squadra senza famiglia’. Questo spirito guida il nostro impegno verso il benessere delle persone, una pietra miliare della nostra cultura aziendale.”
Anche il sistema sanitario ha avuto un ruolo centrale nel progetto. “L’ospedale non è una semplice fabbrica di prestazioni, ma una comunità che promuove salute e reintegrazione sociale,” ha affermato Francesca Raggi, direttore medico del Presidio ospedaliero di Rimini. Secondo Giuseppe Melucci, direttore dell’Unità operativa prevenzione oncologica, il progetto rappresenta una nuova frontiera della medicina: “Non ci fermiamo al processo di guarigione, ma puntiamo al benessere e alla realizzazione personale delle pazienti”.