Sul caso del contestatissimo nuovo stemma della Rimini Calcio non mi esprimo.
Anche perché, ancor prima della natura del logo, mi pare ormai assodato che il peccato capitale della società sia stato l’averlo calato dall’alto senza nessun coinvolgimento dei tifosi che, invece, col precedente logo avevano avuto voce in capitolo.
Quel che mi chiedo è, invece, se sia ancora attuale l’uso del lessico belligerante associato allo sport, come nel claim Guerrieri per amore lanciato dalla società. Con video che si apre con un cavaliere lancia in resta e musica di epica battaglia da kolossal cinematografico. Sarà pure per amore, ma la semantica è quella della guerra. È davvero necessaria per sollecitare i propri calciatori a tirare fuori gli attributi? Lo storico inno Rimini vai parla di coraggio, e anche i vicini di casa del basket hanno puntato sul concetto di eroe, suggestivo ma non cruento. E non mi sembra che i moderni dettami tecnici vadano in questa direzione, penso all’azione tipo degli Europei 2024. Costruzione dal basso nella propria metà campo, avanzata fino al limite dell’area di rigore avversaria tra l’entusiasmo del proprio tifo, crisi di panico al solo pensiero che il passaggio filtrante possa essere intercettato dalla difesa avviando un pericoloso contropiede, decostruzione dall’alto e retropassaggi in serie fino a tornare al proprio portiere.
Altro che guerrieri, più roba da ragionieri direi.