Vita con i cani. Vita da cani. Matteo Garrone si ispira al caso del Canaro della Magliana, tragico fatto di cronaca che scosse l’opinione pubblica nel 1988, per il suo nuovo film “Dogman”. Il “Dogman” è Marcello (Marcello Fonte, vincitore del premio come miglior attore a Cannes), un ometto che vive in una fatiscente periferia dall’aspetto stralunato, gestendo un’attività di toelettatura per cani. Il lavoro gli piace, i cani pure, è amico con tutti nel quartiere e trova anche tempo da dedicare alla figlioletta di otto anni, con la quale costruisce le uniche fughe da quel luogo così degradato, sempre così fangoso, quasi mai baciato da un sole che sembra essersi dimenticato di quell’angolo di mondo. Il problema principale di Marcello è l’amicizia con Simoncino (Edoardo Pesce), cocainomane, violento e pronto a tutto pur di fare grana, trascinando anche l’incauto Marcello in una rapina per la quale è proprio “Dogman” a pagarne le conseguenze, con inattesi sviluppi per la sua vita.
Dopo la parentesi fantastica de “Il racconto dei racconti” (ma sempre mantenendo l’aspetto dello straniamento del reale, in registri più trasfigurati e grotteschi) Garrone torna al contemporaneo, prende solo lo spunto iniziale della cronaca per raccontarci vite dolenti, personaggi senza via d’uscita, conflitti tra caratteri dominanti e personalità deboli e schiacciate dagli eventi. Marcello è un personaggio che si appiccica addosso allo spettatore che ne segue con trepidazione il percorso doloroso, incarnato con bravura tutta “artigianale” (Fonte non è un attore professionista, è il custode del Nuovo Cinema Palazzo di Roma, dove ha potuto incrociare esperienze teatrali) in un contesto che amplifica il senso più lacerante della vita nelle periferie dimenticate e uomini “invisibili” dominati dalla legge del più forte.