La vicenda dell’icona russa in età moderna è un’affascinante epopea della storia religiosa e artistica del nostro tempo: la comunità dei Vecchi Credenti che, ribellandosi fin dal Seicento ad ogni innovazione rituale ed artistica e pagando per tutto ciò con la persecuzione, l’esilio e il martirio, ha mantenuto viva l’antica pittura liturgica su tavola e le fusioni d’immagini sacre in bronzo. Nel tempo i Vecchi Credenti sono divenuti rispettati pittori, ricercati restauratori, colti collezionisti, ricchi mercanti e abili “copisti” d’icone antiche, ma hanno dovuto aspettare dal 1666 al 1905 per vedersi riconosciuta la libertà di culto. Grazie a loro l’arte iconica russa non si è mai confusa con una pittura a soggetto religioso qualsiasi ma è rimasta il frutto di un complesso rituale per cui il pittore asceta, tracciando con i colori e i metalli pregiati i volti e le aureole di Cristo e della Madre di Dio, degli Angeli e dei Santi, forgia specchi che riflettono il mistero e schiude finestre visibili sul mondo invisibile. L’icona è l’unica forma artistica cristiana che resiste oggi allo sciatto mondo della secolarizzazione, custodendo nella sua arte l’intero patrimonio liturgico e spirituale dell’antica Chiesa Ortodossa.
“Lo Specchio del Mistero. L’icona russa tra XVIII e XX secolo” (Castel Sismondo, Sala d’Isotta, 19 gennaio – 3 febbraio), la mostra organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini ed inaugurata venerdì 18 gennaio 2008 in concomitanza con l’inizio della “Settimana per l’Unità dei Cristiani”, è un omaggio all’icona russa moderna che ha perpetuato fino a noi un linguaggio di commovente ricchezza simbolica e mistica, miracolosamente sopravvissuto fino a noi in tutta la sua emarginata e imperdonabile bellezza. L’esposizione è stata curata, oltre da chi scrive, dal maestro John Lindsay Opie della Terza Università di Roma, studioso di fama internazionale e massimo esperto d’iconografia russa del mondo accademico italiano dall’amico Natalino Valentini, Direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Rimini “Alberto Marvelli” e cospicuo conoscitore delle correnti filosofiche e teologiche della spiritualità ortodossa. L’iniziativa ha ricevuto il prestigioso contributo di un grande studioso cattolico del mondo cristiano-orientale: il cardinal Tomas Shpidlik.
Le 60 tavole esposte provengono dall’inedita collezione del padre francescano Tommaso Toschi il quale, romagnolo d’origine, più precisamente cervese, ma bolognese d’adozione, nell’arco di una vita spesa in difesa dei valori del cristianesimo non ha mancato di portare aiuti materiali alla Chiesa russa, intessendo rapporti d’amicizia e solidarietà con il Patriarcato di Mosca: in segno di gratitudine ha ricevuto dagli amici d’oltre cortina diverse icone vecchie e recenti, povere e pregiate, tutte però destinate alla distruzione dal regime sovietico. Si è formata così un’interessante raccolta, da me personalmente inventariata nel 2006. Le immagini sacre russe di frate Tommaso sono state realizzate sia per la devozione privata, sia per il culto pubblico e offrono un’ampia visuale sulle diverse scuole e botteghe di un’epoca che oggi costituisce il più vasto territorio di frontiera per la ricerca sull’arte bizantino-slava.
La mostra, proprio per spiegare al pubblico i valori storici, culturali e religiosi, che ispirano e fondano l’arte sacra dell’icona tra Settecento e Novecento, è accompagnata da una serie di conferenze. Tra i relatori di questo ciclo, oltre ai curatori dell’evento (Valentini, mercoledì 29 gennaio, Lindsay Opie e Giovanardi, sabato 2 febbraio), compaiono padre Leonida, sacerdote ortodosso, collaboratore del Patriarca russo Alessio II e Rettore della chiesa di San Clemente a Mosca (giovedì 24 gennaio), il prof. Natalino Valentini (martedì 29 gennaio). Gli incontri si terranno tutti alle ore 17.30 in Sala Isotta.
Alessandro Giovanardi