“Studiare da prete” era l’espressione più utilizzata nel passato, per indicare la situazione di un giovane che viveva l’esperienza del seminario.
Nella mentalità comune, il seminario era il luogo in cui un ragazzo, che aveva già maturato l’idea di questa “professione”, veniva addestrato per svolgere al meglio il suo futuro compito. Come il medico, il farmacista, il maresciallo dei carabinieri, anche per questo ruolo serviva un addestramento specifico garantito dal seminario.
In realtà il seminario non ha mai voluto essere un luogo di addestramento, nè in passato, nè tanto meno ai nostri giorni.
Il seminario desidera essere piuttosto una comunità educativa in cui, i giovani che hanno maturato l’intuizione del ministero sacerdotale e hanno manifestato una disponibilità, vengono accolti e accompagnati da alcuni sacerdoti educatori, per chiarire e comprendere meglio la volontà di Dio che si è loro manifestata e le caratteristiche della vita del prete che la Chiesa propone oggi.
Chi sono i seminaristi della nostra diocesi?
Sono quattordici giovani e giovani-adulti di età compresa tra i 20 e i 39 anni che provengono da esperienze diverse di vita personale ed ecclesiale. Alcuni hanno iniziato questo cammino dopo le scuole superiori, altri dopo la laurea, alcuni anche dopo anni di lavoro.
La maggior parte di essi viene da esperienze parrocchiali o associative, impegnati come educatori o nei servizi caritativi. Tutti, prima di entrare in seminario, hanno vissuto un tempo di almeno un anno di verifica attraverso incontri e colloqui con i preti del seminario.
Cinque di essi sono inseriti nel tempo propedeutico, un percorso che ha come obiettivo quello di fare chiarezza sulla scelta dell’ingresso in seminario, di acquisire una coscienza più oggettiva sul ministero presbiterale nella chiesa oggi, di allargare gli orizzonti alla vita della comunità diocesana.
Altri cinque si trovano nei primi due anni della teologia (biennio iniziale); in questo biennio i seminaristi si mettono in cammino per comprendere se la volontà di Dio sulla loro vita è orientata al ministero sacerdotale; è solo alla fine di questo percorso che la Chiesa si pronuncia formalmente e riconosce la vocazione.
Quattro seminaristi (di cui due si trovano a Roma, uno in parrocchia a San Mauro e uno è già diacono) stanno percorrendo il cammino successivo (quattro anni) che li prepara al ministero. Attraverso la preghiera, lo studio, la vita comunitaria e le esperienze nella pastorale, essi acquisiscono gli atteggiamenti e alcune delle competenze richieste a coloro che vengono inviati per essere al servizio della comunità ecclesiale. Questo cammino continua fino all’ordinazione presbiterale.
Seminario: cuore della Diocesi
Spesso viene ricordata questa espressione quando si parla del seminario. È vera? È significativa? Credo che occorra rispondere positivamente sia alla prima che alla seconda domanda.
Il seminario è il cuore della Diocesi perché dalla sua vitalità dipende la vitalità di tutta la chiesa diocesana; non solo nella prospettiva organizzativa orientata alla necessità di “fornire” nuovi preti alle parrocchie, ma soprattutto come segno dell’impegno delle nostre comunità nella evangelizzazione. Se ci chiediamo dove maturano le vocazioni, dobbiamo rispondere che, normalmente, questo avviene in comunità e famiglie in cui si vive un serio impegno per l’evangelizzazione, tanto serio che qualcuno matura la scelta di dedicare al ministero dell’annuncio tutta la propria vita.
Se il seminario fosse vuoto questo indicherebbe che, nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie l’impegno per l’evangelizzazione e la testimonianza del vangelo è molto impoverito. Il seminario sarà una realtà significativa quando rispecchierà l’impegno delle comunità nella missione che Gesù ha affidato a tutta la Chiesa.
La preghiera per le vocazioni sacerdotali
Attraverso la preghiera per le vocazioni sacerdotali le persone e le comunità manifestano questa passione per la missione. “Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”. Accogliendo questo invito, che Gesù rivolge in modo pressante ai suoi discepoli, desideriamo fare nostra la passione di Gesù perché il Regno di Dio venga nel mondo, perché le persone possano trovare nel Signore pace, salvezza, risposta alle domande inquietanti della loro vita.
La presenza dei sacerdoti nelle nostre comunità, accanto a tanti altri ministeri, garantisce questa possibilità.
Dallo scorso anno, più di cinquecento persone della nostra Diocesi hanno aderito alla iniziativa del monastero invisibile “Con Gesù nel Getsemani”. E’ una proposta che può essere facilmente diffusa e condivisa con altri. La preghiera per le vocazioni, accanto all’impegno per costruire le condizioni favorevoli alla nascita di nuove vocazioni, aiuta concretamente le nostre comunità e le nostre famiglie a vivere la responsabilità sulla vita della Chiesa e sull’impegno di annuncio che la Chiesa è chiamata a vivere. Molti, partendo da questa preghiera, hanno risposto, a loro volta, a delle “chiamate” di maggiore impegno e disponibilità nelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali.
don Andrea Turchini