Primo quadrimestre, tempo di giudizi. Ma i “voti” questa volta non piovono sui banchi di scuola bensì in una Sala San Gaudenzo colma di giornalisti e operatori della comunicazione. Il Vescovo Francesco li ha incontrati per la festa del patrono San Francesco di Sales. E si è detto pronto a ricevere la sua personalissima pagella.
Dopo quattro mesi di permanenza, che voto si dà?
“Gravemente insufficiente in geografia. Per studiare storia, purtroppo, ho abbandonato la geografia e così per trovare paesi e canoniche sono costretto sempre a chiedere indicazioni o addirittura passaggi in auto, che fortunatamente nessuno mi nega. Conto di impegnarmi di più nel secondo quadrimestre”.
E i giornalisti?
“In ogni condizione di vita è possibile essere santi. Anche nella professione del giornalista”.
Più in generale, come giudica il laicato riminese?
“In Diocesi possiamo vantarci di avere un laicato di alto profilo, capace di portare il seme del Vangelo nelle varie esperienze professionali: nella scuola, nel lavoro, nella cultura, ecc. Persone che non si vergognano del Vangelo, per citare un libro di Luigi Acattoli”.
Ha definito il seminario “cuore della Chiesa locale”. Come sta questo organo fondamentale?
“Ho incontrato i dodici seminaristi, un bel gruppetto di ragazzi in cammino. Così belli che ne vorremmo di più. La coperta, purtroppo, è sempre troppo corta e, allo stato attuale diventa sempre più difficile per il Vescovo assicurare un prete ad ogni campanile”.
Una recente inchiesta dell’Eurispes ha evidenziato un calo del 10% di fiducia della gente nei confronti della Chiesa. Eccellenza, come giudica questo risultato, peraltro ripreso con molta enfasi e poca analisi da molti media nazionali?
“Premetto che non ho una conoscenza diretta della ricerca. Mi risulta però che sia stata realizzata su un campione di 2.000 persone, poco rappresentativo. In ogni caso, l’indice di fiducia del popolo italiano nei confronti della Chiesa permane molto alto, specie se confrontato con quello ricevuto da altri soggetti. La caduta libera della politica, ad esempio, è un fatto evidente, di cui dispiacersi. Per quanto riguarda la realtà riminese, non percepisco davvero un calo di fiducia della gente. Al contrario, avverto tanta attesa, che responsabilizza la Diocesi riminese”.
Rimini, turismo e lavoro spesso fanno rima (non baciata) con domenica.
“Si tratta di una questione delicata, sulla quale ritengo necessario un pronunciamento. La domenica è un tesoro che non possiamo lasciarci scippare da questioni economiche. Ci sono aspetti tecnici da considerare, una città non può fermarsi, il Pronto Soccorso deve funzionare, ma sulla domenica ci giochiamo la fede. È la festa che il Signore fa all’uomo, e non il contrario, un tesoro che Dio dà ai suoi figli”.
Boicottare gli acquisti alla domenica?
“Se necessario, perché no? La domenica è un valore grande; perché certi appelli non restino inascoltati o lettera morta, si può arrivare fino a decisioni drastiche.
Quanto sono disposte a perdere le comunità perché la festa torni a brillare? Se consideriamo la domenica un precetto, l’apprezzamento scade, come nel caso del medico che impone al paziente ammalato di mangiare. Il cibo è un piacere, non un’imposizione. Interroghiamoci: come viviamo la domenica?”.
In occasione del suo incontro con i politici, Lei ha proposto una sorta di “decalogo” politico. Si immaginava potesse tanto imbarazzo nella categoria?
“Di decalogo ne esiste uno, ed è sufficiente. I miei erano solo suggerimenti. E non ho inventato nulla: l’incontro con i politici e chi opera in campo sociale, era una consuetudine del mio predecessore, mons. Mariano De Nicolò, che ho volentieri riproposto perché la ritengo una buona opportunità.
Per tornare alla formula citata, in quell’occasione ho lanciato alcune parole, ma c’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. Mi piacerebbe che quelle indicazioni non venissero solo citate dalla classe politica e dirigente, ma tenute presenti nell’esercizio delle loro funzioni”.
Eccellenza, Lei cita spesso don Oreste. Il quale vedeva nella lotta alla prostituzione una delle battaglie umanitarie più importanti. Che pensa di questo fenomeno purtroppo così “di casa” anche nel riminese?
“La prostituzione è una delle tre gravi emergenze rimarcate nel discorso alle autorità in occasione della festa di San Gaudenzo. Una questione complessa. Diceva don Benzi: se intanto i clienti non andassero con quelle donne… Sogno un convegno sul tema con Papa Giovanni XXIII, Caritas e altri che operano in prima linea”.
Sovente parla di dialogo e confronto. I fatti della Sapienza riprongono il rapporto tra fede e cultura, tra fede, ragione e laicità. A Rimini la Chiesa ha molto operato in campo culturale, dall’Università all’Istituto di Scienze Religiose ai convegni promossi. Non le sembra però che il dialogo con le istituzioni culturali sia ancora un po’… sottotono?
“Quello con il Polo Riminese dell’Università di Bologna mi pare ben avviato. Su invito del presidente di Polo Giorgio Cantelli Forti, parteciperò alla Pasqua universitaria, incontrando il corpo docente: insieme leggeremo il discorso di Benedetto XVI alla Sapienza. Il confronto va alimentato costantemente. E con onestà intellettuale. Lo stesso Dario Fo ha riconosciuto che i fatti romani sono stati una sconfitta.
Anche Rimini deve trovare il giusto spazio per dialogare su fede e ragione e riflettere sulla laicità. Dimostrando con fatti di Vangelo che la fede non schiaccia l’umano, non distrugge la ragione. Anzi, chi segue Cristo si fa sempre più uomo”.
Paolo Guiducci