E’ possibile affrontare il problema della prostituzione anche con gli occhi della fede. L’hanno testimoniato don Giancarlo Perego, teologo e responsabile del Centro documentazione Caritas – Migrantes, e il dottor Paolo Ramonda, Presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, durante l’assemblea pubblica “Schiavitù e liberazione delle prostitute” (… in memoria dell’opera di don Oreste Benzi). L’iniziativa si è svolta venerdì 23 maggio 2008 in Sala Manzoni ed è stata organizzata dalla Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico “San Tommaso Moro” di Rimini per riflettere e “non solo per compiere una sterile denuncia, pur necessaria. È un’ottica pedagogica, per far sì che ognuno si faccia carico del problema e promuova, nelle istituzioni e nella società, comportamenti che rimettano al centro la dignità delle donne – premette Agostino Pasquini, direttore della Scuola di Formazione -. Si tratta di un approccio nuovo, libero da ogni sterile moralismo, che più laicamente rimette al centro la dignità e la libertà delle donne, senza nascondere gli aspetti sanitari e di ordine pubblico, ma inquadrandoli all’interno del problema ben più importante dei diritti inalienabili della persona”.
“Volto” da incontrare
Oggi si parla di “globalizzazione della prostituzione”, una realtà sempre più legata ai flussi migratori e alla povertà dei Paesi da cui provengono queste ragazze. La comunità cristiana è senz’altro sollecitata ad interrogarsi su questo fenomeno.
“La realtà della prostituzione non ci deve spaventare e non può essere letta solo nella logica della sicurezza perché è un ’volto’ da incontrare ed è questo il primo passo da compiere per guardare alla prostituzione con gli occhi della fede – spiega don Giancarlo Perego -. Dobbiamo guardare questo mondo attraverso i volti reali di queste donne, bambine, madri, al di fuori delle ideologie e ai falsi pudori. Ragazze prostituite vittime di violenza, di abbandono e separazione”.
“Occorre sempre pensare che dietro ad un corpo, che può provocare fisicamente, esiste un’anima lacerata, c’è una donna o una bambina straziata interiormente -rileva Paolo Ramonda -. Di più, possiamo dire che c’è uno spirito che grida, che urla anche se non si manifesta. Vendere il proprio corpo è come morire dentro, perché è un andare contro natura. La natura umana chiama a donarsi completamente alla persona che si ama, proprio perché ci si sente amati”.
Poi c’è il cliente
“Ci domandiamo perché questa persona, inserita in una attività e, probabilmente sposato, arriva ad affittare il corpo di una donna: il corpo viene acquistato con il denaro. Qual è il motivo profondo? – continua Paolo Ramonda -. Ci troviamo di fronte a persone con gravi carenze e sofferenze in campo affettivo e relazionale; il nostro compito più importante è scoprire come aiutarle, accompagnandole e supportandole in ogni diverso livello di personalità, perché possano crescere in un modo più armonico ed equilibrato, che consenta loro di vivere una vita di relazione adeguata”.
Dieci scelte di responsabilità
La Chiesa, come popolo di Dio, vede insieme presbiteri, laici, consacrati in una sfida per la libertà e la liberazione per affermare la dignità del corpo e della donna. Una Chiesa che incontra migliaia di ragazze prostituite sulle strade, recluse nei locali e nelle case, vendute sui giornali e nelle trasmissioni televisive o su internet; una Chiesa che accoglie e protegge chi chiede aiuto. Negli ultimi 10 anni oltre 40.000 donne sono state incontrate e 10.000 ragazze hanno fatto scelte alternative sul piano familiare, professionale e di vita. Oggi però l’impegno nel mondo della prostituzione e della fragilità sessuale si può però maggiormente caratterizzare attraverso scelte precise.
“Sono scelte educative – precisa don Perego – Esse aiutano il superamento di una cultura dualista (animacorpo), maschilista, discriminatoria che rischia di dimenticare la dignità della persona, della donna per farla ritornare ad essere merce. Sono le scelte che interessano la scuola, la parrocchia, le associazioni, i percorsi di educazione dei giovani, la formazione in genere.
Scelte di promozione umana. Non l’allontanamento e la dimenticanza, ma l’accompagnamento e la protezione sociale, la tutela dei diritti, la lotta ad ogni forma di violenza.
Scelte di libertà e di liberazione. La libertà è un bene prezioso – lo ricorda il Papa Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi – che chiede un impegno di liberazione per ogni forma di schiavitù, di sfruttamento, tra cui la prostituzione.
Scelte di solidarietà perché questa non è un pio sentimento, ma è decisione e scelta. Nel mondo della prostituzione la solidarietà chiede la ricerca delle persone, l’incontro, l’ascolto, la tutela e l’accoglienza in una Chiesa, che è anzitutto casa.
Scelte di legalità che ci impegnano ad affiancare ogni lotta alla tratta, al traffico di esseri umani, alle mafie che controllano le reti di sfruttamento delle donne prostituite. Sono scelte di protezione che ci hanno impegnato anche in sede legislativa a tutelare l’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione, come strumento importante per la protezione sociale delle vittime di sfruttamento sessuale.
Scelte di cooperazione per fare spazio alla mutualità anche per le donne vittime di sfruttamento nelle nostre cooperative, nei percorsi lavorativi.
Scelte di pace e di mediazione perchè attorno alla prostituzione spesso c’è guerra, c’è violenza, nasce conflittualità, scontro. Tutto questo chiede un impegno per la pace nel mondo, ma anche nei quartieri, fino ad arrivare alle famiglie.
Scelte politiche per aiutare molte donne ad uscire dall’invisibilità, dalla povertà e dalla vulnerabilità, andando incontro ad alcuni bisogni sociali fondamentali: casa, lavoro, tutela dei diritti.
Scelte di responsabilità perchè la prostituzione oggi cresce dentro casa, nel lavoro, nel turismo, dentro tanti luoghi di prossimità. È necessario educare a scelte etiche di responsabilità, alternative ad alcune linee di mercato e di cultura.
Scelte pastorali perché è necessario avere il coraggio di una rivoluzione pastorale che rimetta al centro della nostra azione la persona – come ci ha ricordato il Convegno della Chiesa italiana di Verona – con la sua storia, i suoi affetti, il suo lavoro e il bisogno di festa; le sue fragilità e la sua responsabilità nella città, con una preferenza per le persone più deboli, più povere.
Oggi non si può partire dalla legge, ma dalla coscienza delle persone, che sia retta ed informata. Siamo chiamati a costruire dei percorsi di amore e di nonviolenza per creare relazioni nuove di gioia e di speranza”.
Se educare non basta
Educare la propria coscienza è importante per sconfiggere la prostituzione, ma non basta.
“È importante la prevenzione, però dove non arriva l’intelligenza educativa serve la legge – sostiene Paolo Ramonda -. Sono necessarie norme severe che impediscano di schiavizzare le donne, norme che controllino e fermino chi non usa l’intelligenza ma le parti animalesche della propria persona. Leggi comuni che aiutino la libertà ad essere se stessa e proteggano il debole dal sopruso del più forte.
Il fattore educativo, che nasce dalla coscienza, ha bisogno anche dei ’confini dell’amore’ come nell’educazione dei figli. Dobbiamo accoglierli ed amarli, ma anche guidarli e qualche volta fermarli e orientarli. Non si tratta solo di ’punire’. Se la coscienza non è retta, abbiamo bisogno di leggi giuste che siano applicate”.
Francesco Perez