UN PONTE CON LA STORIA Il Pio Manzù ha portato a Rimini i “grandi della Terra”: Kissinger, Bush, Gorbachev, Lady Diana, Ranja di Giordania e la star hollywoodiana
Lo sapevate che l’affascinante Sharon Stone è stata a Rimini?
Proprio così. Correva l’anno 2005.
Non solo. Anche Henry Kissinger, Mikhail Gorbachev, George Bush Senior, Lady Diana, Rania di Giordania, Helmut Schmidt e tanti altri “grandi della Terra” sono passati per la capitale delle vacanze balneari italiane. Lo hanno fatto da ospiti delle Giornate Internazionali Pio Manzù, tema di una delle puntate di ‘Un Ponte con la storia’, il format televisivo nato in collaborazione con IcaroTv, che racconta la storia riminese attraverso le pagine dell’archivio storico del Ponte. Quelle dedicate alle Giornate Internazionali sono davvero tante.
Cos’è, o meglio cos’è stato il Pio Manzù?
“Un’esperienza unica un po’ per la sua nascita ma anche per quello che ha rappresentato per Rimini e non solo”, spiega il conduttore Maurizio Ceccarini.
È il 19 settembre del 1971 quando a Rimini iniziano gli incontri internazionali organizzati dal Centro Pio Manzù, diretto da Gerardo Filiberto Dasi (nella foto in alto con l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini). Artista, intellettuale e appassionato d’arte, negli anni Sessanta dimostra il suo talento nel tessere relazioni e organizzare rassegne ed eventi, come la Biennale d’Arte di San Marino. Nel 1969 fonda il Centro Pio Manzù. Lo intitola al designer Pio Manzoni, cognome d’arte Manzù come il padre Giacomo, celebre scultore. Pio era scomparso a soli 27 anni, quello stesso anno in un incidente stradale.
In quei cinque giorni di ottobre, per oltre 40 anni Rimini, una piccola città di provincia, è stata fulcro del pensiero a livello mondiale. Le Giornate hanno ospitato una serie impressionante di personaggi di caratura mondiale, tra politica, economia, cultura e non solo. Oltre ai nomi, bisogna ricordare l’impegno nell’approfondire grandi temi dell’umanità e nel promuovere il dialogo tra culture e religioni, con un’attenzione particolare per il Medio Oriente.
Poche associazioni possono vantare la reputazione consolidata del Centro. Due “piccoli” esempi: l’Onu ha riconosciuto le ha riconosciuto lo status di organismo consultivo permanente, e la Rai per molti anni ha trasmesso in diretta dal Teatro Novelli la mattinata conclusiva.
L’ultima edizione, nel 2013. Il 12 ottobre del 2014 Gerardo Filiberto Dasi si spegne a 90 anni, poche settimane dopo aver annunciato il rinvio della 45esima edizione, che non si terrà mai più. All’inizio del 2016 la messa in liquidazione pone ufficialmente fine alla storia dell’Associazione centro ricerche internazionali Pio Manzù.
Tornando alla star hollywoodiana, l’ospite in studio di Ceccarini ha un aneddoto personale da raccontare. Si tratta del giornalista riminese Luigi Angelini, che ha seguito da vicino le vicende del Pio Manzù.
Per lo meno quelle degli ultimi anni.
“Un sabato, di prima mattina, mi chiamò Gerardo Filiberto Dasi e con il suo modo assolutamente accattivante mi disse, senza specificare che si sarebbe trattato di Sharon Stone, che una sua amica americana, a Rimini per le Giornate, aveva espresso il desiderio di visitare il Tempio Malatestiano.
Attraverso la Fondazione Carim, Dasi aveva ottenuto una guida esperta di arte, che era Alessandro Giovanardi. Aveva anche bisogno però di qualcuno che parlasse bene l’inglese. Io ero appena reduce da un’esperienza di lavoro negli Stati Uniti, quindi avevo confidenza con la lingua”, inizia il racconto Angelini.
“Mi presentai davanti al Duomo poco prima di pranzo, arrivò un corteo di auto e scese Sharon Stone. All’epoca avevo 30 anni e trovarmi faccia a faccia con la diva del momento mi provocò un certo turbamento. Comunque, svolgemmo la visita al Tempio Malatestiano. Alessandro Giovanardi spiegava, io cercavo di tradurre quel che era possibile. Ricordo molto bene che lei si fermò in contemplazione, in raccoglimento per una ventina di minuti buoni. Devo dire che aiutò molto, in quella circostanza, un altro fatto. Nel 2005 mio padre aveva aperto il suo ristorante a Los Angeles già da qualche anno e lei era una sua cliente. Poter chiacchierare anche di questa cosa e mi aiutò un po’ a gestire l’emozione”.
Ma non era finita lì. “Una ventina di giorni dopo, attorno al 20 di novembre, un’amica mi mandò un messaggio chiedendomi: ma tu cosa ci fai su Novella 2000 con Sharon Stone? Andai in edicola, presi il giornale e c’era un articolo sulla visita di Sharon Stone a Rimini con una foto di lei che ammirava alcune cappelle del Duomo e io di fianco”.
Come riuscì Dasi a creare quest’esperienza unica? “È uno dei grandi misteri che avvolgono il Pio Manzù”. In che senso? “È stata, a mio avviso, una combinazione di fattori. Sicuramente le persone: Gerardo Filiberto Dasi, Pio Manzù. C’è una terza persona che, a mio modo di vedere, ha un ruolo fondamentale in questa storia. Il suo nome è Gian Domenico Picco, padovano di origine, diplomatico di carriera negli anni Ottanta e soprattutto negli anni Novanta. Ha scalato i vertici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite fino a diventarne Vice Segretario Generale, quindi il numero due. Penso che lui fosse l’uomo delle relazioni, fosse colui il quale da New York riusciva a catalizzare l’attenzione di tante personalità sulle giornate riminesi”.
Come sei rimasto affascinato dal Pio Manzù? “Nella seconda metà degli anni 80, io avevo 13-14 anni, vivevo a un centinaio di metri dal Teatro Novelli e dal Grand Hotel che erano il fulcro delle Giornate”, ricorda Angelini. Luoghi che in genere, dopo la stagione estiva, si spengono per riaccendersi l’anno successivo. A rompere la monotonia era arrivato un certo punto il Pio Manzù. “Il primo segnale che stavano arrivando le Giornate erano questi grossi cubi bianchi di 4 metri per 4 bianchi con scritti i titoli assolutamente incomprensibili delle Giornate, sormontati dalle bandiere di vari Paesi e dell’Onu. Poi comparivano le camionette della polizia, veniva transennata tutta la zona. Si respirava una certa aria, dava l’idea che qualcosa di importante stesse per accadere”. E quindi, il piccolo Luigi “affascinato da questo movimento”, dopo la scuola prendeva la bicicletta e faceva 4-5 giri attorno al Grand Hotel per respirarsela tutta questa aria.
Perché quei titoli strani? “Non so…io non ne ho mai capito uno, nonostante frequentassi il Centro e Dasi. Però, i contenuti che emergevano dalle discussioni guidate da quei titoli erano affascinanti ed erano carichi di significati”. Per farsi un’idea, si parla di titoli come ‘Il cactus e l’orchidea’, ‘La talpa nel labirinto’, ‘Governare il megatrend’… “Da dove nascessero non lo so, devo dire la verità. Penso fosse un lavoro di squadra tra diverse menti”.