Il mondo in cui siamo abituati a vivere è frenetico e spesso capita che ci dimentichiamo qualcosa lungo il nostro percorso. Dalle piccole cose ad altre più importanti. È inevitabile, soprattutto in età adulta, poiché crescendo gli impegni aumentano e le giornate ci impongono di portare a termine decine di impegni togliendo spazio per stare veramente con noi stessi o con i nostri cari. Può capitare di non rendersi conto appieno di ciò che sta accadendo intorno a noi, tralasciando aspetti importanti delle nostre vite e di quelle di coloro che ci circondano. Accade, ad esempio, per quanto riguarda la vita dei giovani, soprattutto in tema di violenza.
Violenza giovanile, dati allarmanti
È ciò che emerge dalla denuncia dell’Osservatorio Indifesa realizzato da Terre des Homes e OneDay Group che ha portato a termine uno studio che ha coinvolto 10mila ragazzi e ragazze nella fascia d’età 15-19 anni. E che si può sintetizzare così: gli adolescenti non si sentono compresi dagli adulti su questo tema. A dirlo è il 74% degli intervistati che pensano che i grandi non prendano veramente sul serio le vittime di violenza. Un’accusa pesante per il mondo genitoriale, ma un fatto ancora più grave per l’universo giovanile, in cui serpeggia la paura della violenza e di essere lasciati soli di fronte ad essa. E, purtroppo, non è neppure raro assistervi. Tre giovani su dieci, infatti, dichiarano di aver assistito ad un episodio di violenza: il 46% a violenza psicologica, il 24% a quella fisica, il 20% in rete e il 10% a episodi di violenza sessuale. Dati sbalorditivi che si mischiano alla consapevolezza che in Italia esista la violenza, ma soprattutto la violenza di genere: infatti 9 ragazzi su 10 ammettono questo aspetto e oltre il 90% di questi ritiene che il contributo maschile sia fondamentale alla risoluzione del problema. Ciò che appare ancora più impressionante sono i luoghi in cui si portano a termine questo genere di azioni: la scuola, che con un 44% delle risposte si posiziona prima tra i luoghi in cui è possibile assistere maggiormente ad episodi di violenza; seguita dai social (28%), poi la famiglia o la coppia (22%) e infine lo sport (6%). Emerge quindi un discostamento sempre più netto tra mondo degli adulti e dei giovani, gli uni non comprendono gli altri, ma si sottolinea anche che i ragazzi si trovano a districarsi in una crescita connotata anche dalla violenza e dalla frustrazione di non essere ascoltati.
Cambiare mentalità per ascoltare i giovani
Una riflessione sul tema è quella che arriva da Fabio, 19enne di Cattolica, impegnato nell’ultimo anno di liceo.
Fabio, partiamo dalla tua esperienza. Hai mai assistito a un episodio di violenza?
“Per fortuna no, ho sempre fatto parte di un gruppo in classe e un gruppo di amici molto unito e questo tipo di cose non avvenivano. Però le storie circolavano, conosco ragazze a cui sono state rubate delle foto intime o altri che per anni hanno dovuto subire prese in giro senza sosta. Di violenze fisiche non ne ho mai sentito parlare nella mia cerchia, ma a volte quella verbale può fare lo stesso danno, se non maggiore”.
Cosa pensi del fatto che il luogo in cui si perpetua di più la violenza tra giovani è la scuola?
“È il luogo in cui i ragazzi passano il maggior tempo tra i 6 e i 19 anni, quindi in un certo senso è fisiologico, ma sicuramente ci sono colpe da imputare al sistema scuola”.
Ritieni che una volta accadessero meno violenze tra i giovani?
“Sono fermamente convinto che il numero di violenze una volta fossero anche maggiori, non c’era quella attenzione all’altro che si sta cercando di creare nel presente e per di più non se ne parlava. Esisteva una sorta di omertà e si preferiva far finire tutto nel silenzio, ora per fortuna si tende a reagire ed è per questo che molti atti di violenza vengono denunciati dai ragazzi”.
Meglio denunciare o far cadere nel dimenticatoio le azioni sbagliate?
“Mia nonna mi dice sempre che se qualcuno mi facesse mai un torto dovrei reagire col silenzio, così da non dare con la mia reazione la soddisfazione a chi perpetra questo genere di azioni. Questo è il riassunto del modo in cui si risolveva l’argomento all’età dei nostri genitori. È fondamentalmente sbagliato: sia per ci subisce violenza, che impara a stare in silenzio davanti ad ogni episodio spiacevole che subisce, ma anche per l’autore che arriva progressivamente a sentirsi intoccabile. Ora se ne parla, è molto minore lo stigma ed è più diffusa la volontà di parlarne, anche in famiglia o rivolgendosi a un professionista, come lo psicologo. Ma c’è ancora strada da fare”.
In che senso?
“Ancora alcuni genitori non prendono sul serio i propri figli quando vengono messi di fronte a situazioni di violenza che subiscono. Pensano che in confronto alle loro preoccupazioni queste siano solo scaramucce da bambini, ma è qui che si commette l’errore più grande. Si tratta di episodi che possono colpire nel profondo la crescita di un ragazzo, la sua sicurezza e la fiducia nei suoi coetanei e negli altri”.
I giovani quindi non vengono ascoltati dal mondo degli adulti?
“Il mondo si è evoluto e con lui anche la velocità è aumentata, si ha meno tempo per parlare e per confrontarsi. Anche i genitori, dunque, sono sempre di corsa e impiegano meno tempo nel dialogo con i figli, soprattutto nell’ascolto. I giovani di oggi sono diversi da quelli delle generazioni precedenti, siamo più sensibili ma allo stesso tempo insicuri e dunque anche un piccolo gesto che una volta poteva essere preso con una risata, ora ci fa male. Ci fa male ancora di più sapere che certe volte gli adulti non ci comprendono a pieno e personalmente questo è ancora più doloroso di una litigata con un coetaneo. Io non mi aspetto niente dagli altri ragazzi, ma dai miei genitori che mi devono insegnare la vita, sì”.
Cosa pensi dovrebbero fare gli adulti per comprendere meglio gli adolescenti?
“Gli adulti non devono immedesimarsi nel ragazzo che erano in giovinezza, ma devono pensare come un ragazzo di oggi, se veramente vogliono comprendere le problematiche moderne. Il dialogo e l’ascolto affonderanno sempre se continua questo errore. Gli adulti devono staccarsi dal pensiero ‘io alla tua età…’, questa frase non ha senso: i tempi sono cambiati e con loro il modo in cui si vive e si percepisce la vita”.
Federico Tommasini