Quell’abitudine presa nel pancione

    Vita prenatale non vuol dire solo diagnosi prenatale: nel pancione della mamma c’è un mondo tutto da scoprire. Affascinante e per lo più giustamente misterioso che fa dei 9 mesi non il preludio alla vita ma una fase della vita a tutti gli effetti, degna di rispetto e di valore. A questo tema era dedicato l’incontro Io prima di nascere. Desideri, sogno, memoria e dolore nella vita prenatale, promosso dai Movimenti per la Vita e Centri d’aiuto alla Vita della provincia di Rimini in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per la Pastorale della famiglia e della salute e con la collaborazione dell’Azienda Sanitaria Locale. Moderato dal dottor Nicola Romeo, Direttore di Neonatologia all’ospedale “Infermi” di Rimini, l’incontro ha visto la partecipazione di Carlo Bellieni, Neonatologo al Policlinico di Siena, di Giuseppe Battagliarin, Direttore di Ostetricia e Ginecologia del nosocomio riminese e di una coppia di genitori.

    Dottor Bellieni, dall’alto della sua esperienza ci può raccontare cosa accade all’interno della pancia della mamma in quella straordinaria avventura che dura nove mesi?
    “Al bambino arrivano molti stimoli sensoriali, indispensabili a forgiare il Sistema Nervoso Centrale, che si realizza con una forza centrifuga (secondo il suo DNA) e una centripeta (stimoli dall’esterno). Le interazioni esterne contano molto: un’eccessiva manipolazione o una nutrizione scarsa provocano danni fisici e alterano l’espressione del DNA. Il feto sviluppa presto i sensi: prima olfatto e gusto, poi udito e vista. Alla settima settimana compaiono attorno alla bocca i primi recettori per il tatto, che da qui si diffonderanno a tutto il corpo”.

    Ci sono evidenze scientifiche?
    “Uno studio sulla suzione di neonati i cui succhiotti erano collegati a un apparecchio di registrazione rivela che i bambini succhiano in modo diverso se sentono la voce della madre o un’altra. Questo perché si erano abituati alla voce già nella pancia. Un altro contava le smorfie del bambino di fronte a un abito della mamma e di un’altra persona: il comportamento cambiava perché riconosceva l’odore. Ma c’è di più: uno studio condotto su un gruppo di donne costrette a letto in gravidanza, dimostra che i loro bambini crescendo sviluppavano una tendenza al mal d’auto. I figli di donne che ballavano in gravidanza, invece, richiedevano di essere cullati più energicamente degli altri. Tutto si spiega con l’abituazione: il bambino si abitua agli stimoli che sente nella pancia. I bimbi, infatti, si addormentano in macchina perché il clima caldo e il movimento oscillatorio evocano le sensazioni prenatali”.

    Quali altre sensazioni può provare il bimbo all’interno del pancione materno?
    “A partire dalla ventesima settimana sente dolore.
    Pochi giorni fa l’Arkansas ha approvato una legge che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le 20 settimane; nei paesi dove è consentita, invece, il feto viene anestetizzato. Dalla ventesima settimana, i fasci nervosi provenienti dal corpo arrivano al talamo (base del cranio), che elabora sensazioni affettive come il dolore. La sensazione dolorosa diventerà cosciente quando le fibre nervose collegheranno il talamo alla corteccia cerebrale ma in ogni caso il dolore è già presente a quell’età. Inoltre, anche se nessuno può dirlo con certezza, ma è probabile che il feto sogni perché dopo le 30 settimane il suo tracciato elettroencefalografico rivela un’attività cerebrale pari a quella che si riscontra nel sonno REM degli adulti”.

    Sente dolore, ascolta, gioca: sentendola parlare viene da dire che il feto è un bambino a tutti gli effetti. Ritiene che gli venga dato lo stesso valore?
    “No, basta pensare all’uso che si fa delle parole «feto» ed «embrione». Il termine latino Fetus significa «cucciolo», indicava il bambino sia prima sia dopo la nascita. Embrione viene dal greco, letteralmente «colui che fiorisce dentro», il germoglio. Pare che gli antichi sapessero meglio di noi che non c’è differenza di dignità tra feto e neonato! Da quando l’embrione può essere manipolato, questo termine indica qualcuno che ha meno diritti degli altri. Distinguendo tra prima e dopo la nascita seguiamo una logica astratta e perversa: i bambini prematuri che curiamo in Neonatologia vengono toccati e coccolati anche a 24 settimane, età in cui sarebbero feti, eppure la legge li definisce cittadini perché nati, mentre gli altri feti non lo sono. Come dovremmo definire allora quelli che vengono estratti, operati e reinseriti in utero? Smettiamola di pensare che il feto sia un marziano. È un essere umano, ha il suo DNA, sente dolore, cerca la mamma ed esprime sentimenti”.

    A proposito di DNA, cosa ne pensa della diagnosi prenatale?
    “Ho scritto un volume sull’Etica della diagnosi prenatale: la diagnosi genetica è uno strumento, può essere utile o pericoloso. L’idea di entrare nella privacy del nascituro, contare i cromosomi e dire alla madre che a 30 anni si ammalerà non è etico, anzi ne può provocare la morte perché permette ai genitori di interrompere la gravidanza. Nessuno lo dice, ma migliaia di feti sani muoiono a causa di diagnosi prenatali come la Sindrome di Down, il loro numero supera le morti bianche. L’amniocentesi è consigliata dopo i 35 anni perché a questa età la probabilità di avere un figlio Down è 1/100. Non lo si fa mica nell’interesse della donna o del bambino! È un fatto di costi: la società preferisce perdere bambini sani pur di “annientarne” uno malato, per una ricerca esasperata e patologica della perfezione. Oggi non si concepisce che il bambino non sia sano, l’idea dominante è che la vita o è perfetta o non è vita, invece dolore e malattia ne fanno parte. Non è la gravidanza ad essere patologica, ma la tensione alla perfezione!”.

    a cura di Romina Balducci