Al Museo della Città c’è un luminoso dipinto che non è esattamente una Natività, ma che al centro pone Maria col Bambino dormiente: è una Sacra Conversazione, un dialogo silenzioso tra alcuni Santi, raccolti intorno al mistero della nascita del Verbo divino nella carne. Il cartiglio che, come un segnalibro, scende dalle pagine del prezioso volume sigillato, posto a sinistra sulla balaustra, appena sotto la solenne figura di un cardinale anziano – un san Girolamo barbuto e con le mani giunte in preghiera – porta la firma del riminese Lattanzio.
Sua è la Madonna col Figlio tra i santi Giovanni Battista e Girolamo che, prima di essere acquisita dalla Cassa di Risparmio di Rimini, ha compiuto un lungo periplo tra le più prestigiose collezioni europee (Lattanzio da Rimini, Sacra Conversazione, inizi XVI sec., olio su tavola, cm 56,6 x 74,7, Rimini, Musei Comunali). Non facilmente si legge il nome «Lactantius» cui segue il più chiaro «Arim/inen/sis» e altre tracce di una scrittura che il tempo ha lentamente abraso. Con la stessa inventiva del suo maestro Giovanni Bellini, il pittore riminese ha trovato un luogo umile ma rintracciabile per segnalare la paternità di un’opera le cui dimensioni sembrano destinate alla devozione privata o a un luogo di preghiera assai raccolto.
La firma umana e visibile discende letteralmente come una lingua di carta dal chiuso mistero di quella divina contenuta nel libro, quasi che a guidare il lavoro del pittore e a ispirare il suo sconosciuto committente fosse stata una pagina della Scrittura precisa o un verace commento a quest’ultima, forse raccolto dall’immensa opera esegetica di Girolamo. Più probabilmente si sottolinea il fatto che l’arte sacra discende filialmente dal Verbo divino, perché dona forme visibili alla parola celeste, e che dalla guida della Scrittura dipende l’opera del pittore e l’idea di chi ha richiesto l’opera.
Ma qui Lattanzio non sembra consacrarsi all’oratoria, seppur sobria, della parola biblica ed evangelica, non all’omelia, non al sermo, ma al silenzio. Il Cristo infante dorme con gli occhi appena socchiusi e verso di lui convergono gli sguardi a mezz’asta del Battista, della Madre e di Girolamo: non un solo sospiro sembra volare tra i quattro e l’eloquenza dei gesti sostituisce le parole.
Giovanni, il precursore indica, sostenuto dal cartiglio che recita tradizionalmente l’«Ecce Agnus Dei» (Gv. 1, 29), la Madre offre e rivela il Figlio, racchiuso nel suo sonno arcano e impenetrabile, Girolamo prega.
La Conversazione di Lattanzio riunisce infatti attorno alla Vergine Maria col Bambino sia Battista, sia san Girolamo, l’asceta, il padre e dottore della Chiesa, il traduttore delle Scritture dall’ebraico e dal greco nel latino sobrio ed efficace della Vulgata. Non si tratta ovviamente di noncuranza storica ma dell’intenzione simbolica di raccogliere in adorazione del Figlio due maestri dell’eremitismo cristiano: da una parte il Precursore, ultimo profeta prima di Cristo e primo tra i Santi; dall’altra il sapiente Girolamo, modello dell’umanista cristiano e insieme severo asceta delle lande desertiche della Siria, dell’Egitto e della Palestina.
Quest’ultimo è avvolto in solenni abiti cardinalizi perché la tradizione iconografica, a questa data, considerava per certo che Girolamo, segretario di papa Damaso, fosse cardinale. Il pittore ripercorre da sinistra a destra il movimento misterioso della Rivelazione divina dalla profezia al Vangelo, fino all’eredità dei santi Padri e Dottori. S’inizia così dal Battista, la «Voce di uno che grida nel deserto» (Mc. 1, 1-3; Gv. 1, 22-23), che predica in valli desolate l’avvento del Verbo, indicando la Parola fatta carne, ovvero l’Agnello di Dio.
Il Figlio è tenuto in grembo dalla Vergine e presentato su un cuscino candido, quasi come una reliquia o la stessa ostia immacolata sull’altare. La balaustra che divide e unisce la Madre di Dio e il Bambino dagli sguardi devoti non è solo una finestra prospettica: simboleggia, infatti, l’ara sacrificale.
Il Battista dimora dalla parte di chi contempla, ma anche le vesti di Maria, il cuscino, il corpo di Gesù si sporgono dalla balaustra verso chi guarda e prega, a renderlo partecipe del colloquio silente e del mistero. Il cerchio si chiude e riapre con Girolamo, raffinato umanista, traduttore e commentatore di quelle Scritture dove la Parola divina è stata custodita prima e dopo l’Incarnazione. Dalla Voce al Verbo e dal Verbo al commento; e dal commento alla contemplazione del Cristo infante, il Verbo nella carne, compimento delle voci profetiche. Girolamo in preghiera, è colui che continua lo sforzo spirituale verso Cristo, fulcro e perno della storia intera.
Malgrado la Conversazione, avvenga nella quiete assorta e contemplativa di un paesaggio nitido e chiaro, il Bambino con gli occhi semichiusi e le braccia raccolte sul corpo, evoca col mistero del Natale anche quello tragico della crocifissione e della morte terribile che precede la Pasqua di resurrezione.
Alessandro Giovanardi