Quei fondali dal fascino incompreso

    Dall’altra parte della maschera non ci sarà la barriera corallina australiana o l’acquario naturale del Mar Rosso, eppure anche sui fondali dell’alto-medio Adriatico è possibile vedere branchi di sportivi attrezzati di muta, pinne e bombola, a caccia di relitti e pianeti sommersi. Quello della piattaforma Agip Paguro, sprofondata nel 1965 al largo di Porto Corsini, nel Ravennate, in seguito ad un’esplosione, è oggi una delle principali mete di chi pratica attività subacquea anche da queste parti. Dalle ceneri di quella tragedia, che vide tra l’altro la morte di tre persone, in tutti questi anni è esplosa una nuova meravigliosa vita capace di attirare fino a quattromila sub ogni anno.
    I fondali riminesi, a sentire i 1500 sub che in provincia sono riusciti a conquistare dopo un corso tra gli abissi, l’agognato brevetto, non sarebbero meno ricchi di fascino. E da tempo le associazioni locali di subacquei, riunite, tentano di creare un parco sottomarino protetto “in casa”. Nel frattempo, la piattaforma del Paguro resta la principale attrazione nelle immediate vicinanze insieme a relitti più o meno noti, alcuni anche di recente scoperta come l’Isola delle Rose (13 metri di profondità), scovata un anno fa dalle pinne del Dive Planet di Rimini. Quando poi c’è tempo per escursioni subacquee più a lungo raggio, restano sempre le partenze per i fondali più rinomati: Isola del Giglio, Mar Rosso, Madagascar, Australia, solo per fare alcuni nomi.

    Parola di esperto
    “Anche in Adriatico e nella fascia emiliano-romagnola abbiamo punti straordinari, particolarmente ricchi di fascino”. Parola di chi, di escursioni in pinne e zavorra, se ne intende. Attilio Rinaldi, biologo marino e direttore della Struttura oceanografica Daphne che, giorno dopo giorno, monitora lo stato di salute dell’Adriatico, ha 1200 immersioni sulle spalle con una media di sessanta l’anno ed un record di profondità di 75 metri. “Ho iniziato a diciott’anni – ricorda – spinto da un’attrazione fatale verso l’acqua, e anche oggi che ne ho sessantadue riesco a difendermi bene”. Ci scherza sopra il biologo sub, prima di passare a raccontare con lo stesso entusiasmo dell’ultima spedizione negli abissi della Costa Rica, le meraviglie del suo mare. Chicche che Rinaldi ha immortalato nei suoi centinaia di scatti subacquei e alle quali ha dedicato anche un atlante, pubblicato da Mandragola due anni fa.
    Ma è sul relitto del Paguro che l’obiettivo della fotocamera sottomarina torna ad essere puntato. Rinaldi ha dedicato l’intero suo ultimo libro a questo artificial reef (scogliera artificiale), tra i trenta e i dieci metri di profondità, diventato nel tempo habitat prescelto per diverse specie marine. I primi abitanti sono stati mitili (cozze), ostriche, stelle marine, crostacei (astici, cicale di mare e granchi). “Si è creato così un primo substrato colonizzatore – spiega Rinaldi – che è stato poi sfruttato da molti altri organismi: boghe, saraghi, orate, ricciole e spugne sono alcuni dei pesci, rari nei fondali sabbiosi, che si possono ammirare più di frequente”.
    Una metamorfosi che ha permesso alla zona di diventare sito di importanza comunitaria e di tutela biologica richiamando da aprile a ottobre branchi di sub anche da altri paesi, Svizzera e Austria in prima linea.

    Un Parco per Rimini?
    Anche al largo delle coste riminesi presto potrebbe spuntare un secondo relitto, ma questa volta non in seguito ad una tragedia. “La Regione sta concludendo un accordo con l’Ente nazionale italiano per il turismo – anticipa Rinaldi – per creare un secondo reef davanti a Rimini. Dall’esperienza del Paguro si è visto che in pochi anni potrebbe attirare forme di vita straordinarie”. Quella della creazione, al largo della costa riminese, di un parco sottomarino, un’area protetta capace di fare la felicità dei sub nostrani e di attirare nuove nicchie di turisti, è in realtà una storia lunga. Molto lunga. Le associazioni sportive della provincia, concordi nel ribadire il fascino incompreso dei fondali riminesi, si sono riunite in un comitato ad hoc per la promozione e la creazione di un parco marino che, secondo il progetto, si dovrebbe articolare in un sistema controllato e gestito di aree protette, idealmente collegate tra di loro, che comprenda ambienti diversificati, tipo manufatti e scogliere, così da aumentare la biodiversità e l’interesse della gente. Dal comitato confermano quanto annunciato da Rinaldi: le trattative sarebbero in fase avanzata anche se, quanto agli aspetti più meramente tecnici non c’è ancora un progetto definitivo. Le ipotesi sono diverse: dall’utilizzo di relitti già esistenti come il peschereccio Benvenuto, a sei miglia dalla costa e 15 metri di profondità, o il vivaio sommerso Le Piramidi di Miramare, potenziato con altre piattaforme fino all’affondamento di scogliere artificiali.

    Nel frattempo…
    Dai relitti ancora fantasma a quelli che sui fondali riminesi già da tempo sono meta di altri sportivi in muta e bombola, come l’Isola delle Rose (a quasi 12 Km dalla costa riminese): tredici metri di profondità massima, un fondo coperto da sassi di fiume, pezzi di mura perimetrali, putrelle e boe di ferro, diventato culla di seppie, cavallucci marini, cannocchie e scorfani. Al di fuori dei relitti e dei fondali artificiali è la natura a offrire il suo spettacolo, spesso a portata anche dei turisti che di apnea preferiscono non sentir parlare. Attilio Rinaldi nel suo atlante cita alcuni dei punti più interessanti a non più di 500 metri dalla costa emiliano romagnola. La zona delle scogliere (60 Km su 130 di litorale) è una di queste, molto adatta anche per fare snorkeling, in superficie, con boccaglio al seguito, così come quella delle lagune. La Pialassa della Baiona, nel Ravennate, è un esempio ricco in appena tre metri di profondità di cavallucci, molluschi, crostacei e piccoli pesci. “Anche dove il fondale è sabbioso – conclude l’esperto – ci sono molte attività e molti organismi. Forse basta solo superare i pregiudizi”.

    Alessandra Leardini