Sabato mattina. Il sole deve ancora alzarsi, ma la fila davanti ai cancelli dell’ex mercato ortofrutticolo di Rimini è già bella lunga. Ci sono anziani, uomini e donne maturi, bambini, intere famiglie. Tutti in attesa che il mercatino del Campo Lavoro apra le sue porte. Tu stai lì in mezzo a loro e quello che ti colpisce guardandola è la sua esplosione di colori. Ci sono persone da tutte le parti del mondo. Da tutti i continenti. Tra loro ci sono anche tanti italiani e questa, forse, è la cosa che ti rimane più impressa.
“È la prima volta che vengo qui – racconta Anna, una signora di mezza età più vicina ai 60 che ai 50 – alcuni amici mi hanno detto che si fanno ottimi affari, soprattutto nella zona dei vestiti e delle scarpe”.
Un sospiro, il viso che arrossisce leggermente e gli occhi che si inumidiscono.
“Mio marito lavorava in fabbrica, a Sora, dove abitavamo fino a qualche anno fa, ma è stato licenziato perché l’azienda ha chiuso i battenti a causa della crisi. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati senza uno stipendio sicuro, sta cercando un’occupazione ma alla sua età nessuno lo assume. Io ho sempre fatto i servizi in casa e quindi qualche soldo lo rimedio, ma arrivare alla fine del mese è durissima perché le spese sono tante. E così oggi sono venuta qui per vedere di rimediare qualcosa”.
Poco più avanti c’è una famiglia di colore: Amir ha 42 anni, la moglie Ainka 35.
“Siamo originari del Senegal – dicono con un sorriso grande così e con un italiano quasi perfetto – ma abitiamo a Viserba da diversi anni. Il Campo Lavoro lo abbiamo conosciuto grazie a una coppia, genitori di un bimbo che va a scuola con nostra figlia. Sono già tre anni che veniamo per vedere se troviamo qualche giocattolo per i bambini: i soldi non sono tanti, tra cibo e spese varie arriviamo proprio al limite. Però con Ainka cerchiamo di mettere da parte sempre qualcosa”.
Proprio mentre stiamo parlando i cancelli del Campo Lavoro si aprono e la fila multicolorata inizia a dipanarsi lungo i vari mercatini mentre per noi è arrivata l’ora di indossare guanti, tuta e salire sul pulmino per la raccolta dei sacchi. Dopo tre ore in giro per la città, il ritorno al Campo e quel serpentone multicolorato sempre lì. Giusto il tempo di scendere, chiedere una bottiglietta d’acqua in Segreteria e ci si rituffa tra le storie di vita. Come quella di Inna, 54enne di Odessa, in Ucraina. Lei è laureata in Medicina, ma qui in Italia la sua pergamena non è riconosciuta. “Dovrei sostenere altri esami ma non ho i soldi necessari” dice rassegnata. Anna quest’anno non è venuta solo al mercatino, ma ha deciso di fare il salto della barricata e di diventare volontaria.
“Come sempre sono riuscita ad acquistare diversi vestiti che poi spedirò ai miei familiari, ma quest’anno ho deciso di dare una mano e devo dire che queste prime ore sono state una grande sorpresa. Si lavora con il sorriso sulle labbra consapevoli di essere magari una piccola goccia in un grande mare, ma allo stesso tempo di aver dato una mano”.
Francesco Barone