Quando dalla morte possono rinascere diverse vite. Uno slogan che fino al 29 settembre del 1994 in pochi conoscevano. A Rimini, come nel resto d’Italia. Ma quel giorno qualcosa è cambiato. Perché quel giorno, sull’autostrada che unisce Salerno a Reggio Calabria, due assassini misero fine alla vita del piccolo Nicholas Green, di otto anni appena, in Italia con genitori e sorellina per trascorrere le vacanze. Una morte che sconvolse l’Italia anche perché i genitori chiesero all’ospedale di poter donare gli organi del piccolo Nicholas. Organi che furono donati a quattro adolescenti e altri due riacquistarono la vista grazie al trapianto delle sue cornee. Da quel giorno di settembre a oggi, tanta strada è stata percorsa, tante donazioni sono state effettuate. Rimini, per esempio, è impegnata in prima linea, basti pensare che dal primo gennaio sono stati accertati nove casi di morte encefalica che hanno portato a quattro prelievi di organi, tre dei quali solo la scorsa settimana. Di questi, due sono avvenuti addirittura in contemporanea, grazie alla collaborazione tra i medici dell’Ausl di Rimini e l’equipe del Centro Trapianti di Bologna.
Che cos’è il trapianto
Ma che cosa s’intende per trapianto d’organi? Il trapianto è la sostituzione di un organo ammalato con un organo sano. Perché ciò avvenga è necessario il prelievo da soggetti di cui sia accertato lo stato di morte encefalica e che abbiano manifestato, in vita, la volontà di donare e, comunque, su autorizzazione dei familiari. Per molte persone affette da patologie progressive e incurabili, il trapianto rappresenta l’unica possibilità di guarigione e il fatto che le liste d’attesa siano ancora molto lunghe, fa riflettere: bisogna puntare di più sulla cultura della solidarietà.
Una corsa contro il tempo
Un’azione importante di sensibilizzazione alla donazione di organi e tessuti è avvenuta lo scorso maggio con la settimana della donazione, anche se, come afferma il dottor Fabio Bruscoli, coordinatore locale per i trapianti, “non è possibile, a breve termine, stabilire gli effetti di campagne come questa, che intendono modificare un clima culturale, cosa quanto mai complessa e articolata: non si sa quanto sia efficace in termini di aumento di donatori”.
Rimini, comunque, è in linea con le aspettative.
“Ci aspettiamo all’incirca 10 donatori all’anno e al momento sono già nove. Per ogni atto donatorio nel giro di 24 ore si mobilitano 150-200 persone in mezza Italia. Questo impatta fortemente le attività standard dell’ospedale, sia per quanto riguarda le sale operatorie sia per le unità di Rianimazione. L’Ausl di Rimini sta rispondendo bene a questa situazione, riuscendo a garantire insieme la chirurgia d’espianto e le prestazioni standard“
In tema di trapianti, comunque, la difficoltà maggiore non è tanto il rischio operatorio, dal momento che le tecniche chirurgiche attuali scongiurano particolari problematiche.
“Oggi ad esempio, non c’è più un limite d’età per la donazione degli organi, purchè questi siano in ottimo stato. A dimostrazione del fatto che l’età anagrafica non pregiudica il buon esito del trapianto, basta ricordare che l’anno scorso, a Rimini, sono avvenute due donazioni limite: una da un signore di 95 anni e l’altra da un bambino di un anno”.
Il problema del tempo
E neanche il rigetto spaventa più, poiché la maggior parte dei pazienti sopravvive a lungo dopo il trapianto e le attuali terapie antirigetto sono in grado di consentire una vita pressoché “normale”. Il problema principale, invece, sarebbe legato alla prontezza con cui vengono riconosciuti i casi di probabile morte encefalica e di conseguenza l’avvio in tempi utili delle procedure di accertamento della morte e la mobilitazione dei centri trapianti. Il tempo, in questi passaggi delicati ma sorretti da centinaia di persone, gioca un ruolo fondamentale.
Diventa perciò particolarmente importante l’attività dei Reparti di Rianimazione: a loro il delicato compito di riconoscere o sospettare i casi di morte encefalica, autorizzarne l’accertamento e dare l’avvio a quella “catena della solidarietà” che segna le tappe di un trapianto.
Le tappe
Ma quali sono le tappe che portano alla donazione d’organi? Nel momento in cui l’unità di Rianimazione riscontra un caso di probabile donazione, avverte l’unità ospedaliera che dispone l’accertamento della morte encefalica. Un’operazione lunga, regolata dalla legge e compiuta da anestesista, neurofisiopatologo e medico legale. L’osservazione ha una durata variabile in base all’età del soggetto: 6 ore per gli adulti e i bambini di età superiore a 5 anni; 12 ore per i bambini tra 1 e 5 anni e 24 nei bambini di età inferiore a 1 anno. Nel frattempo viene avvertito il Centro Trapianti Regionale (Modena, Bologna e Parma), poi quello interregionale, nazionale o, se necessario, estero. Il Centro trapianti, a sua volta, attiva i professionisti d’equipe chirurgica, i mezzi di trasporto su cui viaggeranno i chirurghi, le sale operatorie dell’ospedale di destinazione, nonché il probabile ricevente, che viene allertato e invitato a raggiungere la struttura ospedaliera. A questo punto, se viene accertata la morte encefalica, i medici d’equipe parlano con la famiglia del defunto per verificare l’effettiva volontà alla donazione. Solo allora, in caso di effettiva e condivisa decisione alla donazione, si procede all’espianto, che viene di norma effettuato di concerto dai medici dell’ospedale di Rimini e da quelli dell’equipe del Centro trapianti. L’organo, o più spesso gli organi (ne vengono prelevati più di uno), verranno attentamente valutati e se idonei, trasportati al Centro regionale dove avverrà il trapianto.
Un trapianto è quindi un atto complesso, orchestrato da una regia precisa dove ogni personaggio ha la sua funzione esatta e nessuno può permettersi di sbagliare. Un atto che è insieme drammatico e carico di speranza, i cui protagonisti sono il donatore e il ricevente. Figure che vanno tutelate entrambe: il donatore attraverso il rispetto della sua volontà, il ricevente attraverso l’assicurazione di un organo sano.
Romina Balducci