Ci sono imprese che pensano solo agli utili e altre che uniscono l’utile all’etico. Nova Somor è una giovane realtà imprenditoriale riminese nata nel 2014 grazie ad un crowdfunding (la ricerca di finanziamenti attraverso la Rete) che si occupa di realizzare pompe solari. Una vecchia tecnologia – come si legge nel loro sito – interrotta per 50 anni dalla follia e dalle illusioni del consumismo. Una loro applicazione? Sollevare l’acqua dai pozzi utilizzando la sola energia del sole senza ricorrere ad elettricità o carburanti. Dunque, zero emissioni di anidride carbonica. Una tecnologia che si sposa perfettamente con le esigenze di quelle aree del mondo in cui la raccolta dell’acqua è particolarmente critica. Per questo, nella loro recente storia hanno già ricevuto diverse richieste di collaborazione da parte di missionari e Ong di tutto il mondo, dall’Africa all’Australia passando per Panama. Questi “vanno in cerca di fotovoltaico, solo che nei paesi aridi e caldi i pannelli si surriscaldano e non lavorano bene – spiega il presidente dell’azienda, Giordano Mancini – per questo i nostri dispositivi si sposano bene con le loro esigenze”.
Mancini, Nova Somor è registrata alla Camera di Commercio con la qualifica di “startup innovativa a vocazione sociale”. Cosa significa?
“Vuol dire che al centro delle nostre politiche aziendali c’è l’etica. Attenzione: non siamo un ente no-profit che svolge volontariato, però il nostro è un ‘social business’. Partiamo dalla consapevolezza che è importante domandarsi quale mondo lasciare ai propri figli. Oggi come oggi stiamo dando in eredità un pianeta consumato, in difficoltà finanziarie e con scarsa occupazione. Il contributo che possiamo dare dal nostro campo operativo è quello del rispetto per l’ambiente”.
E come lo fate?
“Stiamo avviando un’area della nostra attività dedicata al sociale. Missionari e Ong spesso non hanno il denaro per fare interventi importanti per la sussistenza dei contesti in cui operano. Per questo vogliamo offrire un servizio di incrocio domanda-offerta tra queste realtà e i possibili sponsor dei loro progetti (aziende, benefattori, fondazioni) affinché questi ultimi finanzino la fabbricazione e l’invio delle nostre eliopompe. Inoltre faremo il massimo sconto possibile sul prodotto”.
Avete già preso contatti?
“Diversi! A breve lavoreremo con una scuola per orfani a Kampala, in Uganda. Siamo venuti a conoscenza di questa realtà ad Ecomondo <+cors>(la recente fiera delle imprese ecosostenibili svoltasi a Rimini, ndr)<+testo_band> e stiamo già lavorando alla ricerca di risorse. Il nostro obiettivo è quello di collezionare una serie di progetti da promuovere sul nostro sito internet invitando tutti i benefattori a consultarli. Fanno parte del nostro target anche i piccoli agricoltori che hanno bisogno di migliori strumenti per lavorare. Questi nel mondo sono 500 milioni e da soli danno da mangiare a circa 5 miliardi di persone. Gran parte dell’alimentazione mondiale dipende, infatti, da contadini che coltivano la terra per sé e per poche altre persone. Un modello sostenibile su cui bisogna saper investire”.
Non è difficile lavorare da Rimini a progetti così lontani?
“Il primo problema è la comunicazione. Capita che i locali non parlino inglese, quindi la raccolta di informazioni è talvolta piuttosto lenta. E poi c’è una criticità legata alle dogane dei paesi africani, specialmente in Etiopia, in cui spesso i materiali inviati vengono rubati. Dopotutto ci rapportiamo con paesi poveri e prodotti come i nostri fanno gola”.
Qual è il vantaggio del fare impresa a Rimini?
“Per il nostro settore c’è tutto attorno una filiera importante. A Rimini e nei suoi dintorni il tessuto produttivo, seppure in affanno, è ancora effervescente dal punto di vista della meccanica. Questo è un distretto importante per macchine come quelle per la refrigerazione. Noi infatti compriamo pezzi da diversi produttori locali e li assembliamo fornendo un progetto e un prodotto tutto made-in-Italy”.
Il futuro sarà sempre più “green”?
“Saremo costretti ad essere sempre più green. Ci siamo regalati un paradiso di libertà in cui si possono avere fragole a Natale. Ma non si potrà andare avanti così in eterno: questo non è un modello sostenibile. Stiamo divorando il futuro dei nostri figli”.
Mirco Paganelli