Xyu Yang, parla correttamente l’italiano, studia all’Università di Rimini, e in città è perfettamente a suo agio. Lyn è timida, si esprime con fatica ed è impegnata tutto il giorno. Xyu e Lyn sono due facce della stessa medaglia: i figli della Grande Muraglia emigrati a Rimini. Una comunità che per numero è la terza forza straniera della provincia, con 1.339 persone (pari al 6.8% degli stranieri residenti). A questi vanno poi aggiunti i circa 500 residenti nel Rubicone, altra provincia ma stessa Diocesi, con una grande (e storica) concentrazione a Savignano.
Come si integra questo esercito dagli occhi a mandorla all’ombra dell’Arco d’Augusto e lungo la riviera? Quali occasioni di incontro mette in campo Rimini per questi stranieri? “L’80% dei cinesi emigrati a Rimini proviene dalla provincia del Ze Jhan, della regione di Shangai, ma si tratta di una zona di campagna e montuosa. Hanno età media di 35-38 anni e una bassa scolarizzazione. A Rimini inseguono un sogno: lavorare, nella speranza di costruirsi una casa e far studiare i propri figli”. Shi Shio Mien ha 50 anni, 27 dei quali trascorsi proprio nella capitale delle vacanze, prima studente, poi moglie (è sposata con Giuseppe Tomaselli) e imprenditrice. “Ho iniziato aprendo un negozio, altrimenti che cinese sarei?”ci scherza su. Proveniente dall’isola di Brumosa, oggi è interprete per l’Ausl e mediatrice culturale tra la Caritas diocesana e la comunità di Montetauro. E ovunque ci siano cinesi da iutare. “Sono spinti dalla situazione economica: in Cina guadagnano 100 euro al mese quando qui posssono arrivare a 1000″. La maggior parte di loro non parla italiano e ha difficoltà ad avere rapporti con la città. Mantengono il legame con il paese d’orgine inviando i figli periodicamente da nonni e parenti, specie quando non hanno sostegno familiare in loco. E così i cinesi di seconda generazione crescono poco italiani e troppo poco cinesi. Ma per favore non parlate a Shi Shio Mien di integrazione: “non si fa nulla, manca un vero progetto”.
Il primo contatto reale con la realtà riminese i cinesi ce l’hanno con la scuola. Lo confermano anche le statistiche. Secondo i dati della Provincia, sono 57 i piccoli cinesi iscritti alla scuola primaria, numero che sale a 66 nella secondaria di primo grado e ulteriormente cresce nella secondaria di secondo grado: 83. In totale sono 206 gli alunni e studenti con gli occhi a mandorla, come gli ucraini, poco meno dei rumeni, secondi solo agli albanesi 8800). “Sosteniamo i bimbi a scuola anche con la mediazione culturale” assicura suor Paola. Insieme al responsabile padre Giuseppe, si occupa della comunità cinese. Il primo cinese venne accolto a Montetauro nel 2000: due anni dopo si è battezzato, ora è sposato, con tre figli. Ora sono una trentina i connazionali che gravitano.
I miei figli? Parlano romagnolo. Sono traditi solo dai tratti orientali, altrimenti potrebbro essere scambiati per riminesi”. È fiero, Zhou Zhong Xing, quando parla dei tre figli, lui cinese sbarcato nel riminese 18 anni fa. Vive a Cattolica (dove risiedono circa 150 connazionali) ma opera a Rimini. É il referente dell’Associazione Generale di Commercio Italo-Cinese: nata nel 2000 che si occupa di fornire aiuto e informazione ai cinesi ma anche agli italiani che intendono commerciare con l’Oriente.
Ci provano anche loro, i cinesi. Per esempio, organizzando associazioni come Arcobaleno di Riccione o Itaia-Cina fondata proprio da Shi Shio Mien. Oppure l’associazione Generale di Commercio Italo-Cinese che offre informazioni e promuove qualche corso di lingua e feste. Montetauro opera secondo quattro direzioni: insegnando ai cinesi l’italiano, ricongiungendo le famiglie, integrando i bambini e trovando loro lavoro nelle aziende italiane, così da garantire più tutela e orari consoni. Dal 2003 gestisce il Centro Italia-Cina a Savignano. E i frutti cominciano ad arrivare. “Da due anni la comunità cinese partecipa con bandiere e canti alla Messa dei popoli, in cattedrale. – prosegue suor Paola – Nel teatro di San Mauro è andata in scena una rappresentazione natalizia bilingue. I giovanissimi della parrocchia di Montetauro alla domenica vanno a giocare coi coetanei cinesi a San Nicolò o al Villaggio Primo Maggio, dove c’è l’intenzione di aprire un altro fronte di missione. E in luglio, durante l’ultima settimana del centro estivo di Savignano, i ragazzi cinesi vengono accolti in famiglie italiane”. C’è chi pensa positivo. L’integrazione non è utopia.
“Occorre impegnarsi in modo costruttivo e costante. E rendersi conto che il fenomeno non rimane sempre uguale a se stesso, è mutevole e con esso dobbiamo mutare anche noi”.
A. De Rubeis/P. Guiducci
Quei fratelli dagli occhi a mandorla
Gli stranieri? Un esercito, una “risorsa” secondo il vescovo Lambiasi, a cui la Chiesa riminese volge il suo sguardo. E offre una mano concreta. A partire dalla comunità cinese, una comunità forte, ancorata alla propria cultura, alle proprie usanze, e poco aperta. “Abbiamo nominato un sacerdote cinese perché possa operare tra i connazionali residenti in Diocesi” ha annunciato mons. Lambiasi. Si tratta del 35enne don Xia Xian Xiao, “italianizzato” in don Giuseppe. In Italia da circa sei anni, in precedenza ha studiato a Roma; attualmente celebra Messa nella parrocchia di Montetauro e presta il suo servizio a Savignano e alla Caritas diocesana. La scelta testimonia dell’attenzione pastorale verso una comunità importante e in grande crescita, la terza per numero in provincia.
“I cinesi residenti a Rimini sono davvero tanti, e incontrandoli li ho trovati molto più disponibili di quel che pensassi. – ammette il delegato vescovile, monsignor Aldo Amati – Di loro ben pochi sono cattolici”. Qualche segnale sul fronte pastorale però comincia ad arrivare: ad esempio, il battesimo di una signora cinese avvenuto nella scorsa notte di Pasqua, che ha seguito altri battesimi amministrati in precedenza. Ed ora altri candidati si stanno preparando per ricevere il sacramento.
“Attualmente sto preparando catechismo a quattro adulti e ad un bambino di 10 anni: – spiega don Giuseppe Xiao – saranno battezzati dal vescovo in Cattedrale durante la veglia pasquale. Un altro gruppo di 8 adulti si sta preparando per il prossimo anno”.
Il polo di aggregazione più importante per la pastorale con gli occhi a mandorla è Montetauro, grazie all’attività della “Piccola Famiglia dell’Assunta”. La comunità dossettiana da anni lavora in parrocchia e a Savignano con un doposcuola organizzato all’istituto “Don Baronio” per bambini e ragazzi cinesi, organizzando anche tornei di ping pong tra cinesi e italiani. Ci sono poi altre iniziative di integrazione che riguardano gli adulti, come corsi di lingua e aiuto nell’assistenza nelle pratiche burocratiche.
“Il doposcuola lungo” è invece l’esperienza in atto presso la Caritas diocesana. “Ogni mercoledì dalle 14 alle 18.30, un responsabile e un gruppo di volontari (studenti delle scuole superiori) aiuta nei compiti un gruppetto di venti bambini e ragazzi cinesi”fa sapere il direttore don Renzo Gradara, oltre a mettere in campo attività ricreative e a prendere la merenda insieme. Don Giuseppe, poi, insegna la lingua madre. I problemi però non mancano. “Il contatto con le famiglie è sporadico, e la comunicazione è uno scoglio non di poco conto, oltre agli impegni pressanti di lavoro degli adulti”puntualizza don Xiao. “Il sogno – prosegue mons. Amati – è quello di aprire a Rimini una missione per cinesi”, una vera e propria stazione missionaria, luogo di incontro e accoglienza. (p.g.)