Il grande Federico Fellini una volta ha detto: “il cinema non ha bisogno della grande idea, degli amori infiammati, degli sdegni: ti impone un solo obbligo quotidiano, quello di fare”.
Fare. Concretizzare. Realizzare. Chi meglio di un regista del suo calibro potrebbe avere più ragione? Non resta che fidarsi.
E quindi come si potrebbe seguire il suo consiglio? È quello che ha cercato di fare Pupi Avati – regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore.
Il regista biolognese, quand’era direttore della Fondazione Fellini, aveva già proposto di costruire, inventare una scuola specifica e tecnica di cinema, proprio qui a Rimini, città che tanto avrebbe da offrire a chi ha fame di grandi schermi e di set cinematografici.
È il 2005 quando per la prima volta lancia la proposta.
Un dolce amo a cui non abboccherà nessuno. Oggi, dopo diciassette anni, riproponiamo l’idea (vedi il Ponte del 16 gennaio) che in verità non ci sembra affatto peregrina.
Per questo siamo tornati a parlare con lui.
“Non è successo niente. La mia idea non è stata condivisa, accolta – rimbecca Pupi Avati – So che Rimini è una città complicata, io stesso sono stato direttore della Fondazione Fellini e quindi la conosco molto bene. So di tutte le sue turbolenze, so che è una navigazione macchinosa e non è facile portare a termine le cose. Già è un miracolo che si siano concretizzati il cinema Fulgor – che è un capolavoro – e il museo. Rimandi al grande regista davvero belli, ma che si fermano qui.
Cioè mi sembra che la situazione sia piuttosto parassitaria, nel senso che si specula sulla figura di Fellini dando il nome all’aeroporto, alle piazze, ma non c’è niente di vivo, di attivo che guardi in avanti. Quello che anni fa avevo proposto, invece, avrebbe rianimato e movimentato l’intera città”.
Qual’era la sua idea originaria?
“Avevo in mente un luogo, una scuola specializzata di tecniche del cinema che avrebbe raccolto molti giovani, provenienti da ogni parte dell’Italia e del mondo. Giovani che avrebbero potuto trovare un’identità professionale attraverso una vera e propria esperienza concreta. Non sarebbe stato un semplice ‘visitare delle vetrine’, insomma. Era un’idea che aveva i piedi nel presente, ma il pensiero al futuro. L’unica cosa che si è concretizzata è il premio di Confindustria Romagna ‘ Cinema e Industria’, di cui sono il presidente di giuria, che mira a premiare non solo il prodotto dell’ingegno, ma la persona, con una particolare attenzione ai giovani e a chi ha saputo esportare e dare lustro al territorio. È sicuramente un passo verso la direzione giusta, ma ancora insufficiente”.
Una scuola dunque che avrebbe voluto smuovere le acque del ‘dietro le quinte’, mostrare il celato, formare nuovi giovani tecnici….
“In Italia non esiste alcuna accademia di cinema prettamente tecnica. Forse solo una, a Roma: l’Accademia Griffith. In questa ipotetica
scuola, totalmente diversa dalla tipologia più teorica come il Dams, gli studenti avrebbero potuto maturare un’esperienza nei ruoli più subalterni, che però nel cinema e nella televisione sono molto importanti. Adesso poi le tecnologie si sono molto raffinate con il digitale. Il lavoro del cinema è diventato qualche cosa di ancor più impegnativo, non è più soltanto spingere un carretto e piantare dei chiodi a terra. È qualcosa di più. Più difficile da apprendere e quindi di conseguenza più difficile da insegnare.
Occorrerebbe un corpo docenti costituito da persone qualificate che davvero abbiano svolto questo mestiere, non di persone che siccome non sono riuscite a piazzarsi in un posto fisso, allora si ritrovano ad insegnare”.
Rimini potrebbe essere terreno fertile per questo progetto, sia per quel che significa nell’immaginario italiano, sia per rendere un miglior servizio alla memoria di Fellini.
Bisogna però avere volontà e spirito d’iniziativa, come pare che ne abbia avuta Giovanni Minoli, commissario straordinario della Calabria Film Commission, che ha saputo coinvolgere Regione Calabria ed Europa in un progetto di costruzione di studi cinematografici a Lamezia Terme.
E Rimini, che ha cultura cinematografica, giovani registi emergenti ed un debito con uno dei geni della cinematografia mondiale, che fa? Non dobbiamo davvero spostarci troppo, aper avere gli stimoli giusti. In fondo anche Federico Fellini lo diceva: “ In America continuano a rivolgermi inviti, a offrirmi somme da capogiro, ma perché dovrei andare fuori? Non ho bisogno di stimoli esteriori: il mio paese, le mie campagne, la gente che conosco è ancora sufficiente a stimolarmi, che ci vado a fare a New York o Bangkok? Sono un pessimo viaggiatore, quando viaggio tutto diventa un caleidoscopio di colori e di suoni, non capisco nulla, torno sempre con un dettaglio inutile o straziante”.
Martina Bacchetta