Tre province diventano una. Ma la nuova Romagna modellata secondo i criteri di riordino del Governo Monti, non mette tutti d’accordo. E quando lo scontro entrava nel vivo, l’esecutivo ha rimodellato i termini della questione: via soppressione dentro riordino. Curiosamente, contrari e favorevoli sono bipartisan. La prima preoccupazione che interroga Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini riguarda le funzioni del nuovo ente, troppo limitate secondo i detrattori. “I centri per l’impiego, le scuole superiori, la formazione, il trasporto per l’handicap, i piani sovraordinati di urbanistica, l’agricoltura che fine faranno?” si domandano in coro il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e il presidente della Provincia Stefano Vitali, entrambi Pd. In particolare Il presidente Vitali, possibilista fino a qualche tempo fa sulla provincia unica romagnola, all’indomani dell’annuncio del Governo sul riordino è più che mai critico. Nel mirino il metodo utilizzato e il futuro troppo incerto per il nuovo ente. “Il Governo cancella la provincia di Rimini senza spiegarci che fine faranno le aziende partecipate per noi strategiche come fiera, palacongressi, aeroporto e università. – è il j’acuse di Vitali – Ci taglia 9 milioni di trasferimenti in due anni, senza fare complimenti. Eppure si prende la briga di stabilire che il nuovo capoluogo della provincia di Romagna – che ancora non esiste – sarà Ravenna”. È solo un rigurgito di campanilismo, o la paura degli amministratori riminesi è concreta? In realtà, sul capoluogo non c’è certezza. Una postilla al decreto individuerebbe il capoluogo futuro nel comune delle province accorpate che conta più abitanti. In questo caso la scelta cadrebbe su Ravenna (391mila abitanti), mentre Forlì e Cesena solo insieme raggiungono le 395mila unità mentre Rimini si ferma a 329mila e 863 kmq. Nessuna delle tre, in ogni caso, risponde in toto ai criteri fissati dal Governo per proseguire la “corsa” in autonomia. Le nuove Province eserciteranno competenze in materia ambientale, di trasporto e viabilità: le altre competenze passeranno ai comuni.
Chi esulta invece alla notizia della provincia unica di Romagna è il sindaco Pd di Forlì Roberto Balzani. “Si realizza un’ipotesi che sostengo da anni. – è il commento del primo cittadino, storico e docente all’università – Si arriva alla creazione di un luogo di governo delle politiche di area vasta, fino ad oggi considerato impossibile a causa della natura ineluttabilmente municipale dei romagnoli”. Perchè non sia solo ingegneria amministrativa il cammino da fare è lungo: c’è da incrementare la conoscenza tra i territori e favorire comportamenti cooperativi tra le città. Esultano i parlamentari Pdl Giancarlo Mazzucca e Sergio Pizzolante. “Consente ai romagnoli di unire le forze, è una sfida per far contare di più la Romagna a Bologna, Roma e Bruxelles. – dicono i due deputati – Invece di litigare sul capoluogo, occorre convocare gli Stati generali per costruire un profilo strategico unitario della Romagna”. Nel Pd regna la confusione: a Gnassi e Vitali col pollice verso, fa riscontro la segretaria del partito Emma Petitti, firmataria con gli altri “colleghi” romagnoli di un documento favorevole.Polemica la Lega Nord: “creerà solo confusione, pochi risparmi e conflitti su chi deve fare cosa” è la posizione del segretario provinciale del Carroccio di Forlì-Cesena Jacopo Morrone.
Provincia unica di Romagna o riordino di quella riminese, tutti e 27 i sindaci del riminese lanciano un appello: salvaguardare gli sforzi fatti. Il futuro assetto istituzionale deve garantire – secondo il presidente della Provincia e i sindaci – la salvaguardia delle peculiarità e degli sforzi fatti negli anni dal territorio. E il dibattito non sia lasciato alla sola politica, ma coinvolga anche le categorie economiche.
Paolo Guiducci