Un giorno temperature in picchiata, il giorno dopo la primavera che ritorna. Ottobre è stato un mese traditore e fra gli italiani si sono moltiplicate le vittime di raffreddore, tosse, febbriciattola e mal di gola. Questa settimana i connazionali a letto sono stati circa 250mila, e altrettanti casi si attendono nei prossimi 15 giorni. Risultato: entro fine mese circa 500mila abitanti della Penisola saranno stati messi in ginocchio dai virus parainfluenzali. Naturalmente anche la provincia riminese rientra in questa casistica. Pensare che non è ancora la vera influenza, ma le prove generali dell’epidemia invernale sono certamente in corso. Il bilancio arriva dagli esperti dell’Anifa, l’Associazione nazionale dell’industria farmaceutica dell’automedicazione.
“Non chiamatela influenza!”, è l’appello corale di Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano e di Mario Bussi, docente di Otorinolaringoiatria all’università Vita-Salute San Raffaele e direttore dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria all’Irccs meneghino. L’Australiana vera e propria, ossia l’autentica influenza 2008-2009 che si prevede particolarmente cattiva a causa dei tre nuovi ceppi virali responsabili, “non si paleserà prima della fine di novembre” assicurano gli specialisti. I sintomi di questi giorni sono piuttosto legati all’autunno ballerino e “causati da un variegato cocktail di virus parainfluenzali: rinovirus, adenovirus e coronavirus”, elenca Pregliasco. “Particolarmente difficili da distinguere l’uno dall’altro”, aggiunge il virologo, e a volte confusi con l’influenza dagli stessi camici bianchi.
“Nel 75% dei casi la diagnosi è però corretta”stima Bussi, ricordando che “per parlare di influenza reale bisogna trovarsi in presenza di febbre alta abbinata a problemi respiratori e a disturbi generalizzati come dolore o stanchezza patologica”. Al contrario, se il termometro segna appena poche linee di febbre e sugli altri acciacchi prevalgono le difficoltà respiratorie, “allora si tratta di parainfluenza”, precisa. Quasi 250mila italiani già malati d’autunno, dunque. “Niente antibiotici, perché nel 98% dei casi l’esordio di queste forme è di natura virale” ammonisce Bussi. Per evitare ogni spreco di risorse, e per scongiurare la nascita di nuovi superbatteri resistenti ai farmaci, “l’antibiotico va utilizzato sempre su prescrizione medica e solo se in un secondo momento insorgono complicanze di origine batterica”. Il modo migliore per contrastare gli attacchi dei virus parainfluenzali resta invece “un trattamento sintomatico, basato su un’automedicazione responsabile coadiuvata dal farmacista”, concordano gli esperti. Un approccio che, secondo una recente indagine Eurisko, viene adottato da tre italiani su 4 per gestire tutte le piccole patologie facilmente riconoscibili. Gestibili almeno per 4-5 giorni senza l’intervento del medico, usando farmaci senza obbligo di ricetta ben noti e già assunti in passato. Con buona pace del ministro Brunetta, sempre la ricerca Eurisko dipinge poi un’Italia di stakanovisti: il 71% dei connazionali ricorre ai medicinali da banco per tenere a bada il malessere e salvare le performance sul lavoro. Un’abnegazione che tuttavia non sempre paga, avvertono i medici. “Voler azzerare i sintomi è un po’ fare il gioco del virus – riflette Pregliasco – perché così facendo rischiamo di mascherare eventuali complicanze e di tarpare le ali ai meccanismi che il nostro organismo mette spontaneamente in campo per reagire all’aggressione esterna”.
Via libera quindi, ma con saggezza, ad antipiretici, antinfiammatori, analgesici, antistaminici, antisettici, mucolitici per sciogliere la tosse secca o sedativi per attenuarla. E quando il materasso chiama, forse conviene arrendersi e infilarsi sotto il piumone. Ripassando la triade di regole d’oro della prevenzione: oltre a una dieta sana e ricca di vitamine “la prima buona norma è lavarsi spesso le mani – suggerisce Bussi – secondo, resistere alla tentazione di fare vita di branco ed evitare luoghi chiusi, stretti e affollati. Terzo, coprirsi bene”. Vestirsi cioè a strati a mo’ di cipolla e “imparare le virtù della sciarpoterapia. Riparare il collo come insegna la nonna aiuta infatti a scaldare l’aria – conclude Pregliasco – impedendo ai virus di paralizzare il tappeto di ciglia che difende bronchi e polmoni”.
Lucia Genestreti