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L’8 febbraio ricorre santa Giuseppina Bakhita, la “schiava santa”.
Quel giorno si celebra la Giornata internazionale di preghiera contro la tratta di persone, istituita nel 2015. In tutte le Chiese, durante la celebrazione eucaristica, si ricordano le vittime della tratta, nelle sue differenti forme.
In occasione di questa giornata abbiamo intervistato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, che da decenni porta avanti la battaglia per la liberazione delle schiave, anche attraverso la campagna “Questo è il mio corpo”.
La Comunità Papa Giovanni XXIII un anno e mezzo fa lanciò la campagna “Questo è il mio corpo”. A che punto siamo?
“La campagna è frutto di un cammino nato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e voluto da don Oreste Benzi, per il riconoscimento della dignità della donna e l’accoglienza di tutte le donne schiave. Già da tempo tante ragazze, anche bambine, minori, che subivano violenze immani, fisiche e psicologiche e anche violenze sessuali (a volte dagli stessi familiari) si rivolgevano a noi per chiedere aiuto. Poi gli incontri con le persone ci hanno portato a operare sulla strada… e, come ci ha insegnato don Oreste, a operare anche per rimuovere le cause di tanto male. Oltre che incontrare loro, oltre che liberarle e farle uscire materialmente dalla vita di strada e accoglierle, c’è stata la scelta di «lancio politico», di rimozione delle cause, di difesa della libertà di queste donne, della donna. Nessuna donna nasce prostituta, nessuna donna vuole fare questo «mestiere». Se fossero nostre figlie o nostre mogli non saremmo certo contenti che facessero questo lavoro.
Questa campagna ha coinvolto moltissime persone, donne e uomini di buona volontà, quartieri, circoli culturali, associazioni laicali, persone… e ha stimolato un progetto di legge trasversale ai diversi schieramenti, depositato in Parlamento, che chiede l’adozione anche in Italia del cosiddetto «modello nordico», che prevede la punibilità del cliente”.
Eppure, particolarmente in questi tempi di campagna elettorale, sentiamo parlare sempre più spesso di “riapertura delle case chiuse”, istanze di regolarizzazione della prostituzione perché venga riconosciuta come un lavoro a tutti gli effetti…
“Si vuole colpire l’emotività dell’opinione pubblica, ma la proposta delle case chiuse è vecchia, superata, obsoleta. In Olanda e in Germania, dove da decenni ci sono le case chiuse, stanno facendo marcia indietro. Infatti sia il mercato legale che quello illegale è in mano al racket. Non è vero che le donne pagano i contributi allo stato… ma il punto non è neppure questo… La prostituzione corrompe la società intera, perché nega e distrugge la dignità della donna.
Siamo sommersi dalla malainformazione. Noi riteniamo che la vera proposta politica sia la difesa del genio femminile, riconoscere alla donna la piena dignità, la possibilità di un lavoro vero, reale, secondo le capacità di ognuno. Addirittura abbiamo proposto il riconoscimento della maternità, per quelle donne che vogliono allevare i propri figli in modo familiare, costruttivo”.
Il cliente è il motore della domanda, e la domanda determina l’offerta… Per questo ne chiedete la punibilità?
“Il cliente è una persona ferita, anche malata, spesso con alcuni tratti di perversione, e quindi va aiutato. Va aiutato, ma va considerato che spesso non recepisce il messaggio perché è dominato da impulsi bestiali. Allora bisogna intervenire con delle penalità, con delle dissuasioni, quindi anche con delle normative che ne prevedono la punibilità, per aiutarlo.
Il fenomeno è molto più ampio, noi abbiamo visto in questi giorni Papa Francesco in Cile che ha parlato degli abusi sessuali… è una piaga che va combattuta in tutta la società civile, alcune volte in campo religioso… quindi i bimbi, le donne vanno rispettate nello sviluppo della personalità, non certo violentate, abusate. Noi proponiamo, anche in questo percorso di avvicinamento alle elezioni politiche, che i partiti appoggino delle leggi che siano in favore della donna, della famiglia, per i bambini, la vita, il lavoro… per costruire una società che sia un NOI, un popolo che cammina nel rispetto dei bisogni fondamentali di ognuno”.
La prostituzione è una violenza di genere?
“Certo. La prostituzione è una violazione dei diritti umani ed è una violenza di genere. Questa donne, per la maggioranza, arrivano da paesi di degrado,di estrema povertà… addirittura vengono vendute dalla famiglia, ingannate. È una violazione della dignità fondamentale della donna, tant’è che appoggiano la nostra campagna anche molte associazioni laiche di femministe, che riconoscono che l’uomo, il maschio, non può usare questa violenza, in più protetto dallo stato… o addirittura incentivato da una certa legislazione. Tutto ciò è inammissibile. Per questo noi vogliamo essere presenti con un’azione nonviolenta per gridare, essere voce di chi non ne ha, essere vicini ai bimbi, alle donne, perché la vita sia bella, quella vita che il Signore ha pensato per loro”.
Francesca Ciarallo