Solo 15 anni fa se aveste chiesto a un bambino o a una bambina che lavoro avrebbe voluto fare da grande, molto probabilmente vi avrebbe risposto il conduttore tv, il cantante, la showgirl o tante altre figure che orbitano intorno al mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento. Se lo chiedeste oggi, invece, è molto probabile che vi spiazzerebbero con la risposta: “Vorrei fare lo streamer”.
Come dichiara Vanity Fair in un suo recente articolo: “Aspettative, sogni e programmi in ambito professionale stanno cambiando completamente: nell’ultimo sondaggio globale fatto nel 2020 da Deloitte sui lavoratori Millennial e Generation Z, la maggioranza degli interpellati ha espresso la preferenza di lavorare in settori con cui il lavoro incrocia una passione della propria vita personale”.
Ed ecco allora che spunta Twitch, il servizio di live streaming (di proprietà di Amazon) che è passato da una piattaforma di nicchia a un colosso di contenuti. Il pubblico è in continua crescita e i dati dicono che prestissimo si toccheranno i 3,3 milioni di spettatori sintonizzati contemporaneamente per consumare contenuti prodotti da 9,6 milioni di streamer in tutto il mondo. Twitch, che da sempre ha legato il suo nome al mondo dei videogiochi, in tempi record ha rivoluzionato il concetto di “intrattenimento virtuale” trovando sempre (per ora) il vento in poppa. La piattaforma viola (così è chiamata per la propria identità grafica) è diventata un punto di riferimento della comunicazione social e viene sfruttata sempre più spesso nei piani di comunicazione da brand più o meno noti come società sportive, case di moda di lusso e, ora, anche dalla politica.
Ma cos’è Twitch? E come funziona?
Twitch, anche conosciuta come Twitch.tv, è una piattaforma di streaming online attualmente leader del suo settore, e conta oltre 20 milioni di utenti attivi al giorno. In questo spazio online si possono condividere le proprie passioni con persone che hanno le medesime, creando vere e proprie comunità virtuali, con la differenza che il tutto si basa non su video confezionati con montaggio ed editing, ma su vere e proprie dirette, le ormai famosissime live.
I risultati sono notevoli: la piattaforma di video in tempo reale made in USA oggi è la quarta fonte di traffico Internet negli Stati Uniti.
Ma la sua vera svolta avviene con l’acquisizione da parte di Amazon nel 2014, che vuole renderla la prima piattaforma di live streaming al mondo, aprendosi ad altri contenuti diversi da quelli affini al mondo dei videogame. A spalancare le porte del loro successo è stato complice, inoltre, il biennio pandemico che ha costretto in casa e con più tempo libero da dedicare ai propri hobby una grande parte della popolazione.
Da passione a vera e propria professione
Ma come per ogni novità che si rispetti nel mondo di Internet, insieme a ogni nuova forma di vivere la Rete corrisponde la nascita di nuove opportunità economiche e professionali, con tanto di specialisti del settore. A guidare e tenere in vita la piattaforma viola ci sono gli streamer. Ma chi sono? In che cosa consiste il loro lavoro? Ma soprattutto: stare seduti per ore davanti a un pc a giocare a qualche videogioco sulla cosiddetta sedia da gamer, può essere definito un lavoro? Perché la figura dello streamer, oggi così diffusa e chiacchierata, porta con sé anche questo dibattito.
Ma andiamo per gradi: la figura dello streamer, detta in maniera semplificata, è una persona che crea video, contenuti o semplicemente gioca a qualche videogioco in diretta condividendo quello che sta facendo con i propri abbonati, che condividono con lui le stesse passioni. Gli streamer, come si dice in gergo, ‘streammano’ (cioè trasmettono i propri contenuti) per ore e ore in tempo reale, interagendo con i propri iscritti e rispondendo alle loro domande, che vengono poste in una chat di gruppo visibile a tutti e permettendogli, a volte, di entrare nelle loro dirette per interagire “faccia a faccia” con loro. Una nuova professione che sta prendendo sempre più piede integrandosi perfettamente con le nuove figure professionali che operano sul digitale. Una nuova attività per la quale, come spesso accade nel mondo virtuale, manca ancora di adeguate tutele.
Ma se da una parte sono palesi gli aspetti affascinanti di questo particolare settore lavorativo legato alla rete e all’intrattenimento, dall’altra sorgono quesiti da un punto di vista sociale: è l’ennesimo fenomeno che incentiverà i giovani a stare sempre più spesso dietro uno schermo e sempre meno “presenti” nella vita reale?
Il pensiero dei giovani di Rimini
“Nel 2023 poter unire passione e lavoro penso che sia il punto d’arrivo alla quale noi tutti della generazione Z puntiamo! – racconta Alessia, 25 anni, social media manager di un’azienda del settore della tecnologia – Penso che poter guadagnare attraverso ciò che si ama sia positivo soprattutto a livello psicologico. Per noi giovani, mi sento di dire, la salute mentale viene prima del denaro, la qualità della vita viene prima del guadagno. E in questo senso la professione dello streamer rappresenta qualcosa di positivo. Un’altra sfaccettatura positiva di questo lavoro (e in generale di tanti lavori sul web) sono gli orari flessibili. Lo streaming offre un alto grado di flessibilità che permette di stabilire i propri orari di lavoro, consentendo di conciliare il lavoro con altri impegni. Inoltre, quello dello streamer è un mestiere che ho sempre visto come un lavoro creativo, dove si è liberi di esprimere le proprie idee e condividere i propri interessi con altre persone che hanno la tua stessa visione della vita. Come per quasi tutti i lavori che vivono nell’universo digitale mi schiero a loro favore, anche se forse sono di parte: in un certo senso mi sento una collega degli streamer”. Del parere quasi opposto, invece, è Marco, 28enne che di lavoro fa il commerciale. “Sono un ragazzo molto dinamico, che appena ha un attimo di tempo libero lo vuole dedicare agli amici e agli affetti privati. Penso che sia un modo come un altro per sfuggire alla solitudine che vedo sempre più spesso nei ragazzini di oggi e che sta dilagando nella nuova generazione. Si conoscono tutti, perché si ‘vedono’ sui social, ma hanno rapporti superficiali e non sanno più instaurare rapporti di vera amicizia. Figurarsi con uno streamer, che non si conosce neanche personalmente. Non incolpo certo i nuovi mestieri digitali: la tecnologia serve anche, e soprattutto, a livello lavorativo per migliorare le performance di un’azienda, per come la vedo io. La tecnologia, quindi, è giusto che prenda piede anche nel settore dell’intrattenimento su Internet, vuol dire che si sta evolvendo. Quello che voglio esprimere, però, è il fatto che non mi piace vedere coetanei o persone più piccole di me che al posto di uscire il sabato sera preferiscono passare ore e ore davanti a uno schermo. Il quotidiano è fatto di interazioni reali in carne e ossa”.
Federica Tonini