Descrizione
Nel fare qualche ricerca per questa “guida breve” pubblicata da il Ponte, quella sul santuario della Madonna di Montefiore, sono rimasto veramente sorpreso da come una “cella” di campagna, piccola e per tanto tempo isolata e nascosta, nel giro di poco più di un secolo abbia potuto trasformarsi e diventare un santuario celebre, capace di attirare fedeli da ogni parte della Diocesi.
Alla radice di tale cambiamento ci sono un’antica immagine mariana, una lunga tradizione di devozione locale e popolare e un fatto miracoloso (del 1833); ma anche la fede e la tenacia di molti sacerdoti, dai parroci del vicino paese ai rettori, che si sono prodigati con sacrifici e fatiche costanti per trasformare l’originario piccolo edificio e per renderlo luogo accogliente di preghiera.
Come ben sappiamo in origine c’era solo la piccola cella di un eremita, un tal Bonora di Ondideo, che la donò ai terziari francescani nel 1409. Vi era dipinta una Madonna, forse già allora venerata dalla gente del posto. Questa immagine ora è l’unica “reliquia” superstite dell’antico eremo, dalla metà dell’Ottocento fagocitato in più riprese dal nuovo santuario sorto attorno ad essa. Pier Giorgio Pasini
Nel Medio Evo Montefiore è stato uno dei paesi più importanti del contado riminese per la sua posizione, per la sua rocca poderosa, per la sua gente. Capitale di un territorio piuttosto vasto compreso fra il Conca e il Ventena di Saludecio, era ricco di chiese e di eremi: al centro dei paesi le prime, nascosti nelle forre e nelle vallette che ancor oggi rendono così pittoresco il paesaggio gli altri.
E ricco anche di conventi, ma in genere piccoli: dei Celestini, dei Conventuali, dell’Ordine della Penitenza, dei Cappuccini; ad eccezione di quest’ultimo (che era il meno antico e che è stato chiuso solo da pochi decenni), tutti soppressi dal pontefice Innocenzo X nel 1652 appunto perché troppo piccoli, e quindi non in grado di sostenersi e di compiere un’utile azione pastorale.
Qui ci interessa seguire le sorti del conventino dell’Ordine della Penitenza, posto a poca distanza dal paese, su un breve pianoro che strapiomba in una valle piena d’alberi formata dal torrente Ventena di Gemmano.