Il processo breve. Un articolo, due parole, un mare di polemiche. In queste settimane non si parla d’altro. Giornali, televisioni, radio: tutti vogliono dire la propria. E per farlo utilizzano spesso e volentieri termini molto tecnici che magari chi non è avvezzo alle aule di giustizia, fa fatica a capire. Perché, al di là dei fiumi di parole spese, è tutto estremamente astratto, di concreto non c’è quasi mai nulla. Nessuno ha mai pensato di fare esempi pratici. Magari trascorrendo qualche ora sui duri sedili del Palazzo di Giustizia facendosi una scorpacciata di processi. Noi lo abbiamo fatto. Con la collaborazione preziosa del sostituto procuratore del Tribunale riminese, Stefano Celli, abbiamo cercato di raccontare in termini semplici che cosa sia il processo breve per poi seguire attentamente alcuni processi cercando di spiegare che fine farebbero se questo disegno di legge ricevesse anche il via libera della Camera.
Dottor Celli, qual è l’obiettivo di questo provvedimento?
“Il provvedimento, approvato al Senato in un testo notevolmente mutato rispetto a quello originario in virtù delle modifiche apportate in sede di Commissione di merito e di Assemblea, è diretto, secondo gli obiettivi indicati dai proponenti, a ridurre l’eccessiva durata dei processi attraverso la razionalizzazione di alcune procedure e la fissazione di termini prestabiliti per ogni grado di giudizio. Il disegno di legge estende i suoi effetti anche ai procedimenti penali in corso, esclusivamente in primo grado, per i reati ai quali è applicabile l’indulto: per questi vale un termine addirittura minore (se sono trascorsi due anni dall’inizio del processo, quale che sia il reato, si verifica l’estinzione)”.
Quali sono questi limiti temporali?
“La nuova legge, che si applica a tutte le tipologie di imputato, stabilisce che, per violazione della durata ragionevole del processo, il processo per i reati puniti con pena inferiore ai 10 anni (abuso d’ufficio, corruzione, furto, ricettazione, reati d’inquinamento, omicidio e lesioni colpose in seguito, per esempio, a incidenti stradali o infortunio sul lavoro) si estingue se non si arriva a sentenza entro 3 anni dal momento in cui il Pubblico ministero esercita l’azione penale; il giudizio di appello deve terminare entro 2 anni e quello di Cassazione entro un anno e 6 mesi.
In caso di annullamento della Cassazione con rinvio al tribunale o in appello si prevede un anno per ogni grado di giudizio. Per i processi per reati con pena pari o superiore, nel massimo, ai 10 anni (spaccio, violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione aggravato), la norma prevede un anno in più solo per il primo grado. Per quanto riguarda i processi per reati di terrorismo e mafia, infine, i termini di durata salgono a 5 anni per il primo grado, 3 per il secondo e 2 anni per la Cassazione, con facoltà del giudice di prorogare questi termini fino a un terzo in più nel caso si tratti di procedimenti molto complessi e con elevato numero di imputati”.
Rispetto sempre alla decorrenza dei termini: c’è un’ulteriore problematica, giusto?
“Esattamente. Il processo breve prevede che la decorrenza inizi dal momento del rinvio a giudizio del Pubblico Ministero e comunque dopo tre mesi dalla conclusione delle indagini preliminari. Questo impedisce di poter programmare il lavoro, distribuire il carico con equilibrio e obbliga il pubblico ministero a riversare sul tribunale immediatamente tutto il lavoro, intasandolo”.
Dottor Celli, numeri alla mano, il Tribunale di Rimini ha ancora da dibattere migliaia di processi: cosa accadrebbe se questo disegno fosse trasformato in legge?
“Che la stragrande maggioranza di questi processi sarebbero estinti e non per colpa dei magistrati, sia chiaro. Questo è un Tribunale dove si lavora tutti alacremente, ci sono colleghi che hanno decine di giorni di ferie arretrate, il problema è che siamo sotto organico e i miracoli ancora non riusciamo a farli”.
Francesco Barone