Non si placa la polemica sulla vicenda dei due bimbi, nati all’estero grazie alla pratica dell’utero in affitto, che il sindaco di Coriano Mimma Spinelli non ha voluto registrare all’anagrafe come figli di una coppia di uomini. Ora occorre ricordare che in Italia l’utero in affitto è reato (ex art. 12 comma 6 legge 40/2004), ed è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. E forse per questo, dopo essere stata gratuitamente accusata di omofobia per aver bloccato la trascrizione, la prima cittadina di Coriano ha deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Rimini, sottolineando come in tutto questo potrebbero addirittura essere stati commessi dei reati. La tesi dell’esposto afferma come possa essere perseguibile l’aver utilizzato all’estero una tecnica di procreazione che nel nostro Paese non è permessa, chiedendo, a cose fatte, che ne venga riconosciuta la legittimità. La sindaca Spinelli ha motivato la sua decisione con il vuoto legislativo che c’è in materia. E per questa ragione ha anche scritto al Ministero degli interni e della Famiglia per avere chiarimenti, che difficilmente arriveranno, visto il diverso orientamento sul tema dei due movimenti al governo. Ma la polemica era partita a marzo dall’amministrazione comunale di Torino, quando Chiara Appendino aveva optato di “forzare la mano” pur di riconoscere come figlia di due madri una bambina. Ma dopo Torino anche i sindaci di Bologna, Gabicce Mare, Milano, Sesto Fiorentino e Firenze hanno deciso di iscrivere all’anagrafe i figli di due madri o due padri.
Ora in tutto quel che accade una cosa è certa: chi ha permesso l’ iscrizione all’Anagrafe dei piccoli, come figli di coppie omosessuali, sa che non ha alcun valore legale, poiché il quadro normativo nazionale non contempla questa possibilità. Il significato del gesto di questi sindaci, pur nella loro veste di «pubblico ufficiale» è dunque interamente ed esclusivamente politico. Come si può del resto pensare che una legge dello Stato venga applicata a libera discrezione degli 8 mila Comuni d’Italia, ciascuno secondo il proprio orientamento? Le norme anagrafiche non consentono questo tipo di registrazione. Neanche la Legge Cirinnà sulle unioni civili ha modificato questo punto.
In tutte queste vicende, nella rivendicazione del diritto di tanti, chi resta all’ultimo posto, è sempre il diritto del bambino. E invece proprio da questo diritto, e da un serio e scientifico confronto sugli effetti positivi e negativi delle figure che si affiancano alla sua crescita, dovremmo ripartire. Lasciamo per un attimo ideologie e politica da parte e confrontiamoci sul loro vero bene.
Giovanni Tonelli