La loro andrebbe letta come una storia “normale” se non fosse per il contesto in cui si muovono, caratterizzato da un prevalente disinteresse per la materia. Già, perché come emerso nell’inchiesta pubblicata sullo scorso numero de il Ponte (“Abbattute o abbandonate: il destino delle case stellate”) chi oggi sceglie di recuperare uno di questi immobili superstiti (ruderi o reperti, a seconda dei punti di vista) rischia di apparire se non come un marziano, certamente come una mosca bianca. Se così è, Cristina Fabbri si sente orgogliosa di esserlo. Tant’è che la bellissima casa padronale che si appresta a restaurare, nelle prime campagne riminesi, non è una “tegola” di proprietà che le è piombata addosso (come tendono ad essere considerati molti di questi beni, così costosi e complessi da recuperare) ma l’oggetto del desiderio, inseguito a lungo prima di ottenerne l’acquisto. “Io e mio marito desideravamo quella casa da quindici anni. Volevamo per la nostra famiglia un immobile che avesse una storia. Ora stiamo iniziando il restauro e non ci spaventano né il costo né l’impegno”.
La passione per la storia delle nostre campagne e per quei gioielli in via d’estinzione traspare più volte durante la nostra conversazione. È lei stessa a contattarci dopo aver letto l’articolo. Ci racconta di come si è innamorata di quella casa padronale a San Lorenzo in Correggiano, di come insieme al marito abbiano deciso di recuperarla “rispettando il più possibile la struttura originaria” e di come stiano cercando, non senza difficoltà, di scoprirne la storia. “Sappiamo solo che la casa apparteneva ai fratelli Foschi che la comprarono negli anni Cinquanta – racconta Cristina – e che dopo la loro morte, il bene passò al nipote che la lasciò poi disabitata”. A catturare l’attenzione dei due coniugi è stata una mattonella posta all’ingresso dell’edificio, che riporta l’anno 1822 (si pensa, in riferimento al periodo di costruzione). I nuovi proprietari hanno provato ad andare più a fondo, rivolgendosi prima al Comune, poi alla Sovrintendenza di Ravenna quindi all’Archivio di Stato. Ma con scarsi risultati. Una delle poche informazioni che Cristina e il marito sono riusciti a ricavare è che quell’immobile di 600 metri quadrati in via Fonte Rovescio, a due passi dalla Villa des Vergers, e che per tanti anni ha ospitato il presepe vivente della parrocchia, è stellato. “Nel PRG è contraddistinto con una stella, vale a dire che in fase di restauro è sottoposto solo a vincolo esterno e che non mi devo preoccupare dell’interno” spiega ancora Cristina che, tuttavia, non ha voluto sposare la linea di alcuni progettisti e costruttori. “C’è l’azienda che ti dice che non butterà via neanche un mattone e c’è quella che si comporta diversamente. Noi vogliamo rispettare, nel limite del possibile e della funzionalità, anche gli elementi interni. E manterremo, nella facciata, i mattoni a vista nonostante qualche progettista ci abbia consigliato di farci un leggero intonaco di velatura…”.
Si prospetta un lavoro certosino, dunque, per i due coniugi. Senza considerare la somma che, da capitolato, dovranno sborsare per il restauro: si parla di circa un milione e mezzo di euro. “La cosa non ci spaventa – conclude Cristina – Abbiamo dei parenti che arrivano dalla Francia e che nel guardare le nostre campagne rimangono esterefatti dall’incuria in cui vengono lasciati questi immobili”. Forse è questa la prima cosa che chiede Cristina: di non essere considerata “marziana”.
Alessandra Leardini
(2 – continua)