Dialogo al Cup. “Vorrei prenotare una visita medica”. “Per questa prestazione c’è posto tra un mese”. “E privatamente?”. “Le va bene domattina?”. A quanti è capitato di affrontare questa conversazione sventolando il foglio rosa del medico? Le soluzioni private garantiscono tempi di attesa ridotti per visite, esami o interventi chirurgici a fronte di spese chiaramente superiori. Oltretutto dal 2010 non è nemmeno più possibile scegliere un medico specifico nelle visite “pubbliche”, ma solo la struttura. Chi c’è c’è. Per avere il dottor X si deve comporre il numero del Cup intramoenia. Talvolta sono i medici stessi che, dopo una visita ordinaria, pubblicizzano il proprio ambulatorio privato con biglietti da visita.
La prova dei fatti. Un nostro lettore cinquantenne è dovuto ricorrere a una struttura privata per un intervento alla spalla: “Non avevo alternative, i tempi di attesa nella struttura pubblica erano di quasi un anno e non dormivo più dal dolore. Mi è costata molto l’operazione, però almeno dopo 15 giorni ero già in sala operatoria”. C’è poi chi, previdente, prenota una mammografia da un anno all’altro, prendendo in contropiede i tempi d’attesa.
Molto critica sui tempi biblici della sanità è Mara, madre di famiglia di Verucchio che, dovendo prenotare ordinariamente visite per sé e per i suoi due figli, è un’enciclopedia di disservizi: “Ho passato mesi attaccata al telefono per prenotare una visita oculistica e una fisiatrica. Ho iniziato a chiamare ad ottobre scorso e sono riuscita ad ottenere l’appuntamento ad aprile per maggio. Per poco non mi scadeva la ricetta medica, che ha validità 6 mesi”. Il problema? “Gli operatori Cup continuavano a dirmi che era tutto esaurito e che per i mesi successivi non erano ancora stati aperti i calendari delle prenotazioni. Per di più le informazioni differivano: chi diceva che i calendari erano aperti, chi chiusi. Una donna mi ha persino chiuso il telefono in faccia dopo che ho fatto notare la cosa”.
“Quanto tempo prima ci si deve attaccare al telefono?”. A sua figlia, che fa agonismo, è capitato di non riuscire a rinnovare in tempo il certificato medico “perché non c’era mai posto per la visita sportiva; se avesse avuto una gara nel periodo in cui era scoperta non avrebbe potuto farla. E pensare che hanno persino aumentato le visite, così mi han detto”.
In un caso ha ottenuto l’appuntamento risalendo all’unico medico che forniva quella prestazione. “Mi era stato garantito che il calendario prenotazioni era stato sbloccato. Tornata al Cup giorni dopo mi hanno detto che era ancora bloccato. Così ho detto di controllare meglio perché avevo parlato col medico. La risposta? «Ah sì, può prenotare». Mi sono sentita presa in giro”.
Anche ilPonte ha fatto un tentativo chiamando il Cup per una visita oculistica. In forma privata la disponibilità era già per il pomeriggio stesso. Per i tre giorni successivi ci sono state offerte diverse soluzioni con tariffe varianti dai 100 ai 150 euro, a seconda del medico. Chiamando invece il Cup generico, per una visita di routine non privata, le soluzioni si assottigliano e allontanano: solo due date disponibili a settembre ed una a novembre. La tariffa è di 18 euro. È l’operatore stesso a suggerire di prenotare con un anticipo di almeno 6 mesi.
Altra storia, questa volta a Novafeltria. Venti minuti di un intervento ambulatoriale trasformatosi in 5 ore. Un geometra riminese 30enne si è presentato al nosocomio “Sacra Famiglia” attratto dai tempi di attesa più allettanti rispetto a Rimini: 2 settimane vs. 6 mesi. Due anni prima si era sottoposto alla stessa operazione all’“Infermi” dove tutto si era risolto in un’ora. Di recente gli si è ripresentato lo stesso problema di salute; dunque stessa procedura, ma con tempi dilatati: “Secondo gli stessi medici il tempo necessario per questo tipo d’intervento – protesta Stefano Aluigi, il padre – è di 10 minuti più 10 minuti di sedazione preventiva. Invece l’attesa si è prolungata. Abbiamo visto due turni di infermieri. Dal mattino siamo tornati a Rimini alle 17, mio figlio ha perso un giorno di lavoro”. C’erano urgenze in corsia? Aluigi non ci sta. “Questo tipo di ospedale è all’altezza delle aspettative dell’utente, mi domando? Questa è una piccola testimonianza di un sistema incancrenito contro cui il cittadino sbatte quotidianamente come fosse un materasso di gomma”.
La parola a un medico. A parte queste storie estreme, secondo un giovane medico – che preferisce mantenere l’anonimato – e la sua esperienza sul territorio, il sistema funziona abbastanza bene nel suo complesso, senza tralasciare però alcuni limiti: “Per la dermatologia e allergologia non è possibile prescrivere un’urgenza breve (con visita entro 7 giorni), per cui nei casi più sospetti si è sempre in dubbio sul da farsi”. Se non si vuole attendere un mese per la visita l’unica alternativa rimane il Pronto soccorso. “Ci sono poi le ecografie (osteomuscolari o per neoformazioni cutanee) per le quali l’attesa è di diversi mesi”. Ma è con la radiologia che si rasenta l’assurdo: “Non possiamo prescrivere una risonanza senza che il paziente abbia prima fatto una lastra. E se si tratta di un giovane con una sospetta lesione dei legamenti la lastra è completamente inutile! Così facendo si sottopone inutilmente il paziente alle radiazione, all’attesa di un mese e si spreca un esame che serve solo in caso di traumi e di forme artrosiche. Lo stesso vale per le ernie al disco, non visibili dalle lastre”.
Per risparmiare un po’ sui tempi, almeno quando si paga, va sottolineato che presso gli ospedali di Riccione, Cattolica, Santarcangelo e Rimini e presso la sede di via Circonvallazione Occidentale sono presenti delle casse automatiche attive 24 ore su 24. Inoltre è importante riferire al Cup l’eventuale disdetta di una visita o di un esame. È stato calcolato che il 15% dei pazienti non si presenta all’appuntamento: un 15% di attesa in più per tutti quanti.
Mirco Paganelli