Secondo gli ultimi dati elaborati dall’Istat, in Italia vivono in uno stato di povertà 1 milione 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di persone. Si tratta, parlando di povertà assoluta, della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quei beni e servizi necessari per una vita dignitosa. Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno, da quelle con due o più figli minori, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di occupazione o operaio, e dalle nuove generazioni.
LA COLPA? È SEMPRE
DEGLI ALTRI…
Quando vengono diffusi questi dati le analisi sia degli esperti, che dei politici, che dei frequentatori di bar si avventurano nella ricerca di soluzioni che partono spesso da ciò che si dovrebbe fare, scaricando le colpe sempre sugli altri. La colpa è dei governi precedenti, della congiuntura economica, delle banche, dei sindacati, del governo attuale, dell’America, di chi evade le tasse (i grandi evasori, perché i piccoli sono giustificati dall’impossibilità di fare altrimenti), dei giovani che non hanno voglia di lavorare, che non si adattano, degli stranieri che vengono qua “a rubarci” il lavoro, di chi porta le attività economiche all’estero (oggi si dice delocalizza), di chi porta i soldi all’estero, ecc.
Ci sia mai uno che dice: non sarà anche un po’ colpa mia? Cosa sto facendo io nella mia azienda, nel mio posto di lavoro, con il mio stile di vita, con il mio bilancio per aiutare una inversione di tendenza?
Sarà un po’ anche colpa dell’aver perso il senso del bene comune, della solidarietà, del farsi carico gli uni degli altri, del prendersi cura delle fragilità? Non sarà che abbiamo perso quella che il Vescovo giusto pochi giorni fa ha chiamato “la cultura del noi” ? Quella cultura che ha fatto mettere a Caritas Italiana come titolo al suo Rapporto sulle povertà 2016: “Vasi comunicanti”.
CARITÀ: UN IMPEGNO
PER CIASCUNO DI NOI
Una volta si diceva “siamo tutti sulla stessa barca”, ma oggi siccome le barche sempre più spesso affondano – e non solo quelle nel mediterraneo – chi può si compra uno yacht e chi “vuol Dio se lo preghi”.
Papa Francesco nel suo discorso alle Caritas diocesane d’Italia ha ricordato i compiti fondamentali della Caritas: “Fare in modo che il servizio caritativo diventi impegno di ognuno di noi, cioè che l’intera comunità cristiana diventi soggetto di carità. Ecco quindi l’obiettivo principale del vostro essere e del vostro agire: essere stimolo e anima perché la comunità tutta cresca nella carità e sappia trovare strade sempre nuove per farsi vicina ai più poveri. Essere di stimolo nei confronti delle istituzioni civili e di un’adeguata legislazione, in favore del bene comune e a tutela delle fasce più deboli; un impegno che si concretizza nella costante offerta di occasioni e strumenti per una conoscenza adeguata e costruttiva delle situazioni”.
La Caritas diocesana di Rimini da sempre, con i suoi progetti e con i suoi servizi, attraverso una sinergia sempre più forte con i servizi pubblici presenti sul territorio e con le associazioni di volontariato, propone questa cultura della “casa comune”, una casa con le porte aperte dentro la quale ognuno può sentirsi accolto e dove il pane e la minestra bastano per tutti. O ci si salva insieme o si affonda insieme (anche gli yacht).
È bene che ognuno di noi si ricordi della trappola per topi: anche quando si pensa di non essere toccati da un problema o un eventuale pericolo, questo potrebbe riguardarci.
La prossima volta che ascolti qualcuno avere un problema e inizi a pensare che la cosa non ti riguarda, ricorda: quando uno di noi è minacciato, siamo tutti a rischio. Siamo tutti coinvolti in questo viaggio chiamato “vita”. Dobbiamo essere attenti, aver cura dell’altro e fare uno sforzo per incoraggiarci e darci una mano a vicenda. Ognuno di noi è un filo vitale nell’arazzo di un’altra persona. Le nostre vite sono intrecciate le une alle altre.
Questo vale tra i vicini; con gli amici, con i nostri parenti; nel nostro paese; tra le nostre famiglie. E vale anche tra i popoli.
Cesare Giorgetti