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Il Popolo di Dio ritorni protagonista

Il Popolo di Dio nella sua dimensione domestica

Siamo invitati a leggere in chiave spirituale questa pandemia, come opportunità di ascolto della voce del Pastore. Egli si mostra come colui che, in questo tempo di turbamento e paure, ci da la pace. Egli ci dice: “non sia turbato il vostro cuore” e in questo modo vuole prevenirci dalle tentazioni della delusione, dell’amarezza, ma anche dall’illusione che tutto possa semplicemente tornare come prima.

Tale illusione è alla base dell’atteggiamento del “trattenere” a tutti i costi cose, esperienze, volti, legami, immagini e anche modalità pastorali, con solo qualche piccolo aggiustamento per poter rispondere a criteri di idoneità “sanitaria”.

Non riteniamo, ad esempio, sia questo il tempo di moltiplicare le messe per pochi, solo rispondendo al criterio di avere poche persone e quindi garantire le distanze. Non si tratta infatti di tornare a celebrazioni da belle statuine ferme e distanti le une dalle altre, con il prete che pontifica dall’ambone.

La vera eucarestia è quella che scaturisce da una piena partecipazione del popolo di Dio, nell’ascolto della Parola e nello spezzare il pane insieme: essa è incontro, scambio di pace, festa e si presenta come il coronamento di una spiritualità fisica e incarnata.

È ancora presto per poter godere in pienezza di questa celebrazione e per ora si tratta soprattutto di prepararci ad essa con la Parola di Dio.

Ciò non significa, ovviamente, che dobbiamo astenerci dalla celebrazione eucaristica. Si tratta piuttosto di non concentrare tutto lo sforzo pastorale solo sulle modalità di celebrazione eucaristica e di approfittarne invece per favorire sempre più una spiritualità domestica, fatta di preghiera in famiglia, in piccole comunità nelle case (magari ritrovandosi ancora per un po’ sulle piattaforme social), di favorire la conoscenza della liturgia delle ore e della Liturgia della Parola.

Si tratta ancor più di rendere protagonista il popolo di Dio, non come fruitore di servizi religiosi, ma come pienamente attivo e corresponsabile del sacrificio della Lode, che avviene nella propria vita e nelle diverse forme celebrative ecclesiali.

Franco, Marco, Valerio, Agostino, Davide sacerdoti di Albamater e San Lorenzo, Riccione

 

Quel “far nulla” così produttivo!

Costretti all’inazione dal Coronavirus?

Non si tratta di inazione, ma di coltivare altre dimensioni della vita, magari trascurate in tempi “normali”: a livello personale e a livello familiare.

In particolare noi preti, abituati a correre e a rincorrere impegni, una volta costretti a casa senza “far nulla”, che cosa abbiamo scoperto?

La preghiera, il silenzio, la riflessione.

Siamo capaci di stare fermi? O abbiamo bisogno di fare qualcosa a qualunque costo per non morire? Imparare a stare bene con noi stessi, con il Signore, con chi vive in casa, è un tutt’uno.

A Misano siamo tre preti (io, don Angelo, don Roberto) e Kahwar, un pakistano che assiste don Roberto (colpito da un ictus).

Abbiamo condiviso tante cose che normalmente non siamo mai riusciti a condividere: lodi, ora media, vespri, messa, pranzo, cena, incontri distesi, vita quotidiana e abbiamo scoperto di stare bene assieme e di andare d’accordo, ovviamente ognuno con i suoi pregi e i suoi limiti.

Non è già una bella testimonianza?

Altra cosa riscoperta sono le relazioni.

Ma come? Se non è neppure possibile incontrarsi! – direte voi- . Eppure non ho mai usato tanto il telefono, letto e mandato messaggi, come in questo periodo. E non per avvisare o per qualche faccenda da sbrigare, ma semplicemente per salutare e per chiedere come sta andando!

Abbiamo bisogno di uscire dalla funzionalità delle relazioni, per considerarle per il valore che hanno in sé. In realtà, lo sappiamo, senza relazione tra le persone non ci può essere neppure una comunità.

Poi viene tutto il resto: messe in streaming, riunioni, videochiamate, spunti di riflessione, sussidi per pregare (accolti con piacere).

Di oggi è la telefonata di un catecumeno adulto che mi chiede: “Ho letto gli Atti degli Apostoli, cosa posso leggere ora?”. Ma soprattutto una cosa mi ha colpito e mi ha fatto pensare: la preghiera, anzi, la celebrazione in famiglia. Quando una famiglia si ritrova attorno ad un crocefisso, un’icona, un lume e la Parola di Dio e celebra il Triduo Pasquale, non è qualcosa di meraviglioso? Senz’altro vale più di mille messe in streaming!

don Giuseppe Vaccarini unitamente ai confratelli di Misano

 

 

Resurrezione: ora vanno riaperti i cuori

La pandemia che ci ha colpiti, ci ha disorientati e spaventati.

Don Renzo, il nostro parroco, è stato il primo a reagire, ha capito immediatamente che serviva una risposta forte come comunità, si è fatto carico da subito del problema e ha gestito questa risposta.

Il nostro parroco, già dalla prime domeniche di marzo ha registrato il video delle omelie domenicali che sono state diffuse attraverso i canali social.

L’impulso determinato da questa iniziativa ha prodotto numerose iniziative spontanee dei fedeli della nostra comunità che animano i vari gruppi parrocchiali.

Ogni sera alle 21 coordinati dal gruppo delle famiglie giovani, ogni realtà della parrocchia anima il “Rosario”, attraverso l’uso delle varie piattaforme web.

Alle ore 15 di ogni giorno ci ritroviamo sul web o alla tv per condividere la recita della “Coroncina della divina Misericordia”.

Il gruppo dei giovani di Azione Cattolica hanno organizzato alcune serate molto belle che hanno raccolto davanti al computer decine di giovani della nostra parrocchia, ma anche di altre realtà vicine e lontane.

Ora che finalmente, ma con molta prudenza, ritorneremo alla normalità, non dovremo perdere nulla di questa esperienza e di quello che ci ha lasciato, comprese le ferite.

Purtroppo abbiamo perso don Elio che non siamo riusciti ad accompagnare nel suo ultimo viaggio terreno.

In questi mesi abbiamo vissuto una spiritualità molto intensa che ci ha consolati e incoraggiati, ma ora è giunto il momento, di dare un senso a tutto questo, il Signore si aspetta che noi facciamo un salto di qualità, dobbiamo far fruttare l’esperienza di questi mesi, la gente ha voglia di stare insieme perché in questo periodo si è capito quanto ci mancano gli altri, dobbiamo quindi moltiplicare gli sforzi per attivare nuovi centri di ascolto del Vangelo che sono fecondi momenti di riflessione sulla parola, ma anche occasioni per riallacciare e fortificare i nostri legami con i vicini. Ci aspettano inoltre momenti molto difficili, conseguenza dalla crisi economica, determinata dalla pandemia, una crisi che ha provocato il licenziamento di molti lavoratori e la chiusura di molte attività e quindi tante famiglie non avranno fonti sicure di reddito.

Dovremo accendere i nostri radar e non attendere che chi ha problemi ci venga a cercare, dovremo fornire a queste persone tutto il sostegno morale e materiale possibile.

In questo periodo chi ha pagato il conto più alto sono stati i nostri anziani, è stato molto fastidioso ascoltare i commenti “rassicuranti” di coloro che hanno detto e continuano a dire che tanto il virus ha colpito e ucciso prevalentemente gli anziani, come se questi fossero creature di “serie”. È ora di dire basta a questa cultura dello scarto, occorre riappropriarci di quella umanità che proprio i nostri anziani ci hanno insegnato con la loro esperienza di vita.

Anche per i giovani e i giovanissimi è stato un periodo difficile, è vero che hanno vissuto come non mai, un rapporto continuativo ed intenso con le proprie famiglie, ma è mancato loro il contatto quotidiano con gli amici e forse avranno avvertito il clima di preoccupazione che c’era in famiglia.

Dovremo far ripartire tutte le attività rivolte ai nostri giovani. Gli educatori del Catechismo, degli Scout, dell’Azione Cattolica e di tutte le altre realtà che si occupano dei nostri giovani dovranno ripartire con una intensità e con un impegno senza precedenti, i ragazzi dovranno avvertire quanto amore c’è attorno a loro.

L’impegno di tutti dovrà essere rivolto, anche e soprattutto, verso quei giovani che non frequentano la parrocchia, ad essi possiamo offrire tantissimo, dobbiamo solo averne la consapevolezza.

La nostra comunità dovrà tornare a vivere, partendo da una profonda riflessione su tutto ciò che in noi non andava bene prima dell’8 marzo e ripartire mettendo al centro, la solidarietà, l’amicizia, la carità, la tolleranza e la concordia.

Da lunedì prossimo non dovremo solo riaprire le nostre chiese, ma anche e soprattutto i nostri cuori.

Marco Gabellini laico della parrocchia La Resurrezione