Puntare sulla qualità, “svecchiare” vigneti ormai giunti ad una “età critica” (la maggior parte) puntando su criteri di ricerca e innovazione, impiantare grosse varietà internazionali in terra riminese e, per finire, cambiare l’etichetta Sangiovese di Romagna in Sangiovese delle colline di Rimini.
La ricetta per risollevare le sorti dell’industria vitivinicola riminese è pronta, almeno sulla carta. Non resta che lavorare, produttori ed enti pubblici insieme, per far rifiorire in provincia il “gusto del bere”. Quella passione per il calice che non tanto è andata scemando – nonostante si assista da anni ad un calo del consumo, sceso sotto i 50 litri all’anno pro capite, contro i 130 di quarant’anni fa, è anche vero che rossi e bianchi sono sempre più amati dai giovani, soprattutto donne – ma che interessa spesso e volentieri più i vini di importazione a discapito del puro e semplice Sangiovese locale. “Fa più tendenza bere un Morellino di Scansano piuttosto che uno dei nostri Sangiovese – ammette Enrico Santini, presidente di Confagricoltura Rimini -.
Di chi è la colpa? Di sicuro inorridisco nel vedere certe vetrine che mettono in bella esposizione vini che non c’entrano nulla con il nostro territorio…”.
Amara concorrenza
Il problema dell’agguerrita concorrenza in un mercato sempre più globale, è uno dei punti di debolezza di un settore “al quale manca la forza economica di continuare ad investire. Per portare avanti un’azienda vitivinicola – spiega Santini, parlando anche da produttore (uno dei suoi “figli”, il sangiovese Beato Enrico, si è distinto in più competizioni nazionali – servono risorse economiche ed umane non facili da reperire”.
“Basta guardare i prezzi indicati dalla bibbia del settore, ‘Legislazione vinicola’ – aggiunge Marcello Zanni, dell’omonima Casa verucchiese ed ex presidente della Strada dei vini e dei sapori dei colli di Rimini – un Sangiovese Doc a Rimini costa 0,40 euro a grado, a Cesena il prezzo sale a 0,90. Vuol dire che rispetto ad altre piazze siamo penalizzati del 50%, e anche di più”. Già, ma perché si è costretti ad abbassare i prezzi? “È difficile per noi sfatare il pregiudizio di ‘zona non vocata al vino’ – commenta Zanni -. Le nostre colline sono ottime, basti pensare che nel 1300 vendevamo i nostri vini niente di meno che ai veneti. Il problema? Ci sono tante piccole aziende che non riescono a fare grandi azioni di marketing di fronte a piccoli quantitativi”.
Novità in arrivo
La valorizzazione del Sangiovese Superiore Doc, “la più alta espressione del nostro territorio” resta per Santini una priorità. Un vino rosso, corposo, dalla giusta gradazione alcolica (“vale a dire di almeno 12 gradi, e anche di più” precisa Santini) e morbido anche nel retrogusto. Un prodotto che dipende da più fattori: condizioni meteorologiche, caratteristiche del territorio (“i vini di collina sono assolutamente diversi da quelli di pianura. I migliori possono competere benissimo con i rossi dell’entroterra toscano”), e abilità del singolo cantiniere.
“I nostri vigneti – spiega Santini – sono ormai datati: è necessario investire sull’innovazione. Una strada può essere quella di impiantare nella nostra provincia anche vini internazionali. Ci stiamo lavorando…“. Un’altra novità potrebbe essere la nascita dell’etichetta Sangiovese di Rimini al posto dell’attuale Sangiovese di Romagna: Secondo Zanni occorre anche andare oltre le produzioni più consolidate, e fa l’esempio del Trebbiano, che spesso fatica, di fronte ad un buon piatto di pesce, a competere con un Pinot grigio o un Muller Thurgau. “Come membro della Commissione Doc Colli di Rimini abbiamo già previsto l’introduzione di nuove varietà come la Vernaccina riminese, la Malvasia e il Moscato. Si tratta, nel caso della Vernaccina, di un vitigno che veniva coltivato prima della guerra, con grande successo”.
Zanni ci anticipa un’altra novità che fiorirà presto nei vitigni locali: il Sangiovese verucchiese: “Uno dei vini più vecchi al mondo, con un profumo ed un sapore notevoli ed una gradazione non eccessivamente alta, intorno agli 11 gradi e mezzo. In passato ne fu abbandonata la produzione per le difficoltà di fronte agli agenti atmosferici, ma le tecnologie di oggi permettono di superare questo difetto. Dal 2009 sarà possibile impiantare l’uva nei nostri vigneti e dal 2011 avremo le prime produzioni”.
Vini e turismo
Se coltivatori e vinificatori devono fare la loro parte per recuperare nei confronti dei concorrenti, non solo toscani, ma anche umbri e marchigiani (“zone partite con la viticoltura 30-40 anni prima di noi”, ricorda il “Beato Enrico” Santini), all’ente pubblico spetta il compito – non meno importante – di favorire la visibilità ed il consumo dei vini made in Rimini. Le opportunità, date anche da grandi vetrine come Meeting e Pio Manzù, (dimenticando l’episodio spiacevole del Lambrusco per la Notte Rosa 2007) non mancano. Per non parlare del binomio turismo-enogastronomia, ancora poco valorizzato per Zanni che cita la Strada dei vini e dei sapori come esempio di sponsorizzazione di un territorio che “produce cose buone”.
La vendemmia 2008
Come sarà il vino targato 2008? Come nell’estate 2007 la mancanza di piogge ed il caldo eccessivo non hanno favorito l’uva, anche se per fare un bilancio della vendemmia in corso, partita ufficialmente il 15 settembre, è ancora presto. I produttori più esperti restano ottimisti anche di fronte a stagioni ostiche; del resto – è impressione diffusa – peggio dell’anno scorso, quando è stato raccolto solo il 50% della produzione – non poteva andare…
“Quest’anno per i rossi sfioreremo il 75% – sottolinea Santini – e sarà comunque un’annata buona”. Da altre cantine come il Podere Vecciano di Coriano e le Rocche Malatestiane di Rimini, si sbilanciano ancora di più auspicando un vino molto sano e con alti livelli di gradazione alcolica.
I viticoltori locali più “collaudati” da tempo hanno imparato a difendersi in anticipo dalle avverse condizioni esterne. Marcello Zanni ci spiega il segreto: “Non sfruttare troppo la pianta e munirsi di un impianto goccia a goccia. Sarebbe bene adottare una politica agraria che incentivasse la presenza di piccole fonti d’acqua nei vigneti“. Prevenire si può.
Alessandra Leardini