Parafrasando un noto film, si potrebbe dire che quella andata in scena tra martedì e mercoledì, è stata la Coppa (Italia) delle deluse. Da una parte Rimini che non è neppure arrivata alla finalissima per il Tricolore, dall’altra San Marino che alla finalissima c’è arrivata, per poi, però, essere duramente bastonata da Bologna e vedersi così strappato dai petroniani quello scudetto così faticosamente cucito l’anno scorso sulle casacche, dopo la tiratissima finale contro Nettuno. Petroniani che hanno così compiuto ferocemente l’agognata vendetta sui Titani che, nella cavalcata vittoriosa della scorsa stagione, li estromisero a sorpresa dalla finale dopo che avevano comandato a piacimento la graduatoria per tutta la stagione regolare. Un po’ la fine “misera” della Telemarket, protagonista infelice di questo torneo IBL. Torneo guardato a lungo dai bucanieri di Mauro Mazzotti dall’alto in basso sul trono della classifica, per poi ritrovarsi nel “gironcino” (nove gare) di semifinale improvvisamente con il fiato corto sul monte e spesso con le polveri bagnate nel box (Coffie, Rios e Chiarini, le punte di diamante, sono stati un po’ l’ombra dei bombardieri spesso decisivi in regular-season). Una sorta, però, quella dei riminesi, di strana sindrome contagiosa che, quando le due cugine si sono trovate ad incrociare le mazze per le semifinali, i Titani hanno evidentemente contratto dal parentame, visto che in finale dopo il buon pareggio sul diamante di Bologna (1-1), si sono “sciolti” nelle tre gare casalinghe (tre possibili match-ball), venendo ruvidamente asfaltati dai frombolieri emiliani, consegnando loro così lo scettro tricolore. Pitcher (Estrada e Da Silva) in imprevedibile calo verticale, mazze improvvisamente impalpabili come cipria: proprio quelle (Vasquez, Jansen, De Biase) che, invece, nel girone di ritorno avevano permesso al team di Doriano Bindi di riguadagnare quel posto nei play-off che stava clamorosamente sfumando, per poi andare in semifinale e centrare addirittura la finalissima dandogli la possibilità di difendere il titolo di campione d’Italia.
Dopo i rispettivi “patatrac”, i due allenatori hanno fatto quadrato, difendendo a spada tratta i propri pupilli con tutte le argomentazioni e le attenuanti possibili (calo fisiologico, formula inadatta del gironcino e via andare), ma certamente quello scudetto tornato all’ombra di San Petronio brucia ad entrambi, eccome se brucia! Non aver potuto da una parte correre per conquistarlo e dall’altra vederselo strappare dalle casacche, accomuna così i due parenti-serpenti in un inedito quanto sorprendente e sgradito abbraccio, carico di delusione. Appena stemperata dal ritorno – in verità importantissimo – nell’European Cup dopo tre anni di assenza dei filibustieri riminesi, grazie proprio alla conquista ottenuta ai danni di Parma di questa finale di coppa Italia. Un ritorno che salva un po’ tutta la stagione dal fallimento. Appena stemperata, invece, per gli atleti delle tre piume sammarinesi, oltre che dalla conquista anche per loro di una chance europea, dalla consapevolezza di vivere gli ultimi anni ai vertici assoluti del baseball continentale e nazionale (una coppa Campioni vinta, uno scudetto, la finalissima quest’anno). Pazienza per entrambi se per lo scudetto si dovrà aspettare l’anno prossimo. Ma almeno una delle due cugine potrà specchiarsi nella Coppa, sancendo così la momentanea supremazia sull’odiata parente, rimasta a… zero tituli. Fino alla prossima sfida.
Riccardo Leoni
nella foto Alessandro Maestri