“Un grande pastore della Chiesa e un grande Missionario del Vangelo di Cristo”. Così lo ha definito il cardinale Angelo Sodano, già Segretario di Stato e Decano del Collegio Cardinalizio. Lui, monsignor Pietro Sambi, amava più semplicemente descriversi come “sacerdote per vocazione, storico di formazione e diplomatico per obbedienza”.
Soglianese dalla stretta di mano ferrea e dalla risata contagiosa, grande fumatore, preciso quasi spigoloso nel lavoro, in ogni circostanza e in tutti i luoghi dove è stato chiamato a servire, mons. Sambi si è fatto precedere dal suo amore per la Chiesa, dalla sua capacità di tessere rapporti personali veri e fecondi con tutti e per la capacità di conquistare gli interlocutori con il suo vivace carattere romagnolo.
E parliamo di un pastore diplomatico che ha rappresentato il Papa nella Cuba di Fidel Castro, nel Nicaragua sconvolto dalla rivoluzione sandinista, nel Burundi tormentato dagli scontri tribali, nella Terra Santa infuocata dalla lotta tra ebrei e palestinesi e negli Stati Uniti “feriti” dallo scandalo degli abusi sessuali del clero. In questi “balconi del mondo” così come sul balcone della sua casa di Sogliano, in trattoria, in una chiesina di campagna o a casa di amici a giocare a carte, Sambi era sempre lo stesso, prodigo di risate e autore di molte riflessioni. “Impossibile, con lui, le seconde senza le prime” ricorda il senatore Marcello Pera.
Di Sambi, di questo sacerdote partito da Sogliano sul Rubicone, dalla Diocesi di Rimini, sulle strade del mondo seguendo la luce del Vangelo, il giornalista riminese Valerio Lessi ha scritto una documentatissima biografia, Pietro Sambi Nunzio di Dio, fresca di stampa per l’editore Cantagalli. Un ritratto anche avvincente che si avvale delle testimonianze di chi lo ha conosciuto in ogni parte del mondo e nella sua Sogliano a cui è rimasto sempre legatissimo: qui dove pensava di finire i suoi giorni era nato nella frazione di Ponte Uso (località San Paolo) da Arturo e Ida Mengozzi. “Piero” come lo chiamano in casa (dov’è il sesto di dieci figli), è tutto per lo studio e la preghiera. A sei anni, al macellaio che gli chiedeva cosa volesse fare da grande, lui rispondeva: “A voi fé e prit”. L’ingresso nel Seminario di Pennabili all’inizio del ginnasio, è dunque un approdo naturale, prima di spostarsi al seminario regionale di Fano e al Pontificio Seminario Romano, grazie anche alla borsa di studio Pio IX per gli studenti meritevoli.
A Roma vive la stagione del Concilio. “Era tra i quaranta seminaristi del seminario romano che hanno imparato la stenografia latina per poter trascrivere gli interventi dei padri conciliari” ricorda don Mansueto Fabbri, uno dei suoi insegnanti sacerdoti e oggi a 90 anni decano della diocesi di San Marino-Montefeltro. Con i compaesani don Antonio Bartolini e don Michele Rubertini, mons. Sambi ha condiviso la passione e l’interesse per la ricerca storica. Si laurea in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense con una tesi di Storia Ecclesiastica nel 1965 sull’episcopato del milanese Giovanni Francesco Sormani, vescovo nel Montefeltro negli anni dell’applicazione del Concilio di Treno. Poi viene chiamato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica in cui si laurea nel 1969 con una tesi in Diritto Internazionale.
Inizia così la carriera diplomatica, secondo quanto indicava nel 2001 Giovanni Paolo II: non solo parlare di Cristo ma prima ancora farlo vedere, mostrare nei contatti con gli ambienti politici e diplomatici. Il suo primo incarico è stato in Camerun, ha quindi proseguito in Israele, a Cuba dove è diventato amico di Fidel Castro, in Algeria, nel Nicaragua, in Belgio e in India. Nel 1985 Giovanni Paolo II lo elegge arcivescovo e lo nomina nunzio nel Burundi tormentato dagli scontri tribali. Il successivo incarico è in Indonesia, finché nel 1988 torna in Terra Santa dove organizza il viaggio del papa in occasione del Grande Giubileo del 2000 e contribuisce a risolvere la crisi dell’assedio alla Basilica della Natività. Sul conflitto che da decenni oppone israeliani e arabi, il nunzio aveva le idee chiare. “A nome del papa io mi sento in grado di amare e rispettare in egual misura i due popoli. Non mi lascio identificare con nessuno di essi dal punto di vista politico, ma mi metto un centimetro più alto per poter liberamente parlare e dire delle verità e dei valori che possano essere utili all’una e all’altra parte”.
A Sambi piace la frequentazione di connazionali, soprattutto dei romagnoli. Ovunque sia stato, si è distinto per la capacità di tessere rapporti personali con tutti e per le sue straordinarie doti diplomatiche. “Super Nuncio”, il soprannome con il quale lo chiamano gli americani (coniato dal vaticanista Rocco Palmo nel 2007), è un’espressione che vuol mettere insieme la sua instancabile attività con la sua esuberante umanità. Negli Usa, mons. Sambi ha organizzato il viaggio di Benedetto XVI, con le sue indicazioni ha contribuito in maniera non formale al rinnovamento dell’episcopato americano e non ha fatto mancare la sua capacità di presenza su un tema scottante quale lo scandalo degli abusi sessuali del clero.
Attraverso le testimonianze raccolte da Lessi, soprattutto dall’estero e di persone seguite anche spiritualmente direttamente dal Nunzio (dall’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata alla segretaria della nunziatura di Gerusalemme suor Maria Leilani Tuy, da giornalisti e vescovi all’insegnante riminese Silvia Brandi), emergono fatti ed episodi della vita di Sambi ancora poco conosciuti in Italia. Alle voci che lo volevano cardinale, Sambi rispondeva: “Quando si va davanti al Signore non conta il colore della veste, rossa o viola, conta solo la veste bianca del Battesimo”. La giornata terrena di mons. Sambi si è conclusa a Baltimora il 27 luglio 2011. Nel testamento spesso si capisce il cuore di una persona. Il testamento di Sambi dice due cose: ciò a cui più teneva questo infaticabile arcivescovo erano la Chiesa e i poveri.
Paolo Guiducci