Appena venuti al mondo e già chiamati a combattere la loro sfida più grande: quella per la vita. Sono i neonati pretermine, nati cioè prima delle 38-40 settimane. A Rimini c’è chi è pronto a raccogliere l’impulso alla vita che c’è in ognuno di questi piccoli: è il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale “Infermi” (TIN), che dal 2002 prosegue nell’impegno massimo e costante di dare loro a tutti i costi una possibilità di farcela, anche in situazioni che lasciano intravedere poche speranze: primario, medici, psicologi, ostetriche collaborano insieme per dare a ciascuno di quei piccoli un appiglio per aggrapparsi alla vita. Quella che vogliamo raccontare oggi è la storia di una famiglia che di forza ce ne ha messa tanta. E questa forza la si percepisce anche dalle parole del papà, Massimiliano Crivellari, che ci racconta di un viaggio lungo circa un anno, un anno di batticuore, di apprensione, di momenti di grande gioia e di grande dolore, vissuti però sempre con la determinazione di continuare a lottare. Questo viaggio è iniziato mentre Massimiliano e sua moglie Valentina aspettavano Andrea: purtroppo, dopo qualche tempo sono cominciati a verificarsi dei problemi legati al distacco della placenta.
Com’è iniziata la vostra storia?
“Prima eravamo in Ginecologia: anche loro sono stati fantastici, veramente dei grandi. Sono stati loro, il dottor Battagliarin e la psicologa del reparto, Elisa Facondini, a organizzare l’incontro con la dottoressa Ancora e quelli della TIN, proprio perché il nostro era un caso sia raro che sul filo del rasoio. Il nostro primo incontro con il personale della TIN è stato fantastico, non ce l’aspettavamo. Pensavamo di trovare un ambiente molto freddo, con il solito professorone distaccato e gente pronta a parlarci di calcoli di probabilità: invece ci siamo trovati di fronte a persone che prima di tutto hanno voluto conoscere la nostra storia umana, e questo ci ha spiazzato, perché non capita tutti i giorni vedere che il primario di uno dei reparti migliori vuole prima di tutto conoscere la tua storia. La cosa che ci ha stupito è che alla fine dell’incontro la dottoressa Ancora ci ha abbracciato e ci ha detto: sono con voi”.
Un reparto, quello della TIN, in cui al primo posto c’è la vita: quella dei genitori, con le loro paure, l’apprensione, le speranze, e quella dei piccoli, che ancora aspettano di venire al mondo. Alla 21ª settimana, come ci racconta Massimiliano, Andrea è voluto nascere. Nonostante tutti gli sforzi, purtroppo non ce l’ha fatta a sopravvivere. Solo un genitore può sapere cosa significa affrontare certe situazioni, ma nonostante il dolore, il papà e la mamma hanno trovato la forza nella consapevolezza che tutto ciò che era umanamente possibile era stato fatto, e che Andrea se n’è andato circondato dall’affetto e dall’abbraccio di tutti.
“Dopo nove mesi, è giunto un motivo di gioia. Chiara è arrivata un po’ inattesa, non avevamo fretta, ma lei è arrivata. È stata praticamente una gravidanza da manuale fino a una settimana prima del parto. Ricordo ancora quando, seduta sul divano, a Valentina sono arrivati dei dolorini: erano partite le contrazioni. Siamo andati in ospedale, anche se un po’ più tranquilli questa volta, perché eravamo molto più avanti: dagli esami fatti risultava che Chiara aveva passato il chilo e le probabilità erano tutte a nostro favore. Il personale medico ha comunque cercato di ritardare il parto quanto più possibile. Chiara è venuta al mondo alle 2.08 del 28 marzo. È stata subito presa in carico dalla TIN, dove siamo rimasti per 43 giorni. Appena nata, ce l’hanno subito data in mano: il bambino si tranquillizza sentendo l’odore della mamma, con il contatto pelle contro pelle. Una sensazione fantastica. E già il primo giorno le infermiere ci hanno detto: adesso la cambiate voi. Cosa? Abbiamo risposto. Eravamo timorosi, avevamo quasi paura di “romperla” piccola com’era. L’infermiera ci ha invitato a guardarci intorno: una bambina di un solo chilo, lì era la più grande. In ospedale ci hanno insegnato anche ad osservare gli atteggiamenti del bambino, a interpretare i suoi gesti e capire così le sue esigenze, perché sembra incredibile, ma anche un bambino così piccolo può comunicare”.
A un certo punto però è sorta una complicazione.
“Purtroppo Chiara ha preso un virus intestinale che ci ha fatto molto spaventare: abbiamo passato 5 giorni di terrore, una crisi che però fortunatamente si è risolta per il meglio”.
Dopo 43 giorni passati nella TIN, sono potuti tornare a casa. Ora Chiara è una bella bimba di 8 mesi, appena compiuti. E poche settimane fa, in occasione della «Giornata Internazionale del Neonato Pretermine» è tornata in ospedale per un incontro tra genitori, medici e famiglie che stanno lottando o hanno lottato in passato.
Che impressione avete ricavato da quell’incontro?
“Vivere quella giornata è stato da un lato come ritornare da degli amici: siamo stati, nel bene e nel male, molto aiutati da tutti loro, perciò tornare lì è stato davvero bellissimo. Vogliamo, anche tramite l’Associazione Colibrì (associazione di genitori di neonati prematuri, ndr), cercare di dare una mano ai genitori, perché i primi passi che fai li dentro ti senti stranito e terrorizzato: cominci una cosa bella, diventare genitore, nel modo peggiore. Abbiamo visto mamme andare via più rincuorate, e questo ci ha fatto piacere perché volevamo far vedere che non è una cosa terrificante, anzi questa giornata è stato il momento giusto per far capire che con un po’ di amore si ottiene tutto”.
Avete anche un progetto in vista.
“Si tratta di una sorta di diario, che raccolga le storie di tutti coloro che hanno attraversato queste esperienze: noi l’abbiamo iniziato, ma vorremmo raccogliere tutte le storie dei genitori che ci sono passati, di modo che chi si troverà in futuro in queste situazioni possa affrontarle con un po’ più di tranquillità, se possibile. Sarà un lavoro ancora lungo e non semplice, però è un progetto che ci sta a cuore.”
Dopo questa esperienza, c’è un messaggio che volete lasciare a quei genitori che stanno affrontando situazioni così difficili?
“Non farsi prendere da vie facili, perché molte volte ti prospettano una certa strada, senza farti capire che c’è una prospettiva diversa. Invece ci sono delle chance. Se riuscissimo ad aiutare almeno una persona a far le scelte giuste per suo figlio e ad affrontare la situazione con serenità, questa sarebbe già la nostra vittoria”.
Giulia Catenacci
Nella foto, la dottoressa Gina Ancora al centro; sulla sua destra Massimiliano con la moglie Valentina e la piccola Chiara; a sinistra operatrici del reparto