Uno pseudo castello medievale (costruito negli anni ’20 sulle rovine di quello autentico) copre totalmente la vista alla chiesa parrocchiale e la rinchiude in una via stretta e secondaria. Siamo a Tavoleto, la prima collina marchigiana, dopo Montefiore riminese, che degrada e risale nella valle del Foglia e verso Urbino.
La parrocchia, dedicata a San Lorenzo martire, è antica ed è stata crocevia di tante vicende storiche, anche drammatiche, soprattutto ai tempi di Napoleone. Dal 2006 è parroco qui il giovane don Giuseppe Giovanelli, direttore anche dell’Ufficio Catechistico Diocesano, e cultore del simpatico hobby delle locomotive a vapore.
“La nostra parrocchia è assai piccola, ma anche molto grande: piccola come numero di abitanti, 900 o poco più; grande per estensione, poiché ha accorpato il territorio di altre quattro precedenti parrocchie: Levola, Ripamassana, Torricella e Castelnuovo. E poi c’è da dire che è una parrocchia interregionale, interprovinciale e intercomunale, dal momento che il suo territorio è diviso fra le regioni Marche e Romagna, fra le province di Pesaro-Urbino e Rimini e fra i Comuni di Tavoleto, Montefiore e Auditore”.
Quasi un principato…
“Sì, il territorio è vasto, ma soprattutto è distante dal centro diocesi. Pensa che distiamo da Rimini una trentina di chilometri, mentre Urbino è ad appena 16 chilometri. Ma alla vastità del territorio non corrisponde una grande comunità”.
Vivere una piccola realtà può avere vantaggi e svantaggi.
“Certamente sì. Nel nostro piccolo non possiamo pretendere di realizzare grandi iniziative o dare corpo ad attività pastorali che si possono permettere grandi parrocchie. In cambio però possiamo godere di un clima sociale a misura di uomo e di famiglia: ci conosciamo tutti, quelli che frequentano la chiesa e quelli no. Per incontrare le persone e le famiglie non sono necessarie particolari occasioni: ci incontriamo per la strada, nei negozi, nel bar… nelle azioni ordinarie della vita quotidiana. C’è anche da dire che ci facilita in questo clima familiare la concentrazione della maggior parte della popolazione qui in paese”.
Una sola parrocchia dalle cinque precedenti: come mai questa drastica diminuzione e come ti organizzi per rispondere a tutti?
“La soppressione è avvenuta in tempi diversi e per evidenti motivi di diminuzione della popolazione: una forte emigrazione, iniziata nel dopo guerra, ha completamente spopolato le zone più periferiche del Comune, portando all’abbandono anche delle chiese e delle strutture parrocchiali. Emblematico è il caso di Castelnuovo, completamente abbandonato, con la chiesa pericolante.
Quanto al servizio pastorale, oltre alla presenza continuativa a Tavoleto, vado a Levola, dove c’è ancora una cappella, per la celebrare la messa il mercoledì e la prima domenica del mese; a Ripamassana vado a celebrare il giovedì e tutte le domeniche. Nelle altre frazioni non esiste più neanche la chiesa”.
C’è qualche momento speciale che aggrega tutta la Comunità, al di là dei singoli campanili?
“C’è più di un momento. In primo luogo ci unisce il cammino di Iniziazione cristiana dei bambini che si ritrovano tutti qui a Tavoleto per il catechismo. Sono solo una quarantina, 37 per la precisione, seguiti da brave catechiste. Poi ci sono le celebrazioni dei sacramenti: della prima Confessione, della prima Comunione e della Cresima. Sono pochi invece i battesimi ed i matrimoni, ma ciò è evidente se confrontato col numero totale della popolazione. Poi ci sono le feste che, anche se celebrate nelle singole chiese, richiamano gente da tutta la parrocchia e anche quelli da fuori, che tornano alla loro terra d’origine”.
Sicuramente, in una realtà piccola, le feste di Paese saranno un forte richiamo per tutti…
“Un’occasione per rinsaldare l’amicizia, ma anche per rinnovare la fede. Del resto le nostre feste hanno un carattere prettamente religioso e godono della presenza di quasi la totalità delle persone della parrocchia. Le due feste principali sono a Tavoleto: la festa della Madonna del Sole nella prima domenica di giugno, caratterizzata da una solenne processione di circa tre chilometri il venerdì precedente, partendo dal luogo in cui, secondo la tradizione, fu rinvenuto il miracoloso quadro della Madonna, verso la chiesa parrocchiale; l’altra festa è quella di S. Vincenzo, l’ultima domenica di agosto. Poi ci sono le feste della Madonna addolorata a Levola, la prima domenica di settembre e la festa di S. Gaudenzo a Ripamassana la prima domenica di ottobre. Come dicevo, queste feste rivestono un carattere primariamente religioso: la messa, la processione ed anche un momento di allegra amicizia con un po’ di vino e ciambella”.
Ma suppongo che ci sia anche una ordinarietà della vita cristiana e comunitaria.
“L’ordinarietà, ciò che fa parte del nostro vivere normale, come cristiani singoli e come comunità di credenti, è l’Eucaristia domenicale. La messa è l’appuntamento più importante nella vita della parrocchia. Sono celebrazioni “familiari”, nel senso che ci conosciamo tutti, e perciò, piano piano, stanno diventando sempre più momenti di comunione e di accoglienza”.
Si sa che con l’emigrazione verso la città sono soprattutto i giovani che se ne vanno, mentre gli anziani rimangono a testimonianza delle tradizioni e a guardia delle piccole attività rurali.
“Gli anziani ci sono certamente, ma anche tante altre persone meno anziane si danno da fare per mantenere le nostre tradizioni. Pastoralmente, con chi non è più autonomo e è malato, faccio loro visita in alcuni momenti dell’anno per la confessione e la comunione”.
E i giovani?
“Con loro si sta iniziando a creare una situazione nuova, di condivisione, per dare uno stile di vita cristiana più aderte alla quotidianità. Lo scorso anno, con alcuni di loro, siamo perfino riusciti a realizzare una breve convivenza in canonica”.
Hai accennato alla distanza da Rimini e quindi dal centro diocesano. Ciò fa problema per la vita della parrocchia?
“Sicuramente ne fa a me, dovendomi recare a Rimini almeno due volte alla settimana per motivi di ufficio. Per i parrocchiani la distanza fa problema quando si tratta di partecipare ad avvenimenti diocesani, a corsi per operatori pastorali, alle celebrazioni diocesane… Non è facile di sera partire da qui per partecipare alla Settimana Biblica o altro e tornare a casa dopo mezzanotte”.
Concludiamo la nostra chiacchierata con la domanda fatidica: tra voi preti c’è collaborazione?
“Noi preti siamo ben pochi su queste colline e soprattutto ci separano, ancora una volta, le grandi distanze: da Mondaino, da Montefiore, da Saludecio… Coi preti limitrofi della diocesi di Urbino io non ho molti contatti, poiché viviamo momenti e ritmi diversi. Comunque con don Marco di Casinina e con don Luigi di Valle Avellana cerchiamo di collaborare, soprattutto per alcune celebrazione e per le confessioni”.
Come nei giorni autunnali, quando sulla pianura staziona la nebbia e qui splende il sole, la Madonna del Sole (Electa ut Sol) saprà sostenere e animare questa piccola comunità, che tanto piccola non è se partecipa unanime alla vita comunitaria e contribuisce al bene comune.
Egidio Brigliadori