Più forza meno rabbia meno violenza uguale perdono. Lo slogan è vergato su di una lavagna in gran parte da scrivere. Da scrivere con la vita. Perché il perdono non è una equazione matematica ma – se liberata – una dirompente forza di amore capace di trasformare la rabbia, il rancore in speranza. Con risultati sorprendenti, assicurano in quel singolare Ateneo che è l’Università del Perdono nella “Casa Madre del Perdono” di Montecolombo, dove l’Associazione Papa Giovanni XXIII sperimenta da alcuni anni un percorso con carcerati in cerca di riscatto (anche presso la Casa “Madre della Riconciliazione”).
Sulla spinta del Vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi, due stagioni fa è iniziata questa originale scuola di vita, che sabato scorso ha proposto una nuova lezione dal titolo: “Perdonare… conviene”. Un titolo persino provocatorio.
Per apprendere la grammatica del perdono, non si può fare a meno di accostarsi alla Bibbia, il libro scritto da Dio e dagli uomini che è la storia del perdono. “Il primo colpo alla logica della vendetta lo troviamo subito all’inizio della Bibbia nella drammatica vicenda di Caino e Abele. – spiega il Vescovo – Padre infatti non è un nome comune né un titolo ma il nome proprio di Dio, come ci ha rivelato Gesù chiamandolo Abbà. Il primo attributo di Dio non è né la sua onnipotenza né la sua onniscenza ma la sua misericordia”.
“Fate dell’Università del Perdono una realtà internazionale e non solo pensando alla questione carcere ma anche a tutto ciò che riguarda i conflitti internazionali”. Don Aldo Bonaiuto, responsabile del Servizio Sette della Papa Giovanni XXIII, non ha dubbi: l’esperienza della riconciliazione può e deve abbracciare anche altri ambiti e su vasta scala. Prefigura dunque un cammino nuovo, per il quale don Aldo offre una bussola. “Adamo ed Eva avevano il delirio di onnipotenza ma Dio prende tempo con loro, lascia che prendano coscienza dell’errore per entrare successivamente in dialogo con l’uomo e la donna. Giunge così la domanda: «Adamo, dove sei?». Si tratta del primo interrogativo contenuto nella Bibbia. La risposta di Dio è misericordia: non distrugge ma da ad Adamo ed Eva altre possibilità”.
E quando si attua la riconciliazione, la persona perdonata riscopre la propria dignità. “Prima del dono c’è il perdono – prosegue don Bonaiuto – . La parabola del figliol prodigo è illuminante. Il figlio rientra in se stesso, nella propria coscienza, comincia a ragionare e così si muove con la virtù della speranza. Il perdono è anche festa, la festa che può avvenire tra fratelli che si perdonano ma anche nella confessione, sacramento nel quale anche donne che hanno peccato abortendo sono state accolte e perdonate”.
Chi riesce a vivere il perdono sta molto meglio di chi sceglie di vendicarsi. E perdonare conviene anche economicamente.
A sostegno di questa tesi, la Papa Giovanni XXIII fornisce alcuni dati sul vantaggio anche economico delle misure alternative al carcere. “Per ogni detenuto lo Stato spende 200 euro al giorno, ma circa l’80% di chi esce di galera torna a delinquere. Quando si applicano misure alternative, invece, la recidiva si abbassa al 20% e in strutture in cui si propone la «strategia del perdono» si arriva al 10%”. È il caso dell’esperienza riminese. Il Progetto Cec (Comunità educante con i carcerati) accoglie una sessantina di persone, con un risparmio per i contribuenti di circa 10mila euro al giorno, ovvero quasi 4 milioni di euro l’anno.
Giorgio Pieri, responsabile della Casa Madre del Perdono: “i nostri ospiti, i recuperandi, prima di essere carnefici sono vittime di qualche ferita. Quando prendono coscienza di ciò e del male che hanno fatto, la loro vita si trasforma. La vita di condivisione con i carcerati e con le vittime di violenza – prosegue Pieri – ci suggerisce di continuare questa tematica nella speranza che la proposta del perdono acquisti una dimensione sociale e possano sorgere sempre più realtà ove il perdonare diventi pratica normale e possibile”.
Paolo Guiducci