di Giovanni Tonelli
Non l’abbiamo ancora incontrato personalmente, ma da quel che sappiamo, che ci è stato testimoniato, che abbiamo visto in tv o sui social, bisogna dirlo: “Don Nicolò” ci è decisamente simpatico.
Ma non è per questo motivo che lo accogliamo con la gioia e la speranza di fare con lui un bel cammino verso l’alto. La nostra speranza non è legata ai nostri desideri e meno ancora ai nostri calcoli, più o meno inconsci, di avere un vescovo che la pensi come noi, che parteggi per noi o che assuma questo o quel movimento, questo o quel gruppo, questa o quell’associazione come la parte privilegiata. Come uomini di fede siamo fiduciosi di trovarci di fronte ad un uomo scelto da Dio e dalla Chiesa, come dice il Concilio “ con l’ufficio di santificare, insegnare e governare”
come “ testimone di Cristo, dedicandosi con tutta l’anima a coloro che in qualsiasi maniera si sono allontanati dalla via della verità o ancora ignorano il vangelo di
Cristo e la sua misericordia”.
Riconosceremo che lo Spirito del Signore è su di lui, perché lo ha consacrato con l’unzione e mandato a noi per portarci il lieto annuncio: a noi tutti, poveri, uomini dai cuori spezzati, oppressi dal peccato o dall’ingiustizia, prigionieri del nostro egoismo e dei nostri interessi, afflitti, soli, emarginati, prepotenti… Attendiamo colui che rinnoverà l’annuncio della bontà del Signore, costituito per il bene di tutti, nelle cose che riguardano Dio, colui che sente giusta compassione per quanti sono nell’ignoranza e nell’errore.
Attendiamo insomma un babbo, un padre, che noi non abbiamo scelto, perché Cristo stesso lo ha scelto per noi, perché porti frutto e il suo frutto rimanga. Lo chiameremo padre di tutti e fratello, che verrà in mezzo a noi, “ come il Figlio dell’uomo… non per essere servito, ma per servire e dare la vita” per la Chiesa riminese.
Un filo di continuità ininterrotta ci lega, nel segno della paternità del Vescovo, agli apostoli e attraverso loro a Gesù. Il Vescovo è, nella fede, colui che ci dona Gesù, nella Parola, nei sacramenti – primo fra tutti l’Eucarestia – nel discernimento nel guidare, con sapienza e prudenza, il popolo di Dio. I sacerdoti avvertono in maniera particolare questo legame, perché in forza dell’ordinazione, costituiscono con il Vescovo un unico Presbiterio, rendendolo presente, lui che è segno di Cristo, nel servizio che svolgono nelle singole comunità.
Quando questo legame cade o si affievolisce, ne soffre tutta la comunità. Avviene come in una famiglia: se viene meno il rapporto col padre o con la madre, i figli si disperdono e non sono più famiglia. Così è nella Chiesa. E come in una famiglia il padre dona tutto se stesso per i “suoi”, dona loro la sua vita, non cerca onori se non nei suoi figli, li guida con coraggio e franchezza, riprendendoli se sbagliano, ma sempre e solo perché vuole loro bene, il loro bene. Così è il Vescovo. E anche per questo ancora ringraziamo Francesco, perché ci ha amato e ci ha preparato a volgere gli occhi con gioia a chi viene ora fra noi, Nicolò.