Si scrive percezione. Si legge paura? Riuscire a interpretare in modo chiaro e univoco quello che emerge da uno studio condotto per intercettare i pensieri dei commercianti della provincia rispetto ai temi delle criminalità organizzate non è cosa semplice. Ampio il tema, ampio lo spettro di percezioni, troppo personale quello che ognuno di noi considera “minaccia”, “illecito”, “consentito”, “pericoloso”. Lo studio in questione è stato condotto dal Pasquale Colloca (ricercartore in Sociologia del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna) e di per sé è ben fatto in quanto è stato condotto sulla quasi totalità degli esercizi commerciali presenti in provincia (1292 questionari distribuiti su1388 attività -742 questionari solo a Rimini e 264 a Riccione) e non solo su un campione rappresentativo. Un dato che rende l’analisi ancora più pertinente se si pensa che quasi il 50% dei questionari è tornato indietro (la media nazionale si aggira sotto il 40%), segno che questi temi interessano i commercianti, o che comunque gli stessi hanno delle cose da dire in merito? Buon segno, comunque.
Cosa forma l’idea di un commerciante rispetto alla percezione della diffusione dell’illegalità? Quanto influisce la storia personale, il tipo di attività e le caratteristiche dei singoli?
A grandi linee possiamo dire che una delle variabili più influenti è il genere: le donne sembrano essere meno consapevoli degli uomini “Gli uomini – spiega Colloca – rispetto alle donne, mostrano di conoscere di più il fenomeno, sono più preoccupati della sua presenza tanto da condividere la loro preoccupazione con i loro colleghi; inoltre percepiscono maggiormente la loro diffusione e sono più inclini ad assumere posizioni di rischio di contatto con la criminalità organizzata”. Altra variabile che influisce sulle risposte in modo significativo è l’età degli intervistati. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare sono le persone anziane quelle che hanno una maggiore percezione del fenomeno. Nonostante i giovani siano cresciuti a colpi di pane e inchieste televisive, Addio Pizzo, Falcone e Borsellino “si distinguono dal resto del campione in quanto mostrano di avere minore conoscenza del fenomeno e una maggiore tendenza al rischio di contatto. Questo risultato – puntualizza Colloca – mette in evidenza che le azioni di contrasto alla criminalità basate sul miglioramento della conoscenza del fenomeno potrebbero avere un riscontro particolarmente positivo soprattutto quando indirizzate agli operatori più giovani, i quali sembrano avere maggiori difficoltà a riconoscere il fenomeno ed evitare potenziali situazioni di rischio”.
E veniamo alle città dove la percezione del fenomeno è più forte. Rimini vince su tutte, sempre. “A Rimini, rispetto al resto dei comuni della provincia, c’è una maggiore presenza di esercenti che dichiarano di aver subito azioni da parte della criminalità organizzata, di essere preoccupati e di percepire un elevato aumento della presenza del fenomeno”. Affermare se questa percezione sia reale oppure un effetto di una conoscenza e sensibilità maggiore è impossibile. In particolare i settori che si ritiene siano più interessati (la somma non fa 100 perché era possibile scegliere tra più opzioni) sono: gestione di locali pubblici (59,8%), edilizia (54,5%), commercio all’ingrosso e al dettaglio (35,5), Turismo (32%) e Pubblica amministrazione (24,5%). Il 18,9 % dichiara di aver subito azioni da parte della criminalità organizzata, negli ulimi 3 anni; il 61,6% percepisce che negli utlimi 5 anni la criminalità organizzata è “molto aumentata” e il 44% dichiara “aumentata” la sua paura di rimanere vittima di estorsione negli utlimi 3 anni.
Altro dato interessante è legato agli anni e alla dimensione dell’attività: chi ha un’attività da meno anni dichiara di essere stato soggetto di azioni criminali e dichiara una “maggiore tendenza al rischio di entrare in contatto con il fenomeno. Coerentemente questo rischio è più basso rispetto alla media tra i più anziani sul mercato”<+testo_band>; mentre per quel che riguarda la dimensione dell’attività le “piccole” percepiscono meno il rischio e non temono l’estorsione. <+cors>“Forse è proprio questa distanza percepita dal rischio a favorire, almeno sulla carta, una maggiore prontezza da parte dei piccoli esercenti ad attivarsi con le Forze dell’ordine, in caso di potenziale rischio”.
Angela De Rubeis