Destinazione turistica del benessere, città che soddisfa i bisogni di tutti i cittadini, città creativa e della conoscenza, città delle imprese innovative e di qualità, città delle reti e infrastrutture tecnologiche, città mobile senz’auto, città delle relazioni internazionali e “porta dell’Adriatico”, e città intesa come patrimonio storico, culturale e paesaggistico. Otto descrizioni, una sola realtà: la Rimini che nelle intenzioni del Piano Strategico Rimini Venture 2027 si vuole costruire nei prossimi vent’anni.
Torniamo sul tema dopo aver illustrato il Piano nei suoi obiettivi, contenuti e tempi di realizzazione sullo scorso numero de il Ponte. Torniamo a focalizzare le otto aree tematiche sopra citate per cercare di capire, a lavori in corso, cosa sta venendo fuori dalle riflessioni degli otto gruppi del Forum delle associazioni, incaricati di stendere le loro relazioni e le proposte in vista della seduta plenaria, verso la fine di febbraio, con il comitato scientifico (capitanato dall’architetto Felicia Bottino) e il comitato promotore (Comune di Rimini, Provincia, Camera di Commercio e Fondazione Carim).
Del Forum fa parte un congruo numero di rappresentanti dell’associazionismo cattolico. Un’occasione importante – anche se non di Forum alternativo si tratta – per dare il contributo alla necessità di un volto nuovo della società, come sottolineato più volte anche dal vescovo Lambiasi.
I rappresentanti cattolici dei gruppi di lavoro del Piano Strategico si sono riuniti in quattro incontri, tre dei quali centrati su altrettanti temi di Rimini Venture 2027: la città delle imprese innovative e di qualità (il 5 dicembre), la città che soddisfa i bisogni di tutti i cittadini (13 dicembre) e la città che valorizza il patrimonio storico, culturale e paesaggistico(20 dicembre). A questi appuntamenti ne ha fatto seguito un quarto dedicato all’urbanistica e al suo stretto legame con la cultura (14 gennaio). Gli incontri, presieduti da esperti, sono serviti a «mettere sul piatto» obiettivi che verranno sintetizzati in quattro relazioni, quindi in un documento complessivo, da portare agli altri gruppi di lavoro del Forum.
Cominciamo dal primo tema: la città delle imprese innovative e di qualità. Cosa significa? Quali proposte stanno maturando o potrebbero maturare in questa direzione? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Vera Negri Zamagni, docente del Dipartimento di Scienze Economiche all’Università di Bologna, relatrice dell’incontro organizzato dai gruppi cattolici sul tema.
Cosa si intende, nel quadro delle priorità da indicare per il Piano Strategico, per imprese innovative e di qualità?
“Rimini appartiene al novero delle città con una grande storia che non si può permettere di far leva per il futuro dei propri cittadini sul business as usual, perché non può offrire né prodotti o servizi a basso prezzo, né la sorpresa della novità. Per questo nel Piano Strategico si parla giustamente di «imprese innovative e di qualità», intendendo le imprese che sanno rispondere ai nuovi bisogni di oggi in modo nuovo. Non c’è bisogno per essere innovativi, di essere imprese appena nate o produrre beni e servizi mai visti prima, ma di saper interpretare la persona di oggi”.
Quali sono, secondo lei, le priorità da seguire da qui a vent’anni limitatamente a questo tema?
“Per rispondere a questa domanda occorre chiedersi: quali sono i nuovi bisogni delle persone di oggi cui Rimini può con il suo Piano Strategico rispondere al meglio? Limitandomi al turismo, ne intravvedo soprattutto tre: il bisogno di autenticità, di beni relazionali e di educazione continua. Il bisogno di autenticità deriva da una globalizzazione che ha reso tutto standardizzato e artificiale; solo una comunità con una storia può offrire autenticità nell’accoglienza, nel cibo originale, nelle proposte culturali, negli oggetti tipici in vendita, nell’ambiente fisico (qui ci sarebbe veramente molto da fare). Il bisogno di beni relazionali è generato dalla corsa all’efficienza che troppo spesso rende gli ambienti di lavoro disumani: Rimini può offrire luoghi di incontro culturali, un turismo «sociale», un turismo di lavoro con spazi di socialità”.
Qual è il contributo che il mondo cattolico può dare, e quale quello che sta dando?
“Il mondo cattolico ha molto da offrire. In primo luogo, offre ispirazione e sostegno a tutti coloro che desiderano educare i propri figli non allo sballo, ma a contribuire responsabilmente alla civilizzazione della società. Non è poco, in una società come la nostra, in cui troppi pensano che i figli siano un incomodo da minimizzare, salvo poi lamentarsi dell’inadeguatezza delle nuove generazioni. Per coltivare l’autenticità, occorrono giovani formati a credere nelle tradizioni e valorizzarle, ad impegnarsi in prima persona anche rischiando. Inoltre, il mondo cattolico ha un’esperienza millenaria in beni relazionali, che può mettere a disposizione, mentre ha una naturale predisposizione all’educazione continua, in quanto la verità a cui si ispira lo mette al riparo dal credere di sapere tutto e di spendere bene la propria vita «facendo i soldi», non importa in che modo. Anche il mondo cattolico, tuttavia, deve mettere a frutto queste sue radici per contribuire al bene comune con creatività”.
Fermo restando che il Piano Strategico è un progetto innovativo nel metodo, nella misura in cui promuove una amministrazione condivisa, secondo lei si approderà veramente a qualche risultato tangibile e concreto?
“Il Piano Strategico ha il grande merito di avere avviato un processo, a cui tutti coloro che vogliono e hanno idee possono contribuire. L’ottenimento di risultati concreti dipende da tre fattori: a) la generosità e l’intelligenza dei cittadini che avranno il coraggio di buttarsi nell’operazione con entusiasmo; b) la capacità degli imprenditori di cogliere occasioni per auto-organizzarsi lungo linee d’azione condivise; c) la determinazione dei soggetti politici nel raggiungere alcune decisioni operative. Il primo fattore è fondante, nel senso che senza di esso gli altri due non possono seguire. Se i cittadini risulteranno apatici, sfiduciati, interessati a continuare a godere delle rendite esistenti fin che durano, non succederà nulla. Se invece ci sarà chi vuole mettersi in gioco, allora il secondo e il terzo fattore seguiranno, con maggiore o minore intensità, ma seguiranno, perché saranno i cittadini stessi a farsi parte in causa perché ci sia il seguito. È una grande occasione per la società civile riminese. Da riminese d’adozione quale ormai mi sento, scommetto che non se la lascerà sfuggire!”.
Alessandra Leardini