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“Per noi ogni chiamata conta”. Intervista al comandante dei vigili del fuoco di Rimini, Luigi Ferraiuolo

È arrivato a Rimini il 30 settembre scorso. Come sta vivendo questo nuovo incarico? Quali sono le sue prime impressioni?

“Sono appena passati un paio di mesi da quando sono arrivato a Rimini. La mia carriera nei Vigili del Fuoco si è sviluppata quasi interamente in Emilia-Romagna, con base soprattutto a Ferrara, ma ho collaborato anche con la Direzione Regionale e il Comando di Piacenza. Diciamo che conoscevo già bene la regione e, in parte, anche Rimini grazie a precedenti collaborazioni. Le prime impressioni? Decisamente positive. Al comando ho trovato personale mediamente molto disponibile, attivo e con uno spirito risolutivo. Il clima lavorativo è sereno, senza tensioni particolari, e questo è fondamentale per un lavoro complesso come il nostro. Anche all’esterno ho notato un buon dialogo con sindaci, enti, organizzazioni e ordini professionali. Pur essendo un organo di controllo, il nostro approccio collaborativo è stato ben compreso, creando un rapporto costruttivo e proficuo. A Rimini, per ora, sto prendendo le misure: osservare e capire è il primo passo. Una cosa è chiara, però: il livello di risposta attuale è buono, e voglio mantenerlo tale. Questo significa continuare a garantire un servizio rapido, efficace e ben coordinato con le altre realtà locali. E se con il tempo vedremo opportunità di miglioramento, ci rimboccheremo le maniche senza esitazioni”.

L’ultimo decennio, nel riminese, è stato caratterizzato anche dal punto di vista dell’adeguamento antincendio degli alberghi. A che punto è la situazione?

“L’adeguamento è a buon punto e piuttosto diffuso. Chi mi ha preceduto, soprattutto, ha fatto un gran lavoro. Certo, ci sono ancora strutture particolarmente virtuose e altre un po’ più restie al cambiamento. Tuttavia, tra i gestori c’è ormai una consapevolezza crescente: adeguarsi non è solo un obbligo, che prevede anche multe salate, ma una garanzia per tutti”.

Rimini è una città con caratteristiche particolari: d’inverno è quasi spopolata, ma d’estate raggiunge milioni di abitanti e ospita grandi eventi. Come influiscono queste peculiarità sul vostro lavoro?

“La stagionalità di Rimini ha un impatto significativo su entrambe le nostre attività principali: il soccorso e il controllo. Durante l’estate, con l’afflusso di turisti e l’aumento delle attività, il numero di interventi cresce sensibilmente. Non si tratta solo di incendi, ma di ogni tipo di emergenza. Per gestire questa pressione, attiviamo un distaccamento stagionale, solitamente a Bellaria, che rafforza la nostra capacità operativa. Anche sul fronte dei controlli c’è un’impennata, specie per eventi pubblici e attività legate al turismo. Insomma, l’estate è una vera e propria prova di resistenza organizzativa per il Comando, ma la priorità rimane sempre offrire un servizio impeccabile e sicuro”.

Ha citato il distaccamento estivo di Bellaria. Ci ricorda nel dettaglio come è articolata la vostra presenza sul territorio provinciale?

“La nostra organizzazione è rigorosa e ben distribuita. A livello nazionale, dipendiamo dal Ministero dell’Interno, ma ogni regione ha una direzione che coordina i comandi provinciali. Questi, a loro volta, gestiscono i distaccamenti locali. Nel caso di Rimini, abbiamo due distaccamenti permanenti, a Cattolica e Novafeltria, e uno presso l’aeroporto, specificamente dedicato alla sicurezza aeroportuale. Quest’ultimo è obbligatorio per legge e garantisce la gestione di emergenze in ambito aeronautico. Insomma, copriamo davvero ogni esigenza del territorio”.

Un bel da fare, quindi, che richiede un grosso sforzo organizzativo. Recentemente il sindacato Conapo ha segnalato un problema di sotto-organico di circa 20 unità. Cosa si può dire al riguardo?

“Questo non è un mistero. La carenza di personale è una realtà che tocca molte amministrazioni pubbliche, anche la sanità sta esplodendo e noi non facciamo eccezione. I pensionamenti spesso superano le nuove assunzioni, lasciando scoperti alcuni ruoli chiave. Detto questo, il Ministero è consapevole del problema e cerca di intervenire con le risorse disponibili. A livello locale, compensiamo con un’organizzazione efficace e l’impegno straordinario del nostro personale. Tuttavia, è evidente che c’è bisogno di continuare a lavorare per migliorare la situazione e che non si può contare soltanto sulla buona volontà dei nostri operatori”.

Cosa l’ha spinta a diventare un Vigile del Fuoco?

“In realtà è stato un po’ il caso. Mi sono laureato in ingegneria durante la crisi edilizia degli anni ’90, quando il mercato offriva poche opportunità. Una collega mi segnalò un concorso per ingegneri nei Vigili del Fuoco. L’ho provato, l’ho superato, e così è iniziata la mia avventura. Da lì, ho scoperto un lavoro affascinante, che permette di affrontare responsabilità tecniche e organizzative, conoscere contesti diversi e, soprattutto, contribuire in modo tangibile alla sicurezza delle persone. Mi sono appassionato giorno dopo giorno”.

Ha vissuto episodi particolarmente significativi?

“Le operazioni di soccorso sono sicuramente le esperienze più intense dal punto di vista emotivo. Ricordo in particolare i terremoti, come quello dell’Aquila, dove Ferrara fu tra i primi Comandi a intervenire.  Il nostro personale ha operato nella Casa dello Studente. Si tratta di situazioni molto impattanti sotto l’aspetto emotivo. Girare in quella città fortemente ferita, c’era un grande silenzio, nonostante si lavorasse alacremente, è stato un momento di impatto molto importante. Ognuno di noi ha degli affetti, una famiglia, dei figli, e ritrovarsi ad operare su scenari simili porta a riflette. Ogni intervento ha il suo carico emotivo. Anche gli eventi alluvionali, come quello a Modena che purtroppo costò la vita a un operatore della Protezione Civile, sono difficili da dimenticare. E poi ci sono episodi più semplici, ma ugualmente toccanti, come quando intervenendo per sedare un incendio in una riserva naturale siamo riusciti a portare in salvo alcuni degli animali. Mi ricordo ancora c’era una tartaruga, sembrava morta, le abbiamo dato una rinfrescata con un po’ d’acqua e quando abbiamo visto che muoveva la testa per noi è stata comunque una gioia. Ogni intervento lascia il segno, in un modo o nell’altro”.

Quali sono le principali difficoltà che affrontate quotidianamente?

“L’imprevedibilità è il cuore delle nostre sfide. Nel soccorso, ogni intervento può rivelarsi più complesso del previsto e richiede decisioni rapide in situazioni di rischio. Nell’attività di controllo, invece, la sfida è far combaciare la rigidità delle normative con le realtà concrete, spesso in continuo mutamento. Per questo, formazione e aggiornamento continuo sono strumenti indispensabili per affrontare ogni giorno al meglio.

Come funziona un comando dei Vigili del fuoco?

“La famiglia dei Vigili del Fuoco è una macchina complessa che combina competenze diverse per funzionare al meglio. Non ci sono solo gli eroi che vedete nei soccorsi: c’è anche chi lavora dietro le quinte, come il personale amministrativo. Qui troviamo figure con qualifiche che vanno dai diplomati ai laureati in giurisprudenza o economia, impegnati a gestire intricati aspetti burocratici e a far rispettare un mare di normative. Non portano l’elmetto, ma il loro contributo è essenziale per mandare avanti la macchina. Poi, ovviamente, c’è il settore operativo, il volto più noto dei Vigili del Fuoco: sono quelli sui mezzi, che intervengono in emergenza. Per unirsi a questo gruppo bisogna superare un concorso piuttosto impegnativo, con prove fisiche, pratiche e teoriche. Superato questo scoglio, si entra in formazione e si inizia una carriera che può portare fino al ruolo di caporeparto. E poi ci sono i tecnici, un’altra anima del Corpo. A seconda del titolo di studio (diploma o laurea), possono accedere a concorsi specifici e diventare esperti in sicurezza e prevenzione. Anche loro vivono la dimensione operativa, ma il loro focus è più strategico, con la possibilità di fare carriera fino ai vertici dirigenziali”.

Si può parlare di vocazione, per il vostro lavoro?

“Vocazione” non è forse la parola giusta, ma è chiaro che servono attitudini particolari per fare questo mestiere. Non è per tutti: ci vogliono nervi saldi, spirito di adattamento e una certa dose di passione. Ad esempio, potrebbe voler dire lasciare tutto e partire per un intervento a chilometri di distanza da casa. E quando ci sono emergenze nazionali, come un terremoto, l’intero sistema viene mobilitato: non esistono sabati, domeniche o piani personali. È un lavoro che ti mette alla prova, ma dà anche grandi soddisfazioni”.

Siete i primi a intervenire nei disastri, ma è anche vero che ricevete chiamate di natura diversissima tra loro. Come affrontate tutto ciò?

“Per noi ogni chiamata conta. Anche un intervento apparentemente semplice, come recuperare un gatto o aprire una porta bloccata, per chi ci chiama è un’emergenza. Il nostro compito è rispondere sempre con serietà e sensibilità, perché dietro ogni richiesta c’è una persona che ha bisogno di aiuto”.

Attraversare i corridoi della sede del Comando provinciale significa ripercorrere anche un viaggio nella storia del soccorso, tra attrezzature e tute ignifughe d’epoca. Mi spiegava che questi oggetti che pur non usate e non indossate più, hanno ancora oggi una funzione…

“Uno dei nostri compiti più importanti è la divulgazione della cultura della sicurezza, e in questo Rimini vanta una bellissima tradizione. Grazie all’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco, composta da persone in pensione o in congedo, continuiamo a ricevere un aiuto prezioso. Questi volontari ci supportano in un’attività fondamentale: portare la sicurezza tra le persone, partendo dai più giovani. Questa è una delle cose che mi piacciono di più del nostro lavoro”.

Ci racconti, allora…

“Ci impegniamo a coinvolgere il mondo delle scuole, accogliamo gli studenti, li guidiamo alla scoperta della nostra realtà, e dedichiamo tempo alla divulgazione delle buone pratiche di sicurezza. Inoltre, abbiamo un progetto che prevede la visita dei nostri funzionari direttamente nelle scuole”.

Quali sono le fasce maggiormente coinvolte?

“Principalmente quelle delle scuole elementari e medie. Mi rendo conto che oggi si chiamano primarie e secondarie di primo grado, ma resto affezionato ai vecchi termini! Durante queste attività, mostriamo ai ragazzi le nostre attrezzature e spieghiamo, con parole semplici, quello che facciamo. È un’esperienza incredibilmente gratificante, sia per noi che per i bambini. Personalmente, ho partecipato più volte a queste iniziative nelle scuole, e ogni volta è emozionante vedere l’entusiasmo nei loro occhi. Per loro, tutto ciò che riguarda il fuoco e i Vigili del Fuoco ha un fascino speciale. La loro gioia è contagiosa e ci ripaga di ogni sforzo!”