Negli anni in cui il genere operistico godeva di una straordinaria popolarità, i destinatari delle nuove creazioni erano i teatri o, seppure in misura minore, chiese e organizzazioni religiose. Invece, nel secondo novecento, da quando è iniziata l’eclissi dell’opera, è sempre più raro ascoltare nuovi melodrammi e, ancor più, oratori o sacre rappresentazioni. Ogni novità è però destinata ad accendere l’interesse degli appassionati – quelli sì, rimasti davvero tanti – e se poi la scelta del soggetto è cara a un’intera comunità, attenzione e attesa si moltiplicano al di là di ogni immaginazione.
È il caso del Santo Amato. Il pellegrino delle stelle, una nuova opera composta da Fabio Masini su libretto della poetessa Silvia Bernardi, che ha debuttato sabato 30 giugno – con replica la sera successiva – nella settecentesca chiesa parrocchiale di Saludecio. Racconta in musica la straordinaria avventura umana di fratel Amato Ronconi, terziario francescano nato nel 1226 (lo stesso anno in cui moriva San Francesco) in questo borgo fra le colline della Valconca.
Proclamato santo da Papa Francesco nel 2014, Amato è una figura eccezionale e d’incredibile modernità: abbandonò tutte le ricchezze ereditate dalla propria famiglia di benestanti per darle ai poveri; fondò un “Ospitale” (oggi ancora esistente come ricovero per anziani) per accogliere i pellegrini diretti nei luoghi sacri, e che regalò – prima di morire nel 1292 – ai monaci benedettini; inoltre, come lascia intendere il sottotitolo, lui stesso compì ben quattro pellegrinaggi a Santiago di Compostela.
Non è un’esagerazione definire Santo Amato “opera paese”: alla sua realizzazione ha partecipato con grande generosità l’intera comunità cittadina, dal Comune alla Parrocchia (tutti a Saludecio sono autenticamente legati e devoti a questa figura), lavorando per quasi due anni e istituendo un apposito comitato per reperire i finanziamenti. Il risultato di tanto impegno è stato uno spettacolo davvero emozionante.
Il libretto, dopo l’annuncio iniziale della morte del Santo, ripercorre in flashback gli snodi principali della biografia di Amato: dodici scene che riescono a rielaborare il racconto storico in modo da renderlo funzionale alle esigenze teatrali. Grazie anche all’accostamento fra lingua italiana, latina e dialetto, scaturisce un’apprezzabile vivacità drammatica, ben valorizzata dalla musica di Masini sia nei momenti di maggiore intensità spirituale sia nelle scene d’insieme, quando protagonisti diventano gli abitanti del borgo. Efficace soprattutto la quinta scena, in cui i paesani con le loro maldicenze gettano fango su Amato e sua sorella Chiara – ormai ritiratisi a una vita di preghiera e carità – che sembra conservare gli echi del pucciniano Gianni Schicchi.
I momenti corali, che attingono anche da antichi codici musicali, si sono alternati a quelli solistici. Gli interpreti – soprattutto le donne, provviste di voci aggraziate – hanno ben valorizzato le arie, mentre nei melologhi emergeva qualche incertezza legata alla poca familiarità con la recitazione: paradossalmente, però, l’impressione era quella di genuina spontaneità. Del resto si trattava di cantanti, voci narranti, attori e figuranti – tutti giovani al di sotto dei trent’anni – non professionisti, ma capaci, proprio grazie alla loro naturalezza, d’imprimere notevole forza al testo. Allo stesso modo, sul piano visivo, anche la raffigurazione dei miracoli trova la sua forza nella semplicità (preziose in questo senso le didascalie del libretto): basterebbe pensare all’evocazione dei pellegrinaggi a Santiago, testimoniati dalle quattro conchiglie raccolte dal Santo nell’oceano. Peccato solo che l’esecuzione abbia subito alcune interruzioni, durante le quali Masini ha riassunto alcuni passaggi del libretto: una spiegazione non necessaria – perché in teatro il non detto talvolta è ben più carico di significati di quanto viene esplicitato – e che ha spezzato la tensione nell’ascolto.
Professionalissima l’orchestra, formata da ventiquattro elementi fra docenti e allievi del Conservatorio di Pesaro (patrocinatore dell’iniziativa insieme alle diocesi di Rimini e di Santiago de Compostela), diretta dallo stesso Masini, mentre a preparare il coro era stata la giovanissima Irene Placci Califano. Grande entusiasmo del pubblico sia fra chi già conosceva la vita del Santo sia fra chi non ne aveva mai sentito parlare. La figura del pellegrino è infatti una delle metafore più potenti del cammino cristiano così come, sul versante musicale, la rievocazione del Wanderer è – da Schubert a Wagner – un mito fra i più significativi di tante creazioni liederistiche e operistiche.
Giulia Vannoni