Il 6 luglio scorso è morto a Torino, a 96 anni, Angelo Del Boca. Forse non molto noto, non quanto avrebbe meritato. È stato un giornalista ed uno storico che ci ha aiutati a capire come e dove gli italiani non sempre sono stati “brava gente”. Dopo un campionato europeo che ci ha esaltati come italiani queste parole suonano stonate e scioccanti.
Eppure, le parole del nostro presidente Sergio Mattarella in visita in Francia, che ci richiamava alle responsabilità dei Paesi occidentali, ci spronano quanto meno a comprendere in cosa consistano. Forse così perderanno forza le denuncie di alcune parti politiche contro “gli immigrati invasori”.
Del Boca ha portato a conoscenza le violenze e le atrocità degli italiani in Africa dove, per domare le giuste resistenze degli etiopi, furono usati anche i gas proibiti dalla Convenzione di Ginevra. Non fu solo l’Italia a usare violenze in Africa, ma ciò non toglie le nostre responsabilità. Anche nelle guerre attuali noi produciamo e vendiamo armi.
Questo avviene insieme ad altri noti problemi che noi creiamo nei Paesi poveri (neocolonialismo, land grabbing…). Forse ciò che più colpisce per la sua gravità e per le conseguenze evidenti anche da noi è il problema del clima e le siccità che ne conseguono. La crisi ambientale è frutto del nostro sviluppo distruttivo dell’ambiente.
La transizione verde sta diventando un progetto europeo con cui si tenta di dimezzare le emissioni carboniche entro il 2030 e annullarle entro il
2050. È il mondo ricco e sviluppato, siamo noi, ad aver intossicato l’ambiente e generato siccità e cambiamenti climatici. Tutte queste cause sono all’origine delle immigrazioni. Se i popoli poveri fuggono dalla siccità, dalla violenza, dalla fame, con quale coscienza li vogliamo respingere?
Le nostre responsabilità, sia attuali che storiche, risultano evidenti e siamo chiamati a risponderne come cittadini e come società. L’ispirazione a San Francesco della Laudato si’ ci fa comprendere l’unità dell’intero cosmo con il quale il santo si sentiva in piena comunione.
Non è solo un’intuizione emotiva, c’è un fondamento teologico nella prima lettera agli Efesini, nel concetto di ricapitolazione in Cristo di tutta la creazione e anche nell’inno della lettera ai Colossesi, dove si a_erma che “ tutte le cose in lui sussistono”.
Questa ricapitolazione ci indica un cammino di pacicazione e armonizzazione cosmica che deve passare attraverso e dentro di noi in quel farci uno in Cristo, e deve riversarsi nella concretezza della storia. Da ciò può nascere un progetto culturale, sociale e politico.
Franco Appi