Vita difficile, per le “lingue madri”. Qualche anno fa si gridava alla perdita della conoscenza dell’italiano, da parte delle generazioni più giovani, in favore dell’onnipresente inglese. Oggi, con l’informatizzazione globale, si discute col mondo restando chiusi nella propria stanzetta e usando pochissimi vocaboli, oltretutto ristretti e rattrappiti. Un linguaggio sempre più povero, dove frasi intere sono sostituite da faccine disegnate, gli “Emoticon”, con l’intento di trasformarle in emozioni. Sarà. Ce n’è una per ogni situazione, ogni giorno qualcuno ne inventa di nuove.
Intanto, affidando i nostri messaggi ad una tastiera piuttosto che alla voce, agli sguardi e alla vicinanza fisica, ci si parla sempre meno. Peggio ancora: dalla nostra bocca non escono parole. Diventeremo tutti muti?
Se la lingua nazionale, con questi chiari di luna, non è in buona salute, cosa dire dei dialetti? Anche Papa Francesco, di recente, ne ha sottolineato la bellezza e l’importanza, definendola “lingua dell’amore”.
Ultimamente varie iniziative, pubbliche e private, cercano di recuperare i dialetti regionali (anche sostenute e finanziate dall’Unione Europea): corsi nelle scuole, pubblicazioni, concorsi di poesia, manifestazioni. Per raggiungere i giovani, in Romagna è nato anche un Canale You Tube, dal titolo “Romagna Slang”, che propone una quarantina di videoclip in vernacolo.
“Lo capisco, ma non lo parlo”: questa affermazione vale per la grande maggioranza di italiani, ad esclusione forse di napoletani e veneti, che continuano ad usare il dialetto nella vita di tutti i giorni.
Dove, quindi, si parla, se non nelle famiglie che hanno la fortuna di avere degli anziani attorno alla tavola?
Il miglior alleato del vernacolo rimane il teatro. Quello amatoriale, che sopravvive grazie alla passione di centinaia di volontari. Peccato che anche questi comincino a sentire le difficoltà legate all’età, con alcuni storici autori e registi che si sono ritirati a vita privata. Come ha fatto di recente l’ottantenne Aurelio Angelucci, detto Tugnàz, guida e fondatore, 55 anni fa, del “Cinecircolo del Gallo”, compagnia di Forlì nota anche nel riminese. “Siamo vecchi, manca il ricambio. – si è giustificato – C’è un nuovo interesse a studiare i dialetti, ma si finisce per parlarli come una lingua straniera imparata da adulti, mentre il teatro richiede una spontaneità e una duttilità proprie di una lingua madre”.
Chi continua imperterrito, non manca. Fortunatamente nel riminese sono ancora tante le realtà che organizzano rassegne dialettali. È solo grazie a loro, teatri comunali e parrocchiali o sale di circoli e associazioni, che il settore sopravvive, con forti segnali di crisi, come quello che parte dalla città capoluogo: quest’anno va registrata la “stagione mancante” del Comune di Rimini che, pur avendo tagliato, negli ultimi anni, il numero di rappresentazioni e trasferito la rassegna dal Novelli al più piccolo Teatro degli Atti, ha deciso di lasciare.
Per Rimini ritorna invece operativo, al Borgo San Giuliano, il Nuovo Cinema Tiberio, con una formula già collaudata: sette serate di repliche della compagnia stabile di casa. Ogni sabato, dal 20 gennaio al 3 marzo, la “Nova Cumpagnia de Borg” propone La Rufianeda, uno dei classici di Guido Lucchini.
In provincia resistono altre rassegne storiche. Sul gradino più alto del podio troviamo il Teatro Rosaspina di Montescudo, dove il dialetto resta elemento trainante: otto serate per la più vecchia rassegna del territorio, curata da Gilberto Arcangeli e giunta al 25° anno, dove si esibiscono anche compagnie del pesarese e di Gambettola. Segue “Rumàgna marzulèna”, al Malatesta di Montefiore, 23 edizioni: dal 27 gennaio al 24 marzo otto serate con gruppi della Valconca. Alla “Filodrammatica Montefiorese” sono riservati due appuntamenti: sabato 3 e domenica 4 marzo, con il testo La badenta an la vui!, di Gianni Martelli.
In buona salute anche “I sabat dé dialèt”, alla parrocchia Gesù Nostra Riconciliazione di Rimini: sette serate per la 20ª edizione.
Al Teatro Corte di Coriano (cinque rappresentazioni) la rassegna termina il 10 marzo, mentre a Riccione sono attive le compagnie “Quei dal Funtanele” e “I Arciunis”.
Interessante la formula ideata da Mario Bassi per i soci di RomagnaBanca con “Paròli”: sei serate, dal 24 gennaio all’8 marzo, nei teatri di Gambettola, Bellaria e Savignano con compagnie provenienti anche da province vicine. Al termine di ogni spettacolo il pubblico vota. La compagnia vincitrice riceverà il premio “La Melagrana d’Argento”, simbolo del Credito Cooperativo.
Spulciando tra i titoli di tutte le rassegne salta all’occhio la vitalità di alcune compagnie presenti su vari palchi (“Jarmidied”, “La Carovana”, “La Mulnela”, “Hermanos”, “I mei ch’ne gnint”) e la fedeltà ad autori storici quali Guido Lucchini, Giuseppe Ciavatta, Pier Paolo Gabrielli, Giusy Canducci, Mario Bassi, Giuseppe Lo Magro, Stefano Palmucci, autori dall’età media piuttosto “over”.
Burdél, fatevi avanti. U i é pòst!
Maria Cristina Muccioli