Paolo Querzè, diacono permanente, è morto così come ha vissuto: nell’intimità con il Signore e al servizio dei fratelli. Mercoledì 9 marzo – giorno delle ceneri – alla sera, mentre portava l’Eucaristia ad un ammalato, è stato investito da una macchina, morendo poco dopo in ospedale.
Originario di Bologna, abitava a Santarcangelo dal 1974. Si inserisce subito in parrocchia come catechista. Nel 1984 diventa insegnante di religione e nel 1990 consegue il diploma di Magistero in Scienze Religiose. Durante gli studi di teologia matura la consapevolezza che il Signore lo chiama a spendere la sua vita al servizio della Chiesa e dei fratelli come Diacono permanente; viene ordinato nel 2003.
Chi incontrava Paolo per la prima volta, aveva l’impressione di una persona fragile e bisognosa: era affetto da ipoacusia bilaterale che gli rendeva difficoltoso ascoltare le persone soprattutto in ambienti affollati e una lieve difficoltà di linguaggio e di deambulazione. Ma frequentandolo ed entrando un relazione con lui, emergeva subito un grande spessore, umano e spirituale. I suoi limiti fisici non gli hanno mai impedito di spendersi per gli altri, a partire dai suoi amati studenti che tante volte lo irridevano ma che gli volevano bene, perché si sentivano sempre e comunque amati. Educava i giovani con passione, bontà e professionalità, facendosi apprezzare da tutti per la sua sensibilità, la dolcezza e la sua profonda umanità. Amava la scuola e l’insegnamento, tanto che spesso passava il tempo libero a sistemare gratuitamente la biblioteca della scuola media “Franchini”, dove insegnava. Anche a distanza di tempo, quando incontrava un genitore chiedeva sempre notizie dei “suoi ragazzi”. E amava le persone, sole, anziane, in difficoltà con le quali sentiva una vicinanza fisica e spirituale.
Nel ’92 accoglie nella casa dove viveva con i genitori un ragazzo albanese (clandestino!) che, amato come figlio e fratello, ricambia con affetto e devozione. Nel tempo questa persona si regolarizza, si sposa e si stabilisce con la moglie nella casa di Paolo. Nel febbraio del 1999 nasce Flavia, la “nipotina”, e diventano una grande famiglia. Dirà Paolo: “da questa esperienza ho capito che il Signore non abbandona mai nessuno e, il bene che si fa prima o poi ritorna”.
Dal 1992 al 2000 vengono a mancare i suoi genitori e otto familiari e dopo qualche tempo anche la famiglia albanese si trasferisce per motivi di lavoro. Ma tutto questo non gli toglie la fede e il sorriso: un vero “marchio di qualità” di Paolo.
Ordinato Diacono si mette generosamente a disposizione della comunità e vive un intenso rapporto di fraternità e corresponsabilità con don Giancarlo e gli altri preti di Santarcangelo. Con loro si incontra un giorno alla settimana per riflettere sulle letture della Messa. Collabora alle benedizioni pasquali. Partecipa al Consiglio Pastorale e al gruppo liturgico; visita gli ammalati e gli anziani, ai quali alla domenica porta la Santa Eucaristia. Programma e organizza con i ministri straordinari dell’Eucaristia le visite domenicali al locale ospedale. Anima il centro d’ascolto del Vangelo della sua zona; incontra e prepara i genitori dei bambini che devono ricevere il battesimo. Prepara le schede e anima l’ora di adorazione tutti i giovedì e i primi venerdì di ogni mese. Matura un forte senso ecclesiale: sogna una parrocchia “scuola di comunione”, una comunità dove ogni realtà e ogni persona si senta amata e impari ad amare.
Caro Paolo, ci hai lasciato una bella eredità: sorridete sempre e a tutti, non importa se vi stanno trattando bene o male. Amate e servite tutti e ciascuno, in particolare i piccoli, gli anziani e gli ammalati, senza anteporre mai i vostri piccoli o grandi problemi. A tutti portate il Signore e per quanto sta in voi portate tutti al Signore.
Grazie Paolo.
Cesare Giorgetti